Nome Completo: Leonarda Cianciulli
Soprannome: La saponificatrice di Correggio
Nata il: 1893
Morta il: 15 Ottobre 1970
Vittime Accertate: 3
Modus operandi: omicidio per mezzo di scure; bollitura dei cadaveri per ricavarne sapone; utilizzo del sangue delle vittime nella preparazione di biscotti.
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Infanzia e Famiglia. Leonarda Cianciulli nacque a Montella, in provincia di Avellino nel 1892, da Emilia di Nolfi e Mariano Cianciulli. La sua fu un’infanzia difficile, da lei così descritta: “Ero una bambina debole e malaticcia, soffrivo di epilessia, ma i miei mi trattavano come un peso, non avevano per me le attenzioni che portavano agli altri figli. La mamma mi odiava perché non aveva desiderato la mia nascita. Ero una bambina infelice e desideravo morire. Cercai due volte di impiccarmi; una volta arrivarono in tempo a salvarmi e l’altra si spezzò la fune. La mamma mi fece capire che le dispiaceva rivedermi viva. Una volta ingoiai due stecche del suo busto, sempre con l’intenzione di morire, e mangiai due cocci di vetro: non accadde nulla”. Nel 1914 sposò Raffaele Pansardi, un impiegato dell’ufficio del registro e andò a vivere nell’Alta Irpinia, ad Ariano. Nel 1930, in seguito al tragico terremoto dell’Irpinia, la loro casa venne distrutta e decisero di trasferirsi a Correggio, in provincia di Reggio Emilia. Qui, grazie ai soldi del risarcimento statale concesso ai terremotati e al commercio degli abiti usati portato avanti da Leonarda, le condizioni dei coniugi Pansardi si risollevarono. {source}<iframe width="560" height="315" src="https://www.youtube.com/embed/9ygvkp7PdEs" frameborder="0" allowfullscreen></iframe> <!-- You can place html anywhere within the source tags -->
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La Cianciulli ebbe 17 gravidanze, ma le sopravvissero solamente 4 figli. Probabilmente disperata da tante perdite, questi 4 bambini divennero per lei un’ossessione. Nel 1939, Giuseppe, il figlio maggiore da lei prediletto, che studiava lettere all’Università di Milano e lavorava come istitutore al Collegio Nazionale di Correggio, fu chiamato a prestare il servizio militare e la minaccia dell’entrata dell’Italia in guerra era sempre più incombente. Bernardo e Biagio, invece, frequentavano il ginnasio, e Norma, l’ultima figlia, andava all’asilo. Nella Cianciulli cominciarono a farsi strada pensieri sempre più tormentati, tanto che decise che per salvare la vita dei suoi figli avrebbe dovuto fare dei sacrifici umani. Sembra che anni prima si fosse fatta leggere la mano da una zingara e che questa le avesse detto: “Ti mariterai, avrai figliolanza, ma tutti i figli tuoi moriranno”. Quindi si era rivolta a un’altra zingara ancora, che le aveva detto: “Vedo nella tua mano destra il carcere e nella sinistra il manicomio”. Di quei momenti così tragici ricordava alcuni pensieri: “Non posso sopportare la perdita di un altro figlio. Quasi ogni notte sogno le piccole bare bianche di quegli altri, inghiottiti uno dopo l’altra dalla terra nera… per questo ho studiato magia, ho letto libri che parlano di chiromanzia, astronomia, scongiuri, fatture e spiritismo: volevo apprendere tutto sui sortilegi per riuscire a neutralizzarli”. Leonarda frequentava tre amiche, donne sole e non più giovani che avrebbero volentieri fatto qualsiasi cosa per cambiare le loro vite.
Primo omicidio. La prima vittima si chiamava Faustina Setti. La Cianciulli le disse di averle trovato un marito a Pola, le consigliò di vendere tutto, ma si raccomandò con l’amica di non parlarne con nessuno perché avrebbe potuto scatenare delle invidie. Il giorno della partenza, Faustina si recò a casa sua per salutarla. Dato che Faustina era semi analfabeta, Leonarda le offrì il suo aiuto, invitandola a scrivere alcune lettere e cartoline per amici e parenti che avrebbe poi spedito da Pola, nelle quali diceva di stare bene e che tutto procedeva per il meglio. L’amica però non giunse mai a destinazione. Quel giorno stesso, la Cianciulli la finì a colpi di scure e la trascinò in uno stanzino. Qui sezionò il cadavere e fece colare il sangue in un catino. A tal proposito, nel suo memoriale, scrisse: “Gettai i pezzi nella pentola, aggiunsi sette chilogrammi di soda caustica, che avevo comperato per fare il sapone, e rimescolai il tutto finché il corpo sezionato si sciolse in una poltiglia scura e vischiosa con la quale riempii alcuni secchi che vuotai in un vicino pozzo nero. Quanto al sangue del catino, aspettai che si coagulasse, lo feci seccare al forno, lo macinai e lo mescolai con farina, zucchero, cioccolato, latte e uova, oltre a un poco di margarina, e mescolai il tutto. Feci una grande quantità di pasticcini croccanti e li servii alle signore che venivano in visita, ma ne mangiammo anche Giuseppe e io”. Qualche giorno, dopo il suo primo omicidio, mandò il figlio Giuseppe fino a Pola affinché imbucasse le lettere della vittima per farle giungere ai destinatari con il timbro postale giusto e vendette i suoi indumenti. Gli altri omicidi. La seconda vittima si chiamava Francesca Soavi, sognava anche lei di andar via da Correggio, ma non sperava nel matrimonio e si sarebbe accontentata di trovare impiego in un altro luogo. Leonarda le disse di averle trovato un lavoro nel collegio femminile di Piacenza. Francesca accettò con gratitudine e la mattina del 5 settembre 1940 raggiunse l’amica per salutarla. La Cianciulli convinse la donna, senza fatica, a scrivere due cartoline che avrebbe dovuto spedire da Correggio per annunciare ai conoscenti la partenza evitando di far capire ai ficcanaso la destinazione. Posata la penna, Leonarda, come da copione, si avventò sulla donna e l’uccise. Da questo omicidio però guadagnò solo le 3000 lire che la vittima aveva con sé. Per ricavare maggiori guadagni, i giorni successivi Leonarda disse che era stata incaricata da Francesca a vendere tutti i suoi beni e i mobili. Giuseppe, su incarico della madre partì per Piacenza e spedì le cartoline. La terza e ultima vittima fu un’ex-cantante lirica, cinquantatreenne, costretta a vivere in miseria. Si chiamava Virginia Cacioppo. Con lo stesso metodo, Leonarda le propose un incarico a Firenze, come segretaria di un misterioso dirigente teatrale che, magari, avrebbe potuto reintrodurla nell’ambiente. Pregò anche questa di non farne parola con nessuno, dicendole che l’uomo era stato suo amante e che se si fosse sparsa la voce che lei lo vedeva ancora la sua famiglia l’avrebbe disprezzata. Virginia, entusiasta della proposta, mantenne la promessa e il 30 settembre 1940 si recò da Leonarda. Di lei la Cianciulli disse: “Finì nel pentolone, come le altre due… la sua carne era grassa e bianca, quando fu disciolta aggiunsi un flacone di colonia e, dopo una lunga bollitura, ne vennero fuori delle saponette cremose accettabili. Le diedi in omaggio a vicine e conoscenti. Anche i dolci furono migliori: quella donna era veramente dolce”.
La cattura. Fu la cognata dell’ultima vittima a insospettirsi dell’improvvisa sparizione di Virginia, che aveva visto entrare nella casa della Cianciulli prima di far perdere le sue tracce per sempre. La casa della stessa donna che poi aveva messo in vendita i vestiti della Cacioppo. Decise quindi di confidare al questore di Reggio Emilia i suoi sospetti, il quale seguì le tracce di un Buono del Tesoro di Virginia, presentato al Banco di San Prospero dal parroco di san Giorgio, a Correggio. Convocato dal questore, il prete disse di aver ricevuto il buono da Abelardo Spinarelli, amico della Cianciulli. Lo stesso Spinarelli dichiarò di averlo ricevuto dalla Cianciulli per il saldo di un debito. Le tracce condussero quindi le indagini fino a Leonarda che confessò senza fare molta resistenza i suoi tre omicidi. Gli inquirenti però non riuscivano a credere che una donna anziana, bassa e grossa avesse potuto fare tutto questo da sola e andarono alla ricerca di un complice che l’avesse aiutata a compiere i delitti. Il sospettato numero uno era il figlio Giuseppe che al processo (1946) dichiarò di aver spedito le lettere, senza però sapere la verità. La madre, intenzionata a difenderlo con tutte le sue forze, propose una dimostrazione atta a far capire che lei era l’unica artefice di quella mattanza. Davanti a magistrati e avvocati, in soli dodici minuti, sezionò il cadavere di un vagabondo morto in ospedale e procedette con le tecniche di saponificazione.
La condanna. Leonarda Cianciulli fu riconosciuta come unica autrice dei tre omicidi, venne condannata a 30 anni di reclusione e a tre anni di manicomio giudiziario. In carcere scrisse, lavorò a uncinetto e cucinò biscotti che nessuno aveva voglia di assaggiare. Riceveva le visite dei figli. Il 15 ottobre del 1970, morì nel manicomio giudiziario femminile di Pozzuoli, stroncata da apoplessia cerebrale.
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Saponificatrice di Correggio – il killer sfornava dolci (con le vittime)Chantal Cresta
Reggio Emilia – Leonarda Cianciulli naque a Montella (Avellino) nel 1893 da famiglia modesta e poco incline all’affetto nei confronti della bambina. Fin da giovanissima ella presentò delle difficoltà caratteriali: molto introversa e depressa, tentò 2 volte il suicidio. Sopravvissuta e cresciuta, la ragazza sembrò trovare un equilibrio. Sempre in rotta con la famiglia, nel 1914, a 21 anni, si sposò contro il volere della madre che il giorno delle nozze la maledisse, un episodio che segnò profondamente la psiche della futura omicida.
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<script language="javascript" type="text/javascript"> // You can place JavaScript like this </script> <?php // You can place PHP like this ?> {/source}Leonarda e il marito, Raffaele Pansardi, impiegato al catasto si trasferirono a Lauria (Potenza) dove la donna ebbe 17 gravidanze e 14 figli di cui 10 perirono in tenera età. La Cianciulli – come lei stessa ricorderà in seguito – era ossessionata dall’idea di perdere i bimbi rimasti tanto quanto era convinta che la causa della morte di tutti gli altri fosse dovuto al maleficio della madre.
Nel 1930, la famiglia Pansardi perse tutto nel terremoto di Vulture e fu costretta a trasferirsi a Correggio (Emilia Romagna). Il marito – mai ripresosi dallo shock della catastrofe – diventò presto un alcolizzato violento al punto da costringere la moglie a cacciarlo di casa. Rimasta sola, la donna fece quello che potè: racimolò denaro come lavandaia, lavoratrice di sapone e cuoca. Si appassionò allo spiritismo e all’occulto improvvisandosi, poi, fattucchiera e maga. Tutte queste attività consentirono a Leonarda di risollevarsi economicamente ed aprire un piccolo negozio di abiti usati nonché di assicurarsi la stima e l’amicizia dei concittadini. E fu tra queste conoscenze che Leonarda individuò le sue vittime.
Gli omicidi – Faustina Setti, Francesca Soavi e Virginia Cacioppo erano 3 donne legate non solo dalla comune amicizia con la Cianciulli ma anche da alcune peculiarità: erano benestanti e tutte molto insoddisfatte della loro a vita Correggio. Ognuna di loro era pronta a lasciare la cittadina per realizzarsi altrove e aspettava solo l’occasione o il pretesto per partire. Leonarda glielo fornì.
La prima a sparire fu Faustina, 70 anni, scarsa istruzione. Leonarda la convinse di averle trovato marito a Pola (Croazia) e le suggerì di non far menzione a nessuno della notizia fino alla celebrazione delle nozze. Intorno al 1940, Faustina si recò a casa dell’amica Cianciulli per le ultime indicazioni prima della partenza, nonché per delegare a quest’ultima l’amministrazione dei suoi beni finchè – così pensava l’anziana – non si fosse stabilita definitivamente. Leonarda uccide la donna con un colpo di accetta e con i suoi resti fabbricò sapone e dolci. La descrizione della “lavorazione” del corpo la si può recupare dal memoriale che la stessa l’omicida redasse in carcere, Le confessioni di un’anima amareggiata (la cui autoralità, tuttavia, è dubbia):
“Dopo aver fatto a pezzi il cadavere mettevo la caldaia a bollire sul fuoco […]. Il calderone conteneva 5 kg di soda caustica in ebollizione. I pezzi non adatti alla saponificazione li versavo un po’ nel gabinetto e un po’ nel canale vicino a casa mia. […] Il sangue (raccolto in un catino) di solito lo riunivo a marmellata e cioccolato, aromi di anice e vaniglia […]. Qualche volta in queste torte, che offrivo alle mie visitatrici, ci mettevo un pizzico della polvere ricavata dalle ossa delle morte”.
Francesca Soavi, insegnante d’asilo, e Virginia Cacioppo, ex soprano, finirono nel pentolone della Cianciulli nello stesso anno.
L’arresto – Malgrado le precauzioni dell’assassina, i parenti delle donne si proccuparono subito della scomparsa delle congiunte. La polizia si mise in moto e presto scoprì il transito di forti somme sul conto bancario di Leonarda. Da qui alla perquisizione della casa della donna il passo fu breve e ciò che gli inquirenti trovarono – il calderone, la polvere d’ossa, il sangue essiccato, il seghetto, il martello, le scuri e la mannaia – sono ancora oggi materia di analisi psicopatologica della criminologia occidentale.
La Cianciulli a processo
Leonarda Cianciulli, durante il processo, fece una dettagliata confessione affermando che la ragione dei suoi crimini era una visione. Anni prima le era apparsa in sogno la Madonna la quale l’aveva esortata a commettere sacrifici di sangue per salvare la vita dei propri figli. Quattro vite per quattro vite. I magistrati non credettero mai all’ipotesi della nevrosi psicotica. Malgrado ritenessero la donna pazza, la sua era una follia lucida e nutrita da fredda avidità. A ciò si aggiungeva la componente sadica: disporre dei cadaveri accanendosi su di essi per farne torte e sapone da regalare ad amici ed conoscenti. Così, mentre i giornali già la ribattezzavano, la Saponificatrice di Correggio, Leonarda Cianciulli venne condannata a 30 anni di carcere e 3 di manicominio criminale per aver ucciso, smembrato e disciolto nell’acido le sue vittime. Nel 1970 morì nel manicomio di Pozzuoli all’età di 77 anni. Una delle addette della strutture ricordava che spesso Leonarda si lamentava delle altre detenute: nessuna di loro voleva mangiare i suoi dolci.
FOTO || http://it.wikipedia.org/wiki/File:Leonarda_Cianciulli.jpg
FOTO || http://www.lombardiabeniculturali.it/fotografie/schede/IMM-3g010-0020706/
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