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Suor Bernardetta chiusura causa di beatificazione Roma venerdì 28 aprile 2023 ViDEO della diretta

Istituto Suore Povere di San Giuseppe venerdì 28 aprile 2023 ore 10.030 , dalla Basilica di S. Giovanni Laterano Roma ,chiusura dell'istruzione Diocesana della causa di Beatificazione della Serva di Dio Suor Bernardetta  dell'Immacolata Sesso . Diretta streaming si montella.eu

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Consiglio Comunale 27 aprile 2023 diretta streaming

COMUNE DI MONTELLA  SALA CONSILIARE  PIAZZA DEGLI IRPINI 

PRIMA CONVOCAZIONE 27 APRILE 2023 - ORE 09:00
SECONDA CONVOCAZIONE 28 APRILE 2023 - ORE 09:00 ESSIONE ORDINARIA SEDUTA PUBBLICA LA SEDUTA SARÀ TRASMESSA IN DIRETTA STREAMING SU MONTELLA.EU

ORDINE DEL GIORNO
1. COMUNICAZIONI DEL SINDACO;
2. LETTURA ED APPROVAZIONE VERBALI SEDUTA PRECEDENTE;
3. INTERROGAZIONI, INTERPELLANZE E MOZIONI;
4. APPROVAZIONE RENDICONTO DI GESTIONE ESERCIZIO FINANZIARIO 2022;
5. ALIQUOTE, TRIBUTI E TARIFFE ANNO 2023 – DETERMINAZIONI;
6. APPROVAZIONE PROGRAMMA TRIENNALE OO.PP. 2023/2025 ED ELENCO ANNUALE 2023 DEI LL.PP. E PROGRAMMA BIENNALE 2023/2024 DEGLI ACQUISTI DI BENI E SERVIZI;
7. VERIFICA QUANTITÀ E QUALITÀ DI AREE E FABBRICATI DA DESTINARE ALLA RESIDENZA, ALLE ATTIVITÀ PRODUTTIVE E TERZIARE – ARTICOLO 172 COMMA 1 LETTERA B D.LGS. 267/2000;
8. PIANO DELLE ALIENAZIONI E VALORIZZAZIONI DI BENI IMMOBILI DI PROPRIETÀ COMUNALE AI SENSI DELL’ARTICOLO 58 DEL D.L. 112 /2008 CONVERTITO CON LEGGE N. 133/2008 – DETERMINAZIONI;
9. PEF 2023 E TARIFFE TARI ANNO 2023 - DETERMINAZIONI;
10. APPROVAZIONE DOCUMENTO UNICO DI PROGRAMMAZIONE (DUP) 2023/2025 - ALLEGATO 4/1 DEL D.LGS. N. 118/2011;
11. APPROVAZIONE BILANCIO DI PREVISIONE FINANZIARIO 2023/2025;
12. APPROVAZIONE PROGETTO DEFINITIVO “LAVORI DI REALIZZAZIONE DI UN TERMINAL BUS NEL COMUNE DI MONTELLA” E DICHIARAZIONE DI PUBBLICA UTILITÀ.

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25 aprile 2023 a Montella (AV) commemorando il partigiano montellese Pietro Gambone. Fucilato ad Imperia

25 aprile 2023 a Montella (AV) commemorando il partigiano montellese Pietro Gambone. Fucilato ad Imperia - Oltre 600 i caduti partigiani nella provincia di Imperia, quasi un centinaio erano meridionali e tra essi il giovane montellese Pietro Gambone, fucilato in una delle tante stragi di cui si resero colpevoli sia tedeschi che militari fascisti della Repubblica di Salò. In questo 25 aprile in cui vengono messe in discussione da esponenti del governo Meloni, che ricoprono alte cariche istituzionali , le radici antifasciste della nostra Costituzione, oggi è importante partecipare a tutti gli eventi che onorano i caduti della Resistenza .

Montella 25 aprile, ore 17.00, Sala Consiliare, Piazza degli Irpini

Iniziativa organizzata dal Circolo PD di Montella (AV) e con il patrocinio dell'ANPI di Avellino e di Imperia. Dopi i saluti della segretaria del circolo PD di MOntella , Igea di Mauro, dei presidenti dell'ANPI di Avellino e di Imperia, gli interventi di :

Gianni Marino, sulla Resistenza dimenticata dei soldati italiani nei lager tedeschi che si rifiutarono di aderire alla Repubblica di Salò,

Paolo Saggese sul fascismo e il Meridione

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Viva Rai 2 Fiorello e Massimo Ranieri Ricordano Aurelio Fierro

Rai 2 - 19 aprile 2023 Fiorello e Massimo Ranieri Ricordano Aurelio Fierro Montellese

 

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Marmitte preziose, boom di furti di marmitte a Montella

Nella notte a Montella è boom di furti di marmitte d'auto. Una trentina di episodi  denunciati nel giro di di una notte i predoni dei catalizzatori vanno infatti a caccia dei componenti costosissimi installati sulle autovetture più ecologiche. Insomma, siamo di fronte a un nuovo business per la criminalità. Ma cosa rende così desiderabili le marmitte?. I ladri sanno bene e conoscono il contenuto dei catalizzatori.
Al loro interno, infatti, sono presenti metalli preziosi come l'oro, il platino, il palladio e il rodio. Elementi che al mercato nero fruttano almeno 100 euro per ogni catalizzatore che viene rubato e da cui poi, con un procedimento chimico, vengono ri-estratti i componenti preziosi.

Vitsica

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Forcone VIII° episodio di Totoruccio Fierro

La profonda quiete della notte fu improvvisamente interrotta, alle prime, fredde luci dell' alba, dai rintocchi lenti, continui, solenni a "morto" che, squarciando l'etere, piombarono tristi sul Paese e zone circostanti, dispensati dal batacchio del campanone della Chiesa Principale.
Era stato Ezechiele, rammaricato, addolorato, afflitto per l'inganno della nipote Clarabella, a desiderare che il suo "lutto" si effondesse e partecipato a tutto il Paese!
Era stato accontentato da Don Coglia, rettore e curatore della Parrocchia.
Il prete era stato sospeso "a Divinis", sanzione comminata dalla Santa Sede, perchè si era reso colpevole di gravi mancanze disciplinari e per comportamenti licenziosi, improntati al disprezzo delle norme del pudore e del ritegno.
Egli, infatti, considerava e proclamava la libertà totale di pensiero e di azione! Insomma, un libertario e, più che "femminista" era un "femmenaiuolo"!
Nel chiuso del Confessionale ( qualche peccatrice penitente andava direttamente in Sagrestia! ), era sempre pronto e propenso ad assolvere a pieni voti le donne infedeli e fedigrafe, esortandole ad agire sempre per il loro soddisfacimento, mentre ai mariti traditi infliggeva, con piacere malizioso, quantità esagerate di
"Pater noster", "Ave Maria" e "Atti di dolore"!
Nell' ambiente, più che Don Coglia, era conosciuto con l'epiteto siciliano "Futti, futti cà Diu pirduna a tutti"!
Egli esercitava ancora il Ministero Sacerdotale, perchè la Bolla Papale, con cui era stato dichiarato
"Spretato", non aveva ancora dispiegato i suoi effetti.
Quando, poi, i rintocchi a
"morto" calarono anche sulle campagne limitrofe, le decine di contadini già impegnati a spezzarsi la schiena, per i lavori duri e faticosi dei campi, saltarono inebriati, eccitati, estasiati, convinti com'erano che Belzebù aveva finalmente sprofondato
'Futti, futti" nel Girone dei Lussuriosi dell'Inferno dantesco!
Intanto, nella mattinata giunsero nel Paese anche la Pantera della Polizia e la Gazzella dei Carabinieri, che, con le sirene dispiegate a tutto volume, fecero più volte il giro delle strade nella ostinata speranza, teste dure, che i due amanti avessero trovato rifugio in qualche abitazione del posto.
Il suono delle sirene scatenò un fuggi, fuggi pazzesco dei cani, mentre le galline, tutte intente e pronte a fare l'uovo giornaliero, smisero tale operazione, saltando fuori dal pollaio!
Anche Orazio, deluso per il comportamento della figliola, con la Smith Wesson e con in testa lo Chepì bianco dei Legionari, si mise alla caccia della coppia, addentrandosi nelle boscaglie, nelle macchie, nelle selve più fitte confinanti la zona, sparando ogni tanto ad ogni frusciar di fronda e gridando a polmoni pieni i nomi di Clarabella e
"Sputacchione" : lasciamolo alle sue inutili ricerche!
Svegliato dai rumori e dai frastuoni, assillanti e fastidiosi che avevano messo a soqquadro la vita cittadina, il nostro avvocato-azzeccagarbugli, mandò a chiamare Carbonaccio, il suo fedele Bravo ( efferato e pericoloso delinquente, temuto da tutti ), per conoscere il motivo di tale scompiglio!
Appena seppe che Forcone, il suo odiato nemico, era stato "uccellato" anche da una donna da lui idolatrata, per la gioia, fece un guizzo in alto, rapido e scattante e per poco non ruzzolò lungo la scalinata "assassina" che lo aveva reso deforme per tutta l'esistenza!
Con felicità incontenibile, gli affidò questa consegna: pranzo pantagruelico, luculliano, imponente alla solita osteria : antipasti di mare e monti, cannazze alla bolognese e alla genovese, braciole, polli imbottiti, bistecche, salsicce, agnello alla brace, frutta di stagione, noci tostate e per dessert cannoli, sfogliatelle, bignè...
Il tutto doveva essere innaffiato dal Prosecco di Valdobbiadene, Lambrusco, Malvasia di Rapone e Aglianico Irpino!
Un' orchestrina avrebbe dovuto allietare i commensali suonando tutti i "Lisci" di Casadei!
Dovevano essere invitati tutti gli amici con i quali faceva abitualmente "cazzi e cocchiare" ed anche donne, belle, giovani e nubili ( in onore di Clarabella che aveva liquidato Forcone! ).
Carbonaccio, onde evitare trasalimenti e paure dipinti sul volto delle persone che incontrava, se ne andava di norma "cupe, cupe"!
Eseguì alla perfezione l'ordine dello storpio avvocato!
L'invito esteso anche al gentil sesso, stimolò e spronò diverse mamme a prenotare al Salone di Bellezza il "trucco e parrucco" per le loro figlie, nella viva speranza che al pranzo esse potessero incantare e convincere qualche ingenuo merlotto!
Del povero Forcone, dirò nel nono episodio!   

Vit

VEDI ANCHE >>>https://www.montella.eu/news/in-primo-piano/926-l-angolo-di-totoruccio-fierro

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Laurea Annamaria Palatucci

Annamaria Palatucci, figlia di Emiliano e Ermelinda Bellofatto. ha brillantemente conseguito la Laurea con 110 e lode, con menzione unanime della commissione, alla IUAD Institute of Universal Art and Design, Art direction and copywriting, in Advertising, con la seguente tesi: “Silentium a sostegno dell’infertilità: l’attività di comunicazione che vuole abbattere le domande scomode e i suoi stereotipi”.

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Il Mulino sul ponte della lavandara tra storia, simbologia e arte di Mario Garofalo

Il MULINO SUL PONTE DELLA LAVANDARA * Tra storia, simbologia e arte di Mario Garofalo   Prima di discorrere del tema di questo incontro mi sia consentito fare qualche fugace notazione sulla mostra qui esposta.
Nei quadri si coglie subito una particolarità: nessuno rappresenta il mulino in posizione isolata o in primo piano, bensì esso appare in una cornice in cui campeggiano con più marcata evidenza pittorica altri elementi paesaggistici: il ponte, il fiume, la cascata, la montagna, il santuario. Ne nasce un quadro che racchiude un paesaggio composito e compiuto, apparentemente idillico, quasi arcadico, ove nulla sembra stridere od offendere, come se l'artista avesse percepito nel suo afflato ispirativo l'esigenza di una rappresentazione nella quale dovesse apparire non il protagonismo figurativo di una singola parte, bensì la necessaria armonia di tutti gli elementi paesaggistici. Ed è proprio in tale parvenza di composizione che i montellesi di ieri e di oggi hanno sempre visto o immaginato il mulino. Provate a togliere soltanto uno degli elementi che circondano il mulino e avvertirete il senso di una mancanza, di un'assenza ingiustificata, quasi una indistinta e persistente nostalgia di un qualcosa che dovrebbe esserci e non c'è. Questo perché quei luoghi, tutti insieme carichi di una simbologia che riassume l'identità storica, sociale e spirituale dei montellesi, sono anzitutto “luoghi della memoria” collettiva, che conservano un'anima ed una voce ancestrali capaci di colloquiare, arcanamente ma familiarmente, con chi li ammira.
Il Mulino, simbolo della dura fatica dell'uomo che dalla terra cerca di ricavare, con la molitura del grano, la sostanza fondamentale per la sua sopravvivenza; e per questa sua valenza mitica da sempre rappresentato nelle arti figurative e letterarie. Si pensi, ad esempio, a due tra le più famose opere letterarie aventi come protagonista il mulino: Il Mulino sulla Floss della scrittrice inglese George Eliot, dove si consuma tragicamente la storia amorosa di Maggie e Tom, e la trilogia di Riccardo Bacchelli Il Mulino del Po, dove il mulino è spettatore e attore secolare del destino di quattro generazioni della famiglia Scacerni e della storia italiana dalle guerre napoleoniche al primo conflitto mondiale.
Il Ponte( su cui aleggia la medievale leggenda dell'etereo fantasma della lavandaia, morta per amore) simbolo di fuga, di allontanamento e di viaggio, ma anche di ritorno, di ricongiunzione ed affratellamento delle stirpi; anch'esso rappresentato nell'arte e nella letteratura d'ogni tempo: mi viene in mente il famoso romanzo dello scrittore serbo Ivo Andric, Il ponte sulla Drina: anche da quel ponte una fanciulla innamorata si gettò nelle acque impetuose del fiume.
Il Fiume, testimone del tempo e delle vicende umane che fuggono inarrestabili, che nel suo lento e monocorde sciabordio sembra ricantare o (come diceva il poeta conzano Antonio Francesco Cappone) (rim)piangere le antiche rovine, i tempi perduti e le gesta degli eroi, e per noi di Montella lo sciacquio dei panni e i canti delle lavandaie.
La Montagna, simbolo dell'ascesa faticosa della vita, rito votivo alla conquista della pace e della purezza dello spirito, che si rasserena nel mistero della fede e della Verità rappresentato dal santuario, dove terra e cielo s'incontrano.
Penso che i quadri esposti, che sono certo trasfigurazione e mimesi artistica, vadano primieramente osservati con una disposizione d'animo richiedente una contemplazione non critica o valutativa, bensì sentimentale ed emotiva. Come sosteneva Benedetto Croce, che pure è stato il più importante teorizzatore dell'estetica del XX.sec, il quale alla domanda semplice “che cos'e l'arte?” rispondeva in prima battuta, un pò celiando (ma non era una celia sciocca) che l'arte è “ciò che tutti sanno che cosa sia”, giacché tutti, anche i più sprovveduti culturalmente, possono istintivamente sentire e godere la Bellezza dell'arte, che a lui appariva sempre adombrata da un velo di malinconia.

La costruzione del Mulino risale al sec. XVI, che fu un periodo aureo per la edificazione di opifici in genere: mulini, ferriere, gualchiere ed attività ad essi affini e collegate, come armerie, tintorie, maccaronerie, forni. Diversi mulini allora vennero costruiti, per impulso ed interesse di baroni illuminati, sui fiumi Sabato, Fenestrelle, Fredane ed Ofanto. A Montella, in quegli anni, sorsero una gualchiera, una tintoria, una maccaroneria, alcuni forni e furono incrementate le attività ferriere con alcune chioderie nella zona Baruso. Nei primi anni del secolo successivo fu persino attivata, con poca fortuna, nella zona Bagno, un'armeria per la fabbrica di “moschette, archibugi e scoppette”. Nel feudo montellese, che comprendeva anche Bagnoli, Cassano e Volturara, già esistevano anticamente tre mulini, de Baruso, del Bagno ed un terzo in territorio di Cassano. A Bagnoli invece un mulino fu impiantato solo alla fine del Cinquecento. Il primo era da tempo in disuso, in parte persino travolto e disperso dalla fiumana; gli altri due, per la loro lontananza dal centro abitato, comportavano gran disagio e fatica per il trasporto del grano da macinare, che allora avveniva a dorso di asino o di mulo (per chi possedeva questo bestiame da soma!) e, più spesso, per mezzo di donne che caricavano i gravosi sacchi di grano sul capo, malamente protetto dal cosiddetto truocchio (cioè il cercine), una sorta di cuscinetto circolare formato da qualche vecchio scialle arrotolato. I pochi carri esistenti erano ancora di fattura arcaica, a due ruote e malamente assemblati; spinti a mano o trainati da asini su strade petrose e dissestate, erano fortemente instabili e poco governabili. Fu, quindi, fatta richiesta al feudatario conte Garcia II Cavaniglia, da parte del sindaco Marino de Marco e dagli eletti dell'Università, di costruzione a proprie spese di un nuovo mulino sul fiume Calore. Il 5 agosto 1564, pertanto, venne stipulato tra le parti l'atto di concessione edilizia, rogato dal notaio Giacomo Boccuti, contenente dettagliate prescrizioni tecniche di edificazione e le condizioni di licenza per l'utilizzo dell'immobile e del servizio di molitura. Il mulino, detto poi “del ponte della Lavandara”, rimaneva, come i precedenti mulini, corpo feudale, vale a dire non bene demaniale o allodiale, ma legittima proprietà del feudatario, che su di esso poteva esercitare all'occorrenza jus prohibendi. Le spese di costruzione, non di poco conto per quell'epoca, furono ad intero carico dell'Università. Per la concessione del beneficio il conte pretese 1000 ducati (corrispondenti ad attuali 16000 Euro), l'abbuono totale di un oneroso debito in danaro contratto dai suoi avi predecessori ( Diego II, Troiano II e Giustiniana de Capua) nei confronti dell'Università, dopo i fatti del 1528 relativi alla invasione del Lautrec; la riscossione in denaro del “diritto di molitura” e di parte della gabella sulla farina, da tempo istituita dall'Universita; inoltre su ogni tomolo (55,31 lit.) di grano macinato 5 tornesi netti ( 1 tornese= 0,12 cent di Euro) e la giumella (quantitativo di farina contenuto delle mani accostate insieme con le dita riunite ed incurvate verso l'alto). L'Università, le cui finanze erano allora vistosamente in rosso, dovette reperire i 1000 ducati più 100 per spese notarili, per l'assenso regio e per la registrazione catastale, ricorrendo a prestiti a tasso d'interesse fino al 10% dandone garanzia sulle gabelle comunali (farina, carni, vini e catasto). A quel tempo l'Università economicamente si reggeva unicamente sulle entrate derivanti dalle numerose gabelle e tributi imposti ai cittadini. Tra le gabelle più fruttuose era proprio quella gravante sulla farina, che dava 2440 ducati annui. Altre consistenti entrate erano assicurate dalle gabelle sul catasto (1545 ducati), sulle difese (99 ducati), sulla carne (81 ducati). Ma erano in vigore,altresì, numerosi altri tributi e balzelli. Oltre quella sui fuochi, la popolazione era angariata da una miriade di imposte applicate su ogni attività e prodotti di consumo: gli usi civici (erbatico, pascolo, pesca, glandatico, legnazione, acquatico, plateatico, portolania ecc), il sale, la pasta, la carne fresca, i salumi, il pesce, il formaggio, i latticini, la frutta, il vino, la neve, il bestiame ecc. E però il sistema gabellare prevedeva una tripartizione degli introiti, tra il feudatario, l'Università e l'appaltatore. Il maggior guadagno andava agli arrendatori, costituiti da privati cittadini o esponenti di famiglie aristocratiche o borghesi, possessori di buone finanze, che si accaparravano gli appalti. Ad esempio, sul sale percepivano una percentuale di 6 carlini a tomolo ( 1 carlino = 1,60 euro); sulla farina 7 carlini a tomolo, sulla farina lavorata per il pane 10 grana per tomolo ( 1 grano = 0,16 euro). Sulla neve (trasportata di notte dalle neviere) si versavano 4 tornesi a tomolo; sul vino bianco 20 grana, sul vino rosso 80 grana; sul bestiame si versava 1 grano a capo, se condotto a piedi, 1 e ¼ grano se trasportato su carro. Purtroppo i ducati e la sanatoria debitoria carpiti dal conte all'università per la concessione costruttiva del mulino, non sanarono certo la situazione finanziaria della casa governante, ormai ruinante verso una definitiva débacle. Garcia II Cavaniglia, uomo debole e poco incline ad una accorta amministrazione dei propri beni, continuò ad indebitarsi fino ad una insostenibile saturazione. Il suo successore Troiano III sarà costretto a svendere il feudo, determinando, nel giro di pochi decenni, anche l'estinzione del proprio casato nobiliare.
Intanto l'Università portò avanti l'esecuzione del deliberato sulla costruzione del Mulino. L'opera fu commissionata alla locale ditta edilizia di Antonio e Nunzio Pascale. La costruzione andava ultimata entro l'ottobre 1565. Il sito prescelto fu lo ponte de la lavandara dov'èi la iumarella. In quel punto, infatti, il fiume giungeva con una portata ottimale, imprimendo alle acque una energia cinetica costante, utile al funzionamento della ruota. Il capitolato d'appalto prevedeva condizioni molto precise. La casa doveva avere una lunghezza di 33 palmi (1 palmo = cm 26, quindi mt. 8,58), una larghezza di 24 palmi (quindi mt 5,84), perciò di circa 51 mq. La calata dell'acqua 17 palmi (quindi circa mt 4,50). Le mole dovevano essere reperite in contrada Serrone della famiglia Capone (Stratola) e nel bosco di Folloni, che ne abbondava, ma sulle quali il convento di San Francesco vantava antichi diritti di proprietà, in ragione dei quali sul bosco, che pur rientrava tra i corpi feudali, il conte era tenuto a pagare ai frati un censo annuo di 35 ducati circa, quasi sempre inevaso e perciò causa di ripetute liti tra le parti.
Particolarmente laboriosa si rivelò la costruzione della diga di contenimento della fiumana, dapprima in muratura e poi con pali di legno intrecciati con torte o funi. La manutenzione, ordinaria e straordinaria, della palata, frequentemente travolta dalle inondazioni fluviali, richiedeva spese ingenti (l'ingegnere napoletano Giulio Caso nel 1598 vi lavorò per 38 giorni con una diaria di 20 carlini più vitto e alloggio) ed innumerevoli giornate lavorative, che il conte, con abuso ricattatorio, richiedeva ai montellesi senza alcun onere retributivo!
Il termine palata, con un metagramma tipico del dialetto, divenne nel tempo pelata e finì con indicare propriamente la cascata (ancora oggi); ma allora voleva significare “palizzata”, o tutt'al più (con una sineddoche) l'intero sito ospitante il mulino. Improbabile mi sembra un riferimento del termine pelata all'espressioni “a pelo d'acqua” o “a pelo libero”, usate in idraulica per indicare la superficie dei fiumi a contatto con l'atmosfera.
Sull'architettura e sulla conformazione tecnica di funzionamento del mulino non mi soffermo, non avendone competenza. Di certo sappiamo che da Vitruvio a Leonardo Da Vinci la tecnologia molitoria aveva ormai raggiunto e codificato canoni e livelli ben definiti.
Il nostro mulino era in grado di macinare 130 tomoli di vettovaglie, vale a dire 7200 kg di grano. Forniva farina agli abitanti per vari usi alimentari e principalmente a forni e panetterie, in buon numero presenti sul territorio montellese, i quali, a loro volta, erano tenuti a rispettare, pena salate multe pecuniarie o sospensione e chiusura delle attività da parte del baglivo, alcune regole perentorie: affissione all'ingresso del cartello dei prezzi; in caso di carestie (ne sopraggiunse una lunghissima nel 1585) non si poteva lavorare il pane e i biscotti per lo smercio al minuto eccetto per gli ammalati; i fornai non potevano possedere mulini o commerciare farine; si dovevano approvvigionare direttamente al mulino o al mercato, solo dopo il suono della campana di mezzodì quando i cittadini si erano già riforniti, onde evitare fenomeni di accaparramento. Al rispetto rigoroso di tali regole era preposto un apposito ufficiale denominato catapano.
Il pane veniva venduto a rotolo (gr. 891,00), a libbra (gr.320) o a oncia (gr.26,7), ad un prezzo abbastanza contenuto. I ceti bassi consumavano pane di granturco (paneparruozzo), detto anche “grano d'India” o mais. Il pane di frumento, più costoso, era prescelto dalle famiglie benestanti. Durante le carestie il popolino mangiava pane di miglio o di orzo.
Il mulino ha funzionato per circa quattro secoli, fino al secondo dopoguerra. Ha vissuto perciò i vari contraccolpi determinati dalle vicende storiche italiane e i diversi momenti di crisi dell'economia nazionale. A cominciare dagli anni 1868-1884, quando la destra storica di Quintino Sella e Luigi Menabrea introdusse la famigerata “tassa sul macinato”. Questa tassa, che ebbe un effetto di ulteriore impoverimento sia economico che alimentare soprattutto delle popolazioni del Mezzogiorno, si calcolava con un metodo concepito a tutto vantaggio del giovane Regno d'Italia, allora in uno stato di disastroso dissesto finanziario. Si applicava nel mulino un contatore meccanico che numerava i giri della macina, in base ai quali si calcolava la quantità di cereale macinato e la relativa tassa. Sul granoturco si pagava 1 lira per ogni quintale macinato, sul grano 2 lire per ogni quintale; sulle castagne 0,50 cent per ogni quintale. L'imposta veniva versata in contanti o, più spesso, con porzioni di grano prelevate dal quantitativo da macinare, al mugnaio che a sua volta periodicamente la rimetteva all'esattore statale.
Durante il fascismo l'attività del mulino subì una fortissima accelerazione in conseguenza della famosa “battaglia del grano”, che Mussolini intraprese con il miraggio della autarchia e della autosufficienza alimentare della nazione. Seguì il tristissimo periodo della guerra, con le requisizioni e gli ammassi granari, il mercato nero della farina, la corruzione degli ammassatori, le misere tessere annonarie e gli assalti ai mulini, ai forni e ai municipi; e poi i bombardamenti degli angloamericani che sbriciolavano i muri e le condotte del vecchio mulino sul ponte. E, infine, le macerie dell'abbandono e della indifferenza. Finiva così la storia del glorioso mulino: brandelli di muri anneriti e coperti (o forse difesi) da una vegetazione sempre più fitta ed impenetrabile.
Ricostruirlo sarà come restituire a Montella un pezzo della sua travagliata storia e della sua anima antica.

* ( relazione tenuta a Montella,anno 2019,per conto dell’Associazione Ricostruiamo il mulino )

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Sabato 1° aprile consegna Borsa di studio In memoria del prof. Aretino Volpe, preside

Sabato 1° aprile 2023 presso l’Istituto Superiore R. d’Aquino in Montella verrà consegnata
la Borsa di studio in  Memoria del preside prof. Aretino Volpe  all’alunno Giuseppe d’Andrea, della classe V A anno scolastico 2021-22 - 
I familiari del Prof. Aretino Volpe, scomparso nel 2011, hanno istituito una Borsa di studio annuale “ Alla Memoria” , da assegnare ad un alunno\a delle classi quinte dell’Istituto Superiore R. d’Aquino in Montella, che ha conseguito il miglior risultato scolastico nell’anno di riferimento .
L’iniziativa, al dodicesimo anno dalla sua istituzione , vuole tramandare il ricordo del prof. Aretino Volpe presso le nuove generazioni, nel modo più aderente ai valori che hanno contraddistinto il suo agire professionale ed umano
Per venti anni Docente di Italiano e Latino e successivamente per altri dieci anni, Dirigente scolastico presso l’Istituto superiore di Montella, Aretino Volpe ha costantemente impegnato le sue energie professionali e umane perché l’Istituto Superiore di Montella si affermasse come una scuola di qualità e d’innovazione, agenzia educativa autorevole e riferimento per le famiglie e per il territorio
Egli ha sempre creduto in una Scuola pubblica, inclusiva, democratica, capace di offrire opportunità educative a tutti gli alunni e , nello stesso tempo, saperne premiare l’ impegno e il talento. .
La sua azione è stata ampiamente riconosciuta dalla Scuola che nel 2011 gli ha intitolato l’Aula Magna dell’Istituto .

 

 

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Prossima apertura "Stile Mania" 1° Aprile

Il 1° aprile 2023 alle ore 18.300 apre Stile mania via Dietro Corte Montella Abbigliamento uomo donna VI ASPETTIAMO

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Laurea Sabato Pasquale

Congratulazioni a Sabato Pasquale figlio di Gabriele e di Rachele Celetta . Laureato all'Accademia delle Belle Arti di Napoli a Nuove Tecnilogie dell'Arte.

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Dalle castagne alla storia del basket: la rivoluzione di Geno Auriemma

Da bambino aveva tante responsabilità e due pantaloni, e scoprì che in America le strade non erano fatte d’oro. Poi Luigino ha vinto la paura e ha cannibalizzato la pallacanestro. Come? Durezza, lavoro, amore e vino buono 

Montella, alta Irpinia, d’estate offre sempre uno spiffero fresco, anche quando il caldo picchia. Magari all’ombra di un castagno, del resto Montella è il paese delle castagne, ma questo non è il caso: in piazza c’è un bel cedro e alla sua ombra 2-3 cronisti: c’è una leggenda dello sport che torna in paese, l’occasione è troppo ghiotta. La leggenda arriva dopo mangiato, in maniche di camicia. Ride, si diverte, le solite domande di rito, com’è tornare, se ha mangiato bene, ci sta. Poi gli chiedono qual è il segreto del suo successo. Lui si fa per un secondo serio, acciglia la fronte, non trova le parole. Ci sta pure questo, vive negli States da oltre 50 anni e già prima parlava solo in dialetto, ma poi le trova e si aiuta gesticolando: “Well, you know, è che nui amma véncere sempre, tutt’cose. Inzomm, nui amma fa’ comm’ ‘a Juventus”. Concetto di una semplicità elementare, proprio com’è semplice vincere. Più complicata la strada per arrivarci, ma pure qui lui semplifica sempre con una frase: “Bisogna fare le cose in maniera che non possano essere fatte meglio”. È il mantra di Luigino Auriemma, per tutti Geno, leggenda della pallacanestro.

da Giulio Di Feo
Giornalista

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Forcone VII° episodio di Totoruccio Fierro

Dopo l'apprezzata performance resa dai due cantanti ( che avevano preteso il pagamento anticipato ) e dopo lo scambio di "abbracci e baci", essi partirono alla volta di Napoli, lasciando Forcone solo nella notte fonda!
Egli, preso da gioia ed esultanza incontenibili, si avviò verso casa, saltellando come un canguro ubriaco! Era più che convinto che l' amore non ha confini, non ha età, non ha differenze di sesso, religione e ceto sociale!
Giunse a casa consapevole di aver conseguito la sua vittoria contro la riluttanza, la ritrosia, l' indifferenza della donna agognata! Agitato e smanioso,  prese sonno quando il sole, allo zenit, aveva già percorso metà del suo cammino nel cielo.
Volendo fare un raffronto storico alquanto erudito e saccente e, scomodando le categorie spazio-temporali e gli stati emotivi diversi, mentre il Principe Gran Condè dormì profondamente la notte antecedente la sua vittoria contro gli Spagnoli a Rocroi, Forcone cadde tra le braccia di Morfeo a mattino inoltrato, avendo già saputo l'esito della sua battaglia!
Nel pomeriggio si recò dal fioraio e ordinò mazzi di rose rosse da consegnare ogni settimana alla "sua" donna : essi dovevano essere composti da sette boccioli, perchè tale numero, secondo la tradizione e la canonica simbologia, voleva dichiarare alla destinataria che il suo amore per lei era " univoco ed eterno"!
Ma le attenzioni e i regali per Clarabella non finivano qui.
Avendo saputo dei suoi gusti, le faceva recapitare, di tanto in tanto, tartufi profumatissimi, che lui stesso andava in cerca con l'ausilio di un Lagotto Romagnolo, prestatogli da Pippo, un amico d' infanzia, meglio conosciuto col soprannome ironico di "Tartufone", perchè la sua fonte principale di guadagno era costituita, appunto, dal reperimento giornaliero dei preziosi tuberi neri!
Ma, si era verificato qualcosa di nuovo o d'antico?
Fatto sta che Clarabella lo evitava sistematicamente, cambiava strada quando lo incontrava e ricorreva alle scuse più banali per sottrarsi e scansare la sua presenza!
Egli sperava che tale ambiguo ed esitante comportamento dipendeva dalla natura imbarazzata, timida, riservata, schiva della donna!
Aveva deciso di aspettare, darle tempo, anche in ossequio ai vecchi detti :
" Col tempo e con la paglia maturano le nespole!" o, più volgarmente
" Cò lo tiempo e cò lo sole maturano rè fico!".
Intanto, Ezechiele, nonno dell'amata, per la tenuta dell'azienda :

frutteti, vigneti, allevamenti di suini, mucche, ovini, equini, aveva assunto una decina di solerti collaboratori, tra cui spiccava, per ingegnosità, capacità e dedizione, Vegezio, un giovane dal fisico atletico, sempre abbronzato!
Il poeta Aleardo Aleardi l' avrebbe così definito : " Un giovinetto dalla chioma d'oro e con la pupilla del color del mare!"
A lui il proprietario aveva affidato la cura e l'allevamento di una ventina di Camelidi tra Alpaca e Lama che, come è noto, tra l' altro, sputano quando sono sotto pressione!


Ebbene, con pazienza e tenacia, egli era riuscito a far emettere da loro questi "spruzzi" con un suo semplice ed impercettibile cenno!
Ricorreva a questa manovra quando intendeva sbarazzarsi delle persone moleste e fastidiose!
A ragione di questo suo risultato, nell' ambiente gli avevano affibbiato l' epiteto di
"Sputacchione !"
Che dire? Come proseguire il racconto, senza urtare la suscettibilità dei lettori simpatizzanti per lo sfortunato Forcone?
Sono di molto imbarazzato!
Tra Vegezio e Clarabella, (alla stregua di Paolo Malatesta e Francesca da Rimini) si scatenò un amore travolgente, impetuoso, irrefrenabile!
Un vero e proprio Tsunami!
Essi si toccavano, si cercavano ininterrottamente con gli occhi, con sguardi languidi, con segni convenzionali, con accordi segreti, onde evitare le pallottole della Colt di Orazio, e poi si incontravano nei posti più inconsueti, nascosti, appartati dell' azienda, dove, tra promesse e giuramenti, consumavano le giovanili e tenere effusioni d'amore!
Nessuno della tenuta si era accorto del loro veemente e
" focoso " idillio!
A questo punto, senza voler fare un'ironia caustica e beffarda, cosa ne poteva sapere il nostro povero Forcone?
( Il marito tradito è sempre l' ultimo a sapere della moglie fedigrafa!).
I due amanti erano sommersi, subissati da logoranti dubbi, incertezze, perplessità :
dovevano o meno rendere palese la loro relazione?
La paura che il nonno e Orazio si opponessero con divieti drastici, con ferme proibizioni, li convinse ad intraprendere un'altra strada anche se più ardita e rocambolesca!
Si mosse, allora, Clarabella :
contattò il padre della sua amica del cuore...
Dopo alcuni giorni, confidando nelle congiunzioni astrali : nel cielo si erano spente le stelle; la luna si faceva i "cazzi" suoi; un usignolo infreddolito e comprensivo tra i rami di un cipresso aveva smesso i suoi gorgheggi;  la notte era nera come la pece; essi si
infilarono nell' auto che li attendeva e sparirono nei recessi più ignoti : la più classica e spettacolare FUITINA!

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Virgilio Gambone e' venuto a mancare all'affetto dei suoi cari

E' venuto a mancare all'affetto dei suoi cari il Dott. Prof. VIRGILIO GAMBONE Ne danno il triste annunzio la moglie Marisa Capone,i figli Anna e Remo, le sorelle Emilia, Carmela, Incoronata e Onorina, il fratello Ezio, i cognati, i nipoti ed i parenti tutti
LE ESEQUIE AVRANNO LUOGO MERCOLEDI 15 MARZO ALLE ORE 10.30 NELLA CHIESA MADRE . Il corteo funebre muoverà dalla casa dell'estinto alla via Gambone,3
La sua "portata culturale" era immensa. Il Professore era legato tanto a Montella e alle sue tradizioni, per lui il dialetto era fondamentale analizzarlo.
Da oggi Montella sarà più povera umanamente e culturalmente.
Ciao Professore!
Lo staff di Montella.eu

VEDI I NECROLOGI

https://www.montella.eu/news/3309-necrologi-annunci-funebri-2023

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Confraternite, "congree" e procesioni nella tradizione montellese. di Nino Tiretta

“Le confraternite sono associazioni cristiane fondate allo scopo di suscitare l’aggregazione tra i fedeli, di esercitare opere di carità e di pietà e di incrementare il culto”. 
Esse sono costituite canonicamente in una chiesa con formale decreto dell'Autorità ecclesiastica che, sola, le può modificare o sopprimere; le confraternite hanno, comunque, uno statuto, un titolo, un nome ed una foggia particolare di abiti.

I componenti delle Confraternite conservano lo stato laico e restano nella vita secolare; essi non hanno quindi l'obbligo di prestare i voti, né di fare vita in comune, né di fornire il proprio patrimonio e la propria attività per la confraternita.

Recenti studi comproverebbero l'esistenza di confraternite in Europa forse già nel quarto secolo, in Francia nell'ottavo ed in Italia nel secolo successivo.

Queste associazioni laiche erano dunque presenti agli albori di questo millennio, sia nelle città che nei villaggi italiani ove svolgevano funzioni umanitarie.

Anche a Montella nel corso dei secoli passati sono “fiorite” numerose Confraternite, tutte collegate a ciascuna delle varie e numerose chiese esistenti.

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Forcone VI° episodio di Totoruccio Fierro

Ezechiele, più noto in paese coll'appellativo scherzoso di " Cacone ", perchè durante la frequenza della Scuola dell' obbligo, era sempre pronto ad alzare la mano per andare in bagno! Era un longilineo allampanato, esile, scarno e talmente magro da non riuscire a proiettare la sua ombra per terra, neanche con il sole all'alba e al tramonto!
Un sabato pomeriggio ( non sapendo nulla di calcio, squadre, classifiche ) al Bar vicino casa sua, giocò al Totocalcio una schedina prestampata di due colonne e vinse 125 milioni di lire, somma favolosa per quell'epoca!
E lui, che, senza nè arte nè parte, se ne andava oziando e bighellonando a tempo perso per le strade del Paese in cerca del nulla, diventò di botto la persona più ricca della zona!
La famiglia Del Sordo, originaria della Bolivia, che, tramite il Consolato, cambiò il cognome in Dell' Udito, proprietaria terriera, con un latifondo costituito da centinaia di ettari tra boschi, pianori, valli, ruscelli, frutteti e con al centro dello stesso una vasta casa in stile coloniale, dovendo far ritorno nel Paese sudamericano, mise in vendita il possedimento.

Cacone colse al volo quest'occasione e comprò la proprietà.
Da quel giorno, la sua vita cambiò di punto in bianco : fu adulato, venerato, compiaciuto, ammirato!
Egli era stato un accanito lettore del giornalino TOPOLINO, che lo aveva affascinato e avvinto fin da piccolo!
Chiamò il figlio Orazio e pretese che la figlia di lui, sua nipote, si chiamasse Clarabella!
Orazio, molto predisposto ed incline all'apprendimento delle lingue straniere, conosceva perfettamente quella francese e, appassionato di azioni di guerra e, impressionato dalle gesta e imprese napoleoniche, all' età di trentadue anni, affidando la figlioletta alle cure e all' affetto del nonno Ezechiele, si arruolò nella Legione Straniera!

Temerario, audace, intrepido, sprezzante del pericolo, partecipò a diverse battaglie e scontri tra le dune dei deserti africani, in Algeria, in Crimea, sempre distinguendosi per il suo coraggio e la sua audacia!
Ricevette encomi ed alcune medaglie, di cui una d'oro al valore militare per aver fatto saltare di notte un intricato reticolato, ferendosi gravemente ad una gamba ( come Garibaldi!).
Fu congedato con una lauta pensione, ma rimase storpio per tutta la vita!
Ritornò al Paese dove, alla stazione ferroviaria, fu accolto da una moltitudine di concittadini, dal Sindaco e da una banda musicale, che, con i solo Ottoni, innalzò un misto Inno italo-francese!
Il Sindaco se lo strinse al petto e, more solito, scomodò la lingua latina : - Vale, heros!

A casa abbracciò il padre e strinse teneramente Clarabella, che ammirò per la sua straordinaria bellezza, per il suo travolgente fascino!
Era, forse, una Dea che, stanca di osservare le cose terrene dall' alto, aveva deciso di scendere dall' Olimpo per mietere e travolgere cuori maschili?
Alta, slanciata, occhi ammaliatori, lunghi capelli corvini, curve giuste al posto giusto, insomma, la sorella di Venere!
Sarebbe inutile contare il numero dei giovani che le correvano appresso, che la corteggiavano, l' adulavano, la lusingavano, le facevano dichiarazioni d' amore...!
E, tanto, non solo per il suo splendore, ma anche per il suo rimarchevole patrimonio!
E, tra questo nutrito stuolo di adulatori, chi c'era?
Il nostro povero Forcone!
Egli l' aveva " occhiata " fin da quando frequentava la terza elementare, mentre lui era in quinta. 
Le inviava bigliettini con parole d' amore infuocate, ai quali lei non rispondeva mai!
Era, forse, solo un idillio adolescenziale?
No, perchè, col passar degli anni, il suo interesse e il suo amore per lei erano cresciuti a dismisura, tanto che la notte non riusciva a prendere sonno, agitato anche dalla calcolata indifferenza e freddezza di lei!
Pensò, allora, di passare ad azioni più romantiche, convincenti, coinvolgenti!
Pregò due suoi amici, di cui, uno dotato di una voce di basso e l' altro di baritono, di portarle una serenata : la luna da testimone, che dall' alto del cielo illuminava appena, appena la scena, il duo, accompagnato dalla chitarra, elevò stornelli, canti popolari e folcloristici, concludendo l' esibizione con l' Inno degli Alpini...
Un vero disastro!

Ma il virtuosismo del duetto era forse condizionato dalla paura di Orazio, che, in possesso di una Colt Smitt Wesson, sparava anche contro lo stormire delle fronde?
Fatto sta che la camera da letto di Clarabella rimase sempre al buio e lei non si affacciò sul verone "del paterno ostello!".
Forcone era a dir poco disperato, tormentato, afflitto!
Tornò a casa sconfitto e demoralizzato!
Che fare?
La notte gli avrebbe portato consiglio?
Si alzò di buon'ora, mise in tasca i risparmi che gli aveva lasciato la defunta Madre e si recò a Napoli.
Qui giunto, entrò nella Galleria Umberto Primo e scese le scale del Salone Margherita cafè-chantant e con le più devote preghiere riuscì ad ingaggiare due cantanti famosi :
Sergio Bruni e Nunzio Gallo!
Dopo alcuni giorni, a notte inoltrata, il duetto, chitarra e mandolino, sciorinò un vasto repertorio delle più belle e melodiose canzoni napoletane!
Quando, nel finale intuonò " 'O surdato 'nnammurato" allora, la luna splendette nel cielo, sorridendo, le stelle tremule si fermarono, i cani smisero di abbaiare, il vento calò, le foglie degli alberi non fremettero più, anche il silenzio della notte diventò più...silenzioso!
Improvvisamente, si accese la luce nella stanza di Clarabella, che apparve sul balcone e, languida e misurata nei gesti, si sciolse lentamente i suoi lunghi capelli corvini!
- È cotta la pecora! Gioì Forcone!
Mentre il Sindaco latinista avrebbe esclamato :
- Cum gaudio magno!

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Laurea Capone Stefano

Congratulazioni a Stefano Capone laureato in Giurisprudenza presso l'Università Federico Secondo di Napoli. Auguri al papà Bruno alla mamma Gerardina Nigro e alla sorella Elena. Ad maiora!

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Laurea Rosyna Gramaglia

Papà Massimo,  Mamma Monia, il fratello Renato, i Nonni e gli Amici fanno gli auguri a Rosyna Gramaglia laureata in lettere moderne Università di Salerno

 

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Forcone V° episodio di Totoruccio Fierro

Ritornando dalla visita al Saggio morente, Forcone si era convinto di essere vittima di un bieco fatalismo, che lo spingeva con veemenza tra le braccia di una rassegnazione supina ai colpi del destino!
Con tale animo cupo si incamminò verso casa, mentre nell'imbrunire, guardando in alto vide il cielo che si costellava, si punteggiava delle prime, incerte e pallide stelle!
" IL CIELO STELLATO SOPRA DI NOI, LA LEGGE MORALE DENTRO DI NOI! "
Si domandava chi avesse mai scritto tale epitaffio e che cosa volesse significare...
Fece spallucce e con risolutezza spinse i passi in avanti!
Passò davanti al Cimitero quando oramai le ombre della sera erano scivolate su tutte le cose!
Guardò attraverso il cancello ed assistette ad uno spettacolo curioso, inopinato, sconcertante : decine di fiammelle azzurrognole si libravano, ondeggiando dalle tombe!
Erano i fuochi fatui?
Attratto da tali sorgenti luminose che regalavano al luogo un aspetto meno lugubre e funereo, in modo risoluto, spinse il cancello arrugginito, che cigolò e gemette, e si diresse verso la tomba della sua povera Madre!
Fu costei, anzitempo, una vedova bianca, perchè il marito, furfante di tre cotte, era emigrato negli States in cerca di fortuna, senza dare più notizie di sè, nè segni di vita!
Correvano voci, molto accreditate, che il lestofante, più che parlare l'italoamericano, faceva cantare il suo mitra!
Forcone si inginocchiò per alcuni minuti : pregò devotamente, cercando di stabilire
con la defunta un filo diretto, un rapporto contemplativo!
Allora, ebbe come una folgore improvvisa, un'idea chiara e distinta (alla Cartesio !) sulle azioni che avrebbe dovuto intraprendere per conseguire la sua rivalsa, la sua rivincita, la sua giusta vendetta!
Era stata la Madre ad alluminargli la mente? Boh! In tutta sincerità non sono in grado di dare certezze assolute!
Allora, si alzò di scatto e velocemente filò verso l'uscita con la viva speranza che il Camposantaro non avesse chiuso il cancello,lasciandolo vivo tra i...morti! Ma, non lo fermò più nessuno!
Intanto, nella medesima serata, si era riunita all' osteria del Paese (frequentata un giorno sì e un giorno sempre) la solita accozzaglia, l'identica combutta, costituita dal Pretore, l'Avvocato, altri legulei di infimo ordine, il Cancelliere,
il Sindaco e l'usciere nullafacente!
Una consorteria di Vitelloni, oziosa ed indolente, dedita ai bagordi, ai banchetti, alla crapula smodata e senza alcun limite!
Dopo aver cenato lautamente, passarono al gioco del "Tuocco", obbedendo al vecchio aforisma che declamava :
" Bevi il bicchiere ch'è pieno, riempi il bicchiere ch'è vuoto, non lo lasciar mai pieno e non lo lasciar mai vuoto! "
Auspicavano, con perfetta convinzione, che tale detto acquisisse vigore di Legge, regolarmente approvata dal Parlamento!
[Verso le prime ore della notte, il nostro redivivo Azzeccagarbugli si inoltrò verso casa, mezzo ubriaco ( togliere il "mezzo" !), trascinandosi la gamba zoppa e, dopo vari ed inutili tentativi, riuscì ad infilare la chiave nel "buco" della serratura!
Egli, l'unico erede di una famiglia gentilizia, abitava in una magione signorile al centro del Paese, edificata alcuni secoli prima in stile gotico autentico, con due Cariatidi, sostenenti il lungo balcone centrale, mentre sul lato destro del portone, per simboleggiare la qualità e il potere dinastico della famiglia, faceva bella mostra di sè, come stemma araldico e scolpito in pietra, un enorme obice ( tra cannone e mortaio ), dritto come un fuso, in atto di vomitare su ipotetiche truppe nemiche, le due grosse
" palle " di ferro che lo sorreggevano ai due lati della sua base!
Egli odiava la casa, ma aveva una cura particolare, maniacale per il giardino che si stendeva per circa due tomoli alle spalle della stessa.
Per metà coltivato all'italiana e per metà all'inglese, offriva uno spettacolo estetico sbalorditivo :
statue, patii, fontane, pergolati, vialetti, siepi di bosso...!
Lo curava, con sapiente dedizione, un affidato e anziano inserviente, al quale, sordo com' era, bisognava parlare a gesti!
In un angolo del giardino, in uno spazio con cuccia, era padrone il cane ( un Alano esagerato ), ispiratore inconsapevole di questo insulso e visionario racconto!
Perchè l'intrigante avvocato odiava la sua casa?
Bisogna, allora, sapere che all'età di sedici anni, bel giovane aperto alla vita, mentre scendeva la " pericolosa" scalinata ( già affrontata in modo "alpinistico" da Forcone ),
inciampò sul primo scalino e,"come corpo morto cade " ruzzolò all'ingiù rovinosamente e atterrò al termine della stessa che, oramai, era tutto " "scatastato", tutto "spetazzato"!
Corsa velocissima all' Ospedale più vicino!
Tra i chirurghi in servizio c' era il dottor Ombrone, che, cinico qual era, non si affidava ai dettami della scienza di Esculapio, ma, da praticone impenitente andava a tentoni e obbediva al detto : "Benerico e benericamo, cchiù picca simo e cchiù meglio stamo!"
A ragione della turnazione, il povero e sfortunato ragazzo capitò proprio nelle sue grinfie! Intervenne prontamente:
cuci qui, cuci là, tira, strappa, allunga, taglia, accorcia, lega, punti qui e punti là...
Insomma, al termine del prolungato Intervento, guardò estasiato il prodotto del suo operato : aveva creato il cugino di Frankenstein!
Fu brutto per tutta la vita :
calvo, occhi strabici e strabuzzanti, zoppo, magro come un "carpino", ma anche dai costumi spregevoli:
sciatto, crapulone, infigardo, iroso, bugiardo, insomma, un ineffabile cialtrone!
Tutte le donne del Paese, anche le più brutte e laide, lo avevano cancellato dai loro pensieri!
Dobbiamo aggiungere che non volle, con fredda e losca determinazione, mai più ristrutturare la "scala" assassina, nella bieca speranza che potesse mietere altre vittime!
Si laureò in Legge, non senza aver seminato scompigli e fuggi, fuggi degli studenti e i docenti, quando attraversava i corridoi e le aule dell' Università!
Ottenne il voto minimo all' esame finale, perchè gli esaminatori, pur di sbarazzarsi in fretta delle sue sembianze raccapriccianti, gli concedevano il 18 "estetico"!
Consapevole del suo stato, quando di notte doveva girare un angolo di strada del Paese, fischiettava sonoramente per avvertire della sua presenza ai malcapitati che improvvisamente incontrava!
E ciò per riguardarli da eventuali attacchi cardiaci e ictus cerebrali! Rubacchiava,
per i consigli legali, a destra e a manca: sentenze, disposizioni, giudizi, arringhe, filippiche di colleghi e principi del foro durante la celebrazione dei processi!
Rileggeva con avidità spasmodica e frenetica quelle cause che trattavano di omicidi, strangolamenti, femminicidi, spargimenti di sangue, assassinii di massa, delitti d'onore ( teneva conservato in un cassetto il ritratto di Hitler! )...
A proposito del delitto d'onore, aveva quasi imparato a memoria quello di Lapio : un giovane medico fu imputato, perchè nella prima notte di nozze, in un albergo di Napoli, tagliò la gola alla moglie dormiente, perchè non l'aveva trovata illibata : scena granguignolesca
!

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Hanno onorano Giovanni Palatucci“ Anniversario “ 78° morte 10 Febbraio 1945

“ Anniversario “ 78° morte di Giovanni Palatucci 10 Febbraio 1945

     

Giardini che onorano Giovanni Palatucci


In data 10 Febbraio 2023 alle ore 10,00 a Crotone presso la Chiesa della Beata Vergine del Rosario di Pompei ( sita Trav. V di Corso Messina - 6 ) in concomitanza della Giornata del Ricordo Istituita con la legge 30 marzo 2004 n. 92 , Don Ezio Limina Ha celebrato una Santa Messa ricorrendo il 78° Anniversario della morte del Questore di Fiume ( Italiana ) Giovanni Palatucci , avvenuta il 10 Febbraio 1945 a Dachau in Germania nei campi di sterminio nazista Servo di Dio e Giusto fra le Nazioni nonché medaglia al Valore Civile . Durante la cerimonia liturgica la studentessa Elisa Buonaccorsi ( una delle vincitrici della Nona Borsa di studio G. Palatucci ) ha fatto ascoltare Il brano da lei composto “ L’uomo della speranza “ creando forti emozioni tra i presenti. Tra cui il Dirigente scolastico del Liceo Vincenzo Scaramuzza “ Istituto G.V. Gravina “ prof. Antonio Santoro,


Presenti tutte le forze dell’Ordine, Il Sindaco, esponenti della Provincia, Associazioni militari e Soci dell’associazione, e Csv Calabria Centro di Crotone con Aldo Pirillo.
Con i saluti del Questore dr. Marco Giambra e la lettura della Preghiera da parte del Presidente e la benedizione finale, è stato rivolto ai presenti l’invito a recarsi alle 11,00 presso Piazza Umberto a Crotone davanti al giardino dei Monumenti dei Caduti dove è stata apposta una nuova Targa creata dal Maestro Orafo Cav. Michele Affidato a ricordo della giornata odierna e piantumato un Albero d’Ulivo, con il patrocinio gratuito del Comune di Crotone e l’Associazione Giovanni Palatucci.


Di seguito il Questore e la Vicaria del Prefetto Dssa Eufemia Tarsia hanno deposto una corona d’alloro con la quale si è voluto conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli Italiani di tutte le Foibe oltreché la morte del Servo di Dio e Giusto fra le Nazioni Giovanni Palatucci.
L’intonarsi del silenzio da un trombettista del Liceo Musicale V. Scaramuzza dell’ Istituto G.V. Gravina ha creato suggestione tra i presenti e soprattutto tra gli studenti del Liceo Musicale V. Scaramuzza dell’Istituto G.V.Gravina i quali entusiasti dopo la Borsa di Studio a loro concessa in data 27 Gennaio 2023 hanno accettato entusiasti per l’occasione l’invito ed essere presenti. Presenti tutte le forze dell’Ordine, Il Sindaco, Il Presidente della Provincia, Associazioni militari e Soci dell’associazione.
Vivi ringraziamenti da Vincenzo Costa e dal Questore Dr. Marco Giambra sono stati rivolti a tutti i partecipanti alla mesta cerimonia.
Crotone 10 Febbraio 2023
Ass. G. Palatucci Crotone

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