Come da tradizione anche quest’anno a Montella, in correlazione delle festività di Natale, sì è avuta qualche replica della preparazione delle cosiddette “vègne di casale”, una tradizione questa che, come quella del lontano e “desueto” rito della posa del cosiddetto “ceppòne a capifuòco”, si perde nella notte dei tempi.
Come chiarito nel “Vocabolario Montellese-Italiano” dell’amico Virginio Gambone, il termine “vègna”, o anche “uègna”, nel dialetto montellese sta ad indicare un grosso ed imponente falò alimentato essenzialmente da grosse ceppaie divelte, con non poco impegno e fatica da terreni disboscati.
Nella tradizione paesana le “vègne” venivano generalmente approntate durante il periodo invernale, specificatamente nel mese di dicembre; ragion per cui, per tradizione, la prima “vègna” stagionale veniva predisposta già l’8 dicembre, in concomitanza della celebrazione della Festa dell’Immacolata, e precisamente nelle adiacenze della chiesa di Sant’Anna, lungo l‘attuale via del Corso, per iniziativa appunto della Congrega dell’Immacolata.
Non tutti sanno che a Montella la Chiesa di Sant’Anna, per ragioni storiche, è denominata anche “Chiesa di San Benedetto”, ma è quasi noto a tutti i montellesi che la Congrega dell’Immacolata” aveva ed ha la sua sede e il suo Oratorio proprio in questa chiesa.
Da bambino frequentavo quella chiesa in quanto che, pur essendo la mia abitazione ad una distanza molto ravvicinata alla Chiesa Madre, la mia famiglia apparteneva per distribuzione parrocchiale a Sant’Anna, trovandosi essa a circa cento-centocinquanta metri dalla mia abitazione
Ricordo dunque che in quella chiesa la ricorrenza dell’Immacolata era celebrata con molta solennità; vi si teneva per l’appunto “la Novena dell’Immacolata” alla quale partecipavano i confrati che, vestiti con la loro “cappa azzurrina”, contornavano la bella statua lignea dell’Immacolata (del 1748), statua che è ancor presente nella chiesa in argomento.
La celebrazione era molto solenne ed era articolata attraverso un cerimoniale e una liturgia assai suggestiva.
Era introdotta dal suono a distesa della campana e, proprio l’8 dicembre, contemplava, sullo spazio antistante alla chiesa, di fronte alla bottega del calzolaio “Pilotto”, anche l’allestimento – per l’appunto - di una “vègna”.
Di fatto, il grosso falò veniva predisposto durante la nottata con l’impegno dei confrati più giovani della congrega e con il coinvolgimento dei parrocchiani, specialmente quelli che abitavano a “Chiazzavano”.
Una volta accesa e bene avviata, la “vègna” contribuiva ad assicurare un clima festoso per altro integrato dalla presenza di qualche “bancarella” abilitata alla vendita di “copèto” (torrone), delle “’andrite” (nocciuole tostate) e quant’altro.
Secondo tradizione la seconda “vègna” stagionale era quella del 13 dicembre, in correlazione della celebrazione di Santa Lucia, nello slargo prospiciente, appunto, della Chiesa dedicata alla Santa; e grosso modo era, per consistenza e grandezza, simile a quella dell’Immacolata, durando anch’essa una sola giornata.