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Una tassa veramente....." epica" di Giuseppe Marano

UNA TASSA VERAMENTE… “EPICA”! Caro Vittorio non ti rompo con “suonni ‘e fantasia” e fregnarìe varie: mi faccio sentì solo quando “ci ‘ngàppo co’ la mano rint’a la pòrta” (come dicevano 70 anni fa i nostri sorevési) e quando mi rendo conto ulteriormente che vivo in un Paese (non paese Montella!) che invece di aiutarci, ci rende la vita sempre più difficile.
Non parlo solo per me, ma per tutti gli interessati, anche se l’egoismo è filosoficamente imprescindibile perché il problema per capirlo devi sentirlo prima personalmente (…anche se mi rendo conto che quelli che non protestano sono più saggi di me, perchè non si illudono, rassegnati come sono, che non serve a niente…). Ma alla fine non ti nascondo il segreto desiderio che la mia scintilla possa cadere nell’immensa polveriera… Tranquilli! nessun invito rivoluzionario, perché anche una intelligenza mediocre, da cinque scolastico, capisce che si tratta del vagheggiamento fantastico di un desiderio irrealizzabile.
Prendo solo lo spunto dalle “accise” passate alla storia come “pizzo di Stato”, per riconoscermi il diritto di dire che pure la tassa che pago per la mia macchina EPICA della Chevrolet, mi pare un…”pizzino”, che …”mi pìzzola” malamente perché frallàltro (come dicono i romàni de Ròma) lo ritengo ingiusto.


Per decenni TV stampa “in”, hanno strombazzato che la macchina a gas veniva premiata perché non inquinava: zero tassa. Ma tu vai o vieni!? La mia macchina è nata con l’impianto a gas, e vado sempre a gas senza inquinare, ma pago lo stesso la mazzata annuale di E. 335,00. ògni anno.
A riguardo lo Stato “vampiro insaziabile” ha trovato il sistema gesuitico, “demosdèo”, per fottere me e tantissimi altri “poveretti” come me (invece di ingrassarsi attingendo a piene mani all’immenso capitale dell’evasione fiscale!) immergendoci in un pantano-marasma di confusione normativa gettando il problema in pasto alle regioni che lo hanno risolto in modo geniale ciascuna con le sue leggìne creando a loro volta una galassia normativa in cui ti perdi.
E forse questo era lo scopo: di portarti alla disperazione e di conseguenza farti pagare la tassa piena senza alcuna agevolazione.
A questo punto a che serve tutto il bailamme dell’autonomia differenziata se dal famoso articolo 5° riformato 3/2001, le regioni sono già balcanizzate “autonome”?
Tornando al problema, ecco un ramoscello d’oro pescato nella selva oscura: ”non pagano il bollo veicoli il cui serbatoio di benzina ha una capacità inferiore ai 15 litri” (3-sett. 2924); ma se pensate vi dica “freggnàcce” scorrete qualche sito come https:/brc.it” o zavoligaspoint.it ….
Per accennare al caso mio (che riflette quello di tantissimi) il serbatoio di gas a ciambella della mia macchina è poco più piccolo di quello a benzina e basta questo per affibbiarmi “in soldini” 335,00 E. anno, come premio al valore del risparmiatore non inquinatore.

Un altro motivo d’orgoglio di sentirmi italiano.

E, detto inter nos, per finire (pé mmò) la chiacchierata, questo non è un regalo dell’attuale governo (che pur a riguardo non ha fatto niente!), ma è antico dono ereditario della vecchia politica: l’attuale opposizione d’élite intellettuale che ha governato per venti anni mimetizzandosi dietro i super-tecnici; altro che il grillino “uno vale uno”, qua ha ragione Travaglio: “uno vale l’altro” d’accordo in sostanza su tutto: guerre ecc. ecc.: democristianizzazione sistemica, politica del favore “a la fàcci re lo proletariàto”.
La rivolta sociale vagheggiata da Landini? Esternazioni puramente voluttuarie,,, dovesse esplodere non ne avrei paura.
Ciao Vittorio e Redazione
Peppino Maràno

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Trica e benga pesante di Giuseppe Marano

Trica e benga pesante di Giuseppe Marano - (=LASCIA MATURARE COL TEMPO LE COSE IN MODO CHE POSSANO ESPLODERE IN MODO…RISOLUTIVO) 

Caro Vittorio il condensato di saggezza del popolo è per me insondabile, anche quello racchiuso in queste quattro parole del titolo nell’antico detto di Sorbo; ho cercato di interpretarlo pur certo di non riuscirci tanto è denso profondo. Mi faccio sentì “ogni mòrta re papa”, ma lo faccio quando non ne posso ppiù a sopportare, sarà la vicchiàja che il poeta antico chiamava morosa: intrattabile bisbetica come la peggiore delle Santìppe, altro che amorosa! E scusa se mi sfogo un poco con te, lo so che non serve a niente perché il male è sistemico, cronicizzato -come dicono con ‘professionale empatia’ i dottòri- in decenni di incuria politica.

Così ieri stavo cominciando a scriverti poi mi so’ “sfuttuto” sfiduciato, e ho lasciato perdere, ma stamattina non ce l’ho fatta a sopportare “sto pirtùso ‘mpiétto”, e, se pure non serve a niente, ti scrivo per stupido sfogo.
Niente, qualche giorno fa vado in farmacia a prenotare una visita fisiatrica (qualcuno direbbe: “hai sbagliato a scrivere! Per te ci vuole quella psichiatrica!”) dallo specialìsta dell’ASL che mi viene fissata la metà di novèmbre prossimo.
Non mi meraviglio perché so di essere in un Paese colabrodo con immeritata maiuscola (non dico Montella ovviamente). Ma se io (non posso dire nemmeno: “Ai cani dicendo!” perché sono un “animale” animalista!) dicevo: ma se io tenessi un tumore, la visita oncologica me la fisserebbero quando già sarei crepato e andato agli “alberi pizzùti” o “a la gròlia re li cardùni”?
Ditemi un po' schiaritemi le idee perché a una certa età si saranno rattrappite con me, come insegnava l’apologo di Menenio Agrìppa (“…che rròbba è? E’ na cosa che se màgna?”): ditemi un po' questo vi pare giusto? E ripeto, non è una cosa capitata con questo governo, ma si è incancrenita in decenni tra le compiaciute pacche sulle spalle impreziosite da giacche superfirmate e ammiccamenti politici bipartisan. Vi pare questa una democrazia? Questa in cui lo stato non rispetta il primo principio costituzionale dell’uguaglianza dei diritti o meglio della paritaria fruibilità fra tutti al di là dei ceti, dei diritti stessi?

Per uscire dall’astratto giuridichese croce e delizia della politica -pardon, di certa politica quella come si dice, mainstream, eternamente imperante- vi pare giusto normale che il nostro stato -che si proclama democratico cioè fondato sull’uguaglianza dei diritti e quindi sulla pari possibilità di usufruire degli stessi- offra o consenta (che è lo stesso) una enorme differenza di trattamento fra chi è “ricco” e chi è “povero”?

Abbiamo il coraggio di ripristinare le antitesi economico-sociali veicolate espresse chiaramente da parole e concetti da un sessantennio almeno opportunisticamente obliterati dimenticati sbeffeggiati come primitivi antidiluviani: i ricchi e i poveri. I primi, che dir si voglia: pescicani, capoccioni, paperoni super evasori fiscali, se ne vanno nelle migliori cliniche italiche o mondiali a curarsi sfilettando con piacere dalle loro tasche dorare fior di quattrini per curarsi operarsi, se ne strafottono altamente dell’oceano infinito degli indigenti che, per una visita o per un intervento chirurgico vitale devono aspettare per anni (o non aspettare più perché non fanno a tempo!).

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Guardia medica Azzoppata di Giuseppe Marano

Guardia Medica Azzoppata - Ciao Vittòrio! Prima di scriverti ti voglio preavvertire che probabilmente qualche lettore che mi darà l’onòre di leggere queste chiacchiere fra noi, sbotterà con scalpore paesano: “Ma sto…..re prèsite parla sulo re fatti ca capitano a ìsso! Si sente no magalòmano, chi se ne fotte re li uài sua!” (traduciamo per qualche strànio che non capisce: “Ma sto prèside parla solo dei guai che gli capitani, ma con tanti che ne abbiamo, chissenefréga!”. Ma no! Vittòrio, tu sai che le EPISTOLE che ti scrivo non hanno gradevole volatilità fantasiosa, ma portano fatti reali di casa nostra che solo per un …càso son capitati a me, ma possono capitàre a ttùtti! Come vèdi mi son giustificato di fronte al pubblico con moderato ricorso al sociologismo del politicamente corretto (per come lo pronunziano “sociologismo” mi verrebbe da scriverlo con due “g”).
Sparo il problema: essendo chiuso lo studio del mio medico,  sabato 13 gennaio , presento alla guardia medica la prescrizione di analisi cliniche prescritte e sottoscritte da un noto specialista. Il medico con molto garbo, mi dice che può limitarsi solo a prescrivere medicine, non analisi (solo per evocazione di colleganza professionale l’anno scorso una dottoressa si è rifiutata di mettere il catetere in situazione di conclamata necessità, perché non le competeva, mentre un provvidenziale infermiere della MISERICORDIA accorso dopo una nottata di tribolazione l’ha egregiamente installato evitando il peggio…Non posso aggiunger altro).
Nel caso di sabato scorso il dottore guardia medica, non si è rifiutato, ma mi ha gentilmente informato che non poteva prescrivere all’ASL le analisi, per disposizioni dall’alto. Vallo a trovare questo ALTO: il Padreterno o qualche altro inquilino illustre dell’ALTRO MONDO? Se ti trovi in un’emergenza del genere di sabato, non ne parliamo di domenica, questo ti regala quell’ALTO! E questa è la nostra sanità declinata e declamata “eccellente” con particolare ricalco vocale, dal nostro governatore cui in ultima analisi fa capo la nostra sanità. Al lume della mia modesta logica normale, direi banale, non capisco perché un medico fornito di laurea non farlocca, possa prescrivere medicinali ma non analisi peraltro suggerite “autorizzate” da un collega specialista.
La “eccellenza” di De Luca mi fa vedere una maglia di sacco con nodini d’oro isolati sparpagliati brillanti qua e là, irrelati: non virtuosamente connessi in una efficientante (quant’è brutto!) struttura organica d’insieme. Il filato dovrebbe essere unico: lo stesso.
Amico Vittorio, già sai che la mia lagnanza, per quello che può valere nel nostro “sistema”, la mando anche ai “capezzoni pesanti” che tengono lo stèrzo del paese e ci tirano a capézza; la mando al mio solito come fosse un “razzo a ricerca di calore”, che a volte coglie però! Si può trovare qualche “calorosa mano pulita” che…fa piazza pulita, (non dimentichiamo la bonifica storica di un gruppo di giudici che azzerò, anche se per poco, la politica politicante che sembrava immortale). A volte ‘sto ràzzo coglie e mi faccio pure “li nimìci”. E per questo mica mi metto il lutto! Mica perdo voti!
Mi pare Musolìno dicesse: “Molti nemici, molto onore!”, condivido…ma a sto punto sicuro esce lo scarapàppolo che stava in agguato: “Lovillòco lo prèsito s’è mostrato quello che è: “No fasccìsto!”
Giuseppe Marano

Interessante intervista da parte del noto giornalista GENZALE al non meno noto clinico SORRENTINO, sulla situazione critica della nostra situazione sanitaria nonostante tante “eccellenze” purtroppo isolate. 

https://www.francogenzale.it/Paolo-Sorrentino-l-Epatologo-con-il-pallino-della-Ricerca

 

 

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Come te la scuòrdi ‘sta ‘Mmacolàta ?! di Giuseppe Marano

Come te la scuòrdi ‘sta ‘Mmacolàta?! di Giuseppe Marano Caro Vittòrio! Scusa se ti scrivo ogni mòrta re papa (tra parèntesi: a Suorio dicono mòrta, a la Chiàzza dicono morte! Ricchezza linguistica. Almeno quella!); tu sai che non ti scrivo a bèllo ggènio, quànno mi schòcca ‘ngàpo, ma solo quando succede ‘na cosa gròssa, che può essere un po' importante e utile pure per gli altri;
non mi interessa la lagna personale (la nostra letteratura strabocca di piagnisteo!).
Ma veniamo a noi: come te la scuòrdi ‘sta ‘Mmacolàta?! L’ 8 dicembre scorso.
Te la faccio corta: dopo aver preso una comprèssa non riesco più ad andare a bagno: blòcco urinario. Due di notte. Mi vedo perso.
Che fai? Solo chi c’è passato può capire. “Qua sotto c’è la guardia medica!”. Ci vado subito. C’è una giovane dottoressa, espongo il problema sottolineando la necessità impellente di un catetere e subito mi gela: Non posso metterlo(!) dovete andare al Pronto Soccorso più vicino.
E chi t’accompagna? Nessuno in famiglia è in condizione di accompagnarmi, e non sentendomi di guidare, chiamo un amico che svolge servizio di accompagnamento co la macchina, ma lui e tutti gli operatori purtroppo sono impegnati.
Mi vedo costretto a…portàrmi da solo al PRONTO SOCCORSO più vicino: Sant’Angelo Lombardi, ove mi apre un infermiere giovane il quale sentendo il mio accidente mi gèla per la seconda volta: non c’è il reparto di UROLOGIA, però, avvertendo l’urgenza del problèma, sembra improvvisamente disponibile a mettermi il catetere, MA un vocione, con inflessione vocale velletariamente partenopea, lo sorprende alle spalle: “E chi s’ ’a pìgl’ ssà rescponsabilità!?” (= “e chi si prende questa responsabilità!”): dev’essere un collega più anziano che dall’interno quasi lo rimprovera. “Deve andare al PRONTO SOCCORSO, a Ariano o Avellino!”.


Questo il secondo “soccorso”: quello di Santàngilo.
Non ce la fàccio a replicare e, devo anche cercare di tranquillizzare il familiare che m’accompàgna. Un’altra stampìta per Avellino? E chi ce la fa!
“A pena” (il caso di dire) faccio ritorno a casa dove un familiare chiama il Servizio Infermieristico H 24 (!) per avere un operatore a domicilio, risposta: “Signò so’ re quàtto re notte!”, a significare l’antifona: “Ma tu ha’ pèrsa la capo!”= nessun operatore disponibile, nonostante la formula chimica: H24.
Chiamiamo il 118: miracolo, un barlume di voce umana accorda l’invio di un’ambulanza che dopo poco arriva, due infermieri professionali, compìti, svolgono con cura il loro intervento.
Il mio ringraziamento va a loro.
Eccezione alla sofferta regola: vilipendio della sofferenza.
Caro Vittorio se la sincerità è per gli amici, ti ho scritto senza alcuna speranza…migliorativa; per carità le dovute eccezioni sono d’obbligo: <<exceptis excipiendis>> = …fammelo dire in latino, se no, che l’ho studiato a ffà per tant’anni? Per scoprire la “luna re Nàpoli”? -come dicevano i mitologici sorevesi di Nànzi la Cupa.
Mi stavo dimenticando un piccolo corollario. Qualche giorno fa vicino alla posta incontro un vecchio amico: -Come stai Peppì?- Come non raccontargli la fresca storiella. Segue il mio racconto non meravigliato, e sono io che me ne meraviglio; mi dice: -Mi fai rivivere quello capitato a mio padre 28 anni fa stesso posto. Non c’era chi gli mettésse un catetere! Dovetti accompagnarlo ad Avellino!- Mentre parlava ricordavo un detto nostrano: “Guard’ a li uài re l’àti ca s’addòrcano li tua”, scoprendone l’egoismo di fondo: l’insensibilità o meglio il sollievo per i mali altrui!
Sparo qualche bbòtta di ricorso, esposto-colpo a ricerca di calore ai… Capaddòzi? Ma che ne cavo, povero féssa! I Di Pietro, i Borrelli & C. che fine hanno fatto? Saranno cancellati dalla storia perché colpevoli di essere anticorpi.
Qua non ce vòle la zéngara o un principe del foro per capire che sono stato, con pregnanza simbolica, vittima di “omissione di soccorso”, ma non da parte di un passante che mi trova a terra, ma da un servizio nazionale che deve soccorrere la tua salute. Caro Vittorio, ma…a che gioco giochiamo?!
Ti saluto aff.te
Giuseppe Marano

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Castaneide ( Vie a sovranità limitata) 1^ e 2^ PARTE di Giuseppe Marano

Castaneide ( Vie a sovranità limitata) 1^ PARTE di Giuseppe Marano   Caro Vittorio dall’antica radice sorevese, mi ricordi i vecchi tempi…tuo zio Nìno, un mito di Sorbo che faceva “cunti” strepitosi, noi uaglionàstri restavamo strabiliati. Mo’ m’è venuta in mente una parola (meglio direi: “m’è sckoccàta ‘ngapo”): la CASTANEIDE che può servire anche ad onorare almeno nel titolo la nostra tradizione: quanti poemi classici abbiamo con quella finale EIDE, chiamata dagli specialisti suffìsso (che, la verità, pare ‘na male parola): ENEIDE, TEBAIDE, ACHILLEIDE ecc. (…sfoggio de che? prendo solo il titolo da Gùgol) questa suggestione di suffisso vedo che trova fortuna epico-cavalleresca anche sui giornali per recenti clamori. E Montella da parte sua, nel suo grande- piccolo non poteva mancare d’ispirarmi questo nome classico: “Castaneide”.
Per non ammosciarti vengo subito alla storiella (che pubblichi o no, fa niente, basta che ci dai una scorsa… se ci trovi qualche eco antica). Già t’ho detto e sai, che scrivere pe me è diventata ‘na mazzata ‘nfrònte, mi conforto solo di essere in ottima compagnia: nientemeno con Socrate e Platone che “odiavano” la scrittura (ma a chiacchiere, almeno per Platone, che ha scritto tutto quel ben di Dio!).
Resto dell’idea, (considerata fasulla) che la poesia vera quella “immortale” sublime che può attingersi solo un attimo con l’estasi, è quella “non nata”, che resta dentro, che non vuole contaminarsi esprimendosi “cadendo nel tempo”. L’inespresso è il tutto e il nulla adimensionale estraneo alle categorie spaziotemporali, perciò nulla eterno, Foscolo mica era ‘no fessa!....[Vittò, accussì facìmo contenti a tutti, puro a li sfessati com’a mmé, ca non sanno scrìve na poesia! Re facimo sènte no Dante! Cchè dico! N’Omèro!].
La vicchiaia ‘na brutta bbestia! Orazio la chiamava “morosa”, altro che amorosa! Da quando son diventato misantropo, esco col caniello, vedi la contraddizione della vita: da piccolo ho avuto la meglio educazione (!): alla caccia, a sparare lo sperciasiepi, (pittirùsso)…un piccolo batuffolo vivo che cercava intirizzito riparo in un sepàle di spine… sotto la bbòtta rintronante, ne restava una penna al vento…
Una mattina di questi tempi passeggiando per la via nova carrozzabile attraversante castagneti, una voce marpiona da sopra: “Prafessòòò…co’ la scusa re lo caniello ti fai la sacca nòva”- (la A al posto della E, sottolineava un tono canzonatorio squacchiùso tipicamente nostrano. Vedete quanto è nobile il nostro dialetto! C’ha pure il cambiamento di vocale delle lingue classiche che gli scienziati d’un tempo chiamavano con una male paròla: “apofonia”!).
Un occhio perciante di sguìncio m’aveva colto nel prendere qualche castagna da mezzo la strada. Rispondo “ra copp’ ‘a màno” (come suonano “Avallìno” (ad Avellino)): “Guarda io non me ne mangio, le schifo le castagne mi fanno male allo stòmmaco, c’hanno dentro un àcido malefico, quello tànnico”. Uno sghignazzo in risposta: “Embè ti fanno male e te re ppìgli!”. “Ma no’ re ppìglio pe’ mmé, re rregàlo!”. “A’zz! No bbello reàlo fai se fanno male! Prafessò…ma tu cché ddìci, vuò sfòtte stammatina!”.

Calmo rispondo: “Non hai capito! No tutti tengono lo stòmmaco dilicato com’a mmé! Le do a chi lo tène re fierro”. “Aggio capito tu vuo’ sfòtte, tanto che ci tieni mo te ne reàlo na busta, cussì la finisci e bbòglio cche stai bbuono” (il sottinteso era: “Così ti levi dalle… scatole…”. Mentre allungava la mano co’ la busta, che per lui non era di castagne ma di marènghe r’oro, mi travolse dal di dentro una folata di proverbi e parole sorevesi; mi rimbombavano in particolare quelle di un mio amico dalla intelligenza mercuriale: “Attento! Non c’è niente di più costoso del gratuito!” e poi mi riecheggiarono pure due detti dei Grandi Vecchi, i miei Maestri di Sorbo: “Attiénto, ca quisso è de casàta vintòtto, ti rài quatto pe’ ti fotte otto”, traduco per me: “Sta attento! Che questo è di Casata Ventotto, ti “regala” quattro per fregarti otto”, e ancora “tra parienti e canuscienti non s’accatta né si vénne né si pìgliano reàli!”.  

II^ e ultima parte

Pensai un attimo che prendendo quella busta gli firmavo una cambiale in bianco e mi procuravo una zecca malefica penetrante perciante sempre più a fondo, in parole tutt’altro che povere: non me lo sarei levato più dai lucidi globi oculari! Insomma la morale di quei distillati di saggezza (e poesia) era che: Il regalo gratuito è quello che fa Ulisse, più “fetente” di me,: un cavalluccio di Troia. Gli dissi ispirato da tanta saggezza: “Grazie caro, mi basta la “sacca nova” che mi son fatto stamattina”, avrei voluto aggiungere “alla faccia tua”, ma lasciai perdere perché mi trovavo “sguarnito” dell’… “uòsso re prisutto”. Dalla faccia ci restò sotto la bbotta. Aggiunse in tono asseverativo: “Però ra professore questo ro capisci, se no che professore sì: re castagne, puro ca careno mmiezz’a la via nòva, careno ra l’alberi mia ca curo pe’ tutto l’anno, annetto, poto, tutta sta fatica tu no la capisci, e allora puro re castagne ca careno mmiezzo a la via nòva, pé mmé so’ sempe re mmìa!”.

“Senti” mi permisi di aggiungere: “Ma non vedi che macello ne fanno le macchine che passano, ce n’è almeno no quintale di schiattate, la via è tutta jànca”. Mentre si ritirava lo sentii mormorare: “Meglio ca se re mmàngiano re rròte ca te re ffùtti tu!” (= “meglio che se le mangiano le ruote che te le mangi tu”), gli volevo rispondere, ma lasciai perdere perché notai, pur tra il fogliame, i suoi occhi strabuzzati (i sorevesi di una volta,… tuo zio, avrebbero detto “sbirolati”) e tra l’altro mi trovavo “sguarnito”.
Non ti nascondo che quando esco col caniello per la via nova sotto i castagneti ci passo con un fastidio addosso, come se passassi per una via pubblica a sovranità limitata.
Te ne dico un’altra e poi basta. Una mattina anzi ancora notte, la via delle 6 per evitare che il mio caniello forèsteco s’afferri con altri (a quell’ora non c’è il passeggio canino, se la prendono più còmoda), una mattina, sempre r’ottòmpre (quant’è bello più dell’alliffato “ottobre”!), vidi un’ombra che si avvicinava a noi sempre pe’ la via nòva sotto il castagneto, non l’affiurài bene, ma era un tipo tròcene tracagnòtto: “Mannàggia…non ne ho trovato una bbòna! Tutte cecàte e mi devo cecà pure pe vedé se so’ bone!”. “E che mi vuò trovà” dissi “ho visto poco fa uno co’ na bborsa chiéna, mica è fféssa quiro ca si piglia re cecàte! Quere re llàssa a l’àti”. Volevo aggiungere: “A li féssa”, ma al solito mi trattenni…t’ho detto perché e un po’ …. per autoprotettiva pusillanimità. Che vuò fa Vittorio, uno co’ l’amici si deve confessà! Lo sentìi jastomà tutto ngroggnàto.
La notte dopo non potevo dormire, m’alzai un’ora prima co’ la scusa che il cane aveva impellènte bisogno di uscìre. C’erano sciabolate di luce sulla strada del castagneto, affiurài un’ombra tracagnotta, cercava castagne co’ la pila! Prima che mi vedesse mi girai. Ma ad esser sincero …me lo sentivo scendere che l’avrei trovato a ispezionar castagne.
Prima ti ho detto che ho evitato di attaccar briga perché no tenevo co me l’ “uòsso re prisutto”, e mo’ ti racconto un fatto capitatomi quando lo tenevo. Un sàcco d’anni fa quando lavoravo a Baggnùlo, tornavo a casa per la via del Lacinolo che allora era un signor corso d’acqua affluente del Calore, tanto che venivano a tuffarsi d’estate pure i ggiòvani montellesi.
Quando arrivai all’altezza di un ponte, notai in mezzo alla strada delle noci, scesi a raccoglierle, d’un tratto sentii una sorta di rùglio: “Làssare stà ca sò re mmìa, La pianta è la mia!”. Là per là rimasi frìddo ma subito ci stetti al gioco e sorridendo dissi al soggetto non identificato, spiccando provocatoriamente italiano: “Ma le noci sono cadute sulla via, la via è pubblica, quindi sono di chi se le prende, sono una …“res nullìus”.
Non l’avessi mai detto! Si diresse contro di me minacciùso: “Tu a chi vuò sfòtte co’ ste parole strèoze! Parla cristiàno!”. Caro Vittorio, tenéva mmano ‘no uaccìddro, ‘no ‘mbastone norecùso che fingeva usare come appoggio, ma ad un tràtto lo puntò contro di me avvicinandosi con occhio forése. Non potevo ingaggiare una lotta ad armi pari, era ‘no giancalèssio, un marcantonio, e io ggià sott’a la sissantìna! Allora mi salvò il… “classico” (poi mi dicono che i classici non servono a niente!) mi ricordai di Ulisse quando ubriacò Polifèmo con un vino ‘nchiummùso come quello di Puglia (quello che ‘mbriacava nelle nostre cantine fino a sessant’anni fà), Ulisse intelligente, di fronte a quel mostro di Polifemo, si rese conto di essere … ’na pòddrola…lo poteva schiattare sott’ a lo père come una marùca ed allora ricorse a quel vino per …addobbiarlo e …cecàrlo.
Tenevo in macchina “lo focòne” (che era la mia boccia di vino!) …qualche ggiorno prima, ero andato lì vicino a Cuòzzoli ad aspettare il passo degli stòrni [ bastàrdo tra bastàrdi! diceva lo bbòsso: “similis cum simili facillime congregatur” volgarmente tradòtto: “camminando con lo zòppo impari a zoppicàre” (ci sarà il corrispondente geniale in monteddrese ma scusate non lo conosco)]…dicevo “lo focòne”… fammi ricordare una immagine di esplosiva potenza lucreziana, spiccata come fiore dalla bocca di un cacciatore ossessionato: “Pinù, quanno arriva la néola re sturni, ar’ aspettà quanno s’arraòglia, e là ara sparà, ne careno a grananèta neora”, traduco per me stesso: “Pinù, quando arriva la nuvola di storni, devi aspettare quanto si avvoltola e si ispessisce, e lì devi sparare…ne cadranno a gradinata nera”,…corsi alla macchina, e prima che lo màstro mi raggiungesse, pigliai “lo focone”, e glielo puntai ‘nfacci, in quel momento ricordai l’espressione venatoria sorevése: “li mittiétti ro ffuòco nfacci!”…caro Vittorio…non ti rico…li carètte lo mbastòne norecùso ra mano e cominciao a scappà…Notai che ad un certo punto cominciò a còrre a cosce lasche…evidentemente “lo focone” aveva avuto, pardon, un immediato effetto lassativo! Ovviamente l’automatico era scàrrico, ma in quel momento mi ricordai il detto sorevese: “Lo fucile puro a canna vacanda face paura a cinquanta”.
Gli stòrni… ci trascorrevano elettrizzando l’aria d’un brivido di vitalità che noi fetenti spegnevamo a schoppettàte!
Non perderti un bellissimo scritto di Calvino: Gli storni che colpisce scolpisce con precisione fantastica.
Concludendo ti confesso che sto a Montella quasi da che son nato (non ti dico gli anni perché odio eventuali farisaici auguri) ma il montellese non l’ho capito per mia incapacità e per merito suo: del suo inviolabile spessore ed impenetrabile ricchezza. Ricordo qualche riflessione di Mario Soldati nel suo Viaggio da Roma però non era riferita al montellese ma in genere al…“degasperiano irpinese”, mò se non ricordo bene il titolo del libro, non accìro nisciuno da “zucaggnòstro” qual sono (=“succhiainchiostro”, “chi scrive”), e chi ci va a Sorbo in quel monnezzale di libri per leggere il titolo esatto?! Manco morto! A proposito di libri, attenzione Vittorio a chi li dai in prèstito! Ci sono molti bibliofili bibliomani “cleptobibli” mimetizzati (scusa il mio neologismo), che te lo cercano per non restituirtelo più! L’ hanno perso o ce l’hanno arrobbàto. Così ti diranno! Una persona di intelligenza rara mi mise sull’avviso. E…(vedi la “sorte beffarda” pirandelliana!) capitò che proprio dal suo studio una lesta e lieve manina sgraffignò un magnifico mio libro dell’800 su Santo Rocco. Dovrò dedicarci una… “Sanroccheide”! Comunque chi l’ha “preso” stia tranquillo, che c’è stata precisa denunzia, chiamiamola…razzo a ricerca di calore. Non si sa mmài! Dicevo che forse del libro di Mario Soldati ho scordato il titolo preciso, e che fa? No zucaggnòstro che male pote fa? Basta che chi opera lo stòmmaco non si scorda dentro il bìsturi! Ciao Vittò.

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Lieto fine per il cagnolone brutalmente bastonato 'nfronte di Giuseppe Marano

Lieto fine per il cagnolone brutalmente bastonato 'nfronte di Giuseppe Marano -  (almeno ce lo auguriamo)Caro Vittorio voglio darti subito la bella notizia.
Il cane che ho trovato qualche giorno fa nel parcheggio MD di Montella, con la vistosa ferita in fronte, cui gentilmente hai dedicato spazio nel tuo giornale, è stato trovato e ricoverato.
Me l’ha comunicato il Comandante della Polizia Municipale Iannélla da me informato e pregato di volersi adoperare per assicurare alla povera bestia le cure e la protezione necessarie.
E’ stato ricoverato e spero vivamente che ce la faccia e venga poi sottratto alla incombente minaccia di bastonatura, stavolta finale, mortale, anche per la rabbia da parte del massacratore di vederlo quasi provocatoriamente, sopravvissuto alle sue mazzate.
Dovete penetrare i capillari della psicologia maligna! Ma lasciamo stare…qualcuno benpensante dirà che la mazzata è tutta da provare, che è frutto della mia malevola prevenzione,,, insomma dirà quello che vuole, Vittò, è…democrazia, dirà che ha fatto lo scontro con una macchina…
Ma io da piccolo sono abituato a vedere e riconoscere gli effetti devastanti raccapriccianti delle mazzate ‘nfronte su questi poveri animali…con fenomenale sadismo ho visto pigliare a mazzate due di questi poveri animali colpevoli di…. amarsi al punto da restare attaccati, da desiderar di diventare… un corpo e un’anima! Altro che “cristiàni”! Quale amore più ggrande!
Potevo avere 7 anni. Pe’ la via re Suorio… “Uàrda sti fetienti come so’ ‘ncatastati! Mo’ te re ccònzo io!” e giù una mazzata con sogghigno sadico compiaciuto a…dilacerarli! Ricordo, pardon, con orrore le goccioline di sangue sulle pietre della strada! Non c’erano ancòra i cubètti!
Ricordo pure che si divertivano a confrontare distinguere le espressioni: a Suòrio si diceva “‘ncatastati” mentre a Bbotoràla “ ‘ncasteddàti”, e noi a bocca aperta come bocchèli.
In un mondo dominato da un assolutismo egoisticamente e biecamente antropocentrico, caro Vittorio, mi commuove (son sicuro unitamente a te) riscontrare questi atti di nobiltà spirituale da parte di tutori dell’ordine, quale il Comandante Iannélla, che pur oberati dagli infiniti problemi della comunità, riescono a trovare l’ “humanitas” francescana per questi veri “ultimi”.
Che dirti Vittorio speriamo che ce la faccia il nostro animaluccio, che adotterei senz’altro, ma già ne ho troppi…vorrei essere un Totò, una Briggìtta Bardò, un Alèn Delòn ma solo per avere i loro soldini (senza invidia) per poter mettere a disposizione dei veri “amici” tutto quello che serve perché vivano tranquilli. Non pretendono molto.
Ovviamente per rispetto verso di te (e per quanti hanno a cuore le sofferenze di questi ultimi abbandonati bistrattati presi a mazzate avvelenati ecc. “perché danno fastidio”), ripeto, per rispetto verso di te e pochi altri, non posso dire che farei, potendo, (ricorda che sò bbiécchio!) se dovessi vedere qualcuno in atto di colpire questi inermi. Non per rispetto verso di me che da giovanotto “mi son cacciato” il porto d’armi per motivo d’onore tra amici e parenti.
A poco vale l’attenuante di non aver mai sparato a un ciggnàle pur partecipando a tante battute negli anni ruggenti.
Giuseppe Marano

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I Misocini di Giuseppe Marano

I MISOCINI (=nemici massacratori e avvelenatòri di cani)  Vittorio purtròppo mi devi sopportà se nel giro di qualche giorno (dopo tanto silenzio, che è sempre vicinanza compresenza, mai distanza) ti mando nuova lettera, spero non una rottura, ma che vuoi fare la vita è ribelle a ogni programmazione si impone con la sua legge, insomma t’arriva na doppietta, na bbòtta rinto l’àta… Scusami pure il titolo strambo di conio velleitariamente classico (= il contrario di CINOFILI). Pecisiamo MISOCINI non MISOGINI! Mangalicàni!

Stamattina bellissima sorpresa (rivelatasi subito bruttissima) nel parcheggio di un supermercàto. Sai sono diventato amico dei fedeli quadrupedi, ci sono intellettuali di grido, che spégliano, che si convertono ad Hallà, io più modesto m’accontento di poco, per dirti che dopo tanto tempo ho rivisto uno dei miei amici randàgi, le sue presenze rare e perciò per me preziose, sono episodiche insomma si fa vedere dopo un mese e più…Stamattina l’ho trovato, ma da lontano ho notato in fronte una grossa macchia scura, mi sono avvicinato un poco (si allontana ha paura (e ne ha ben d’onde!)) ed ho notato una grossa bbrutta cicatrice incrostata in fronte, insomma ‘na jàcca, dicevano a Ssuòrio, “una zaùkka” avrebbe detto mia madre, evidente effetto di una “letranganàta” affibbiata “cò tutto lo sàngo a l’uòcchi” con tutto il sangue agli occhi. L’essere vivente (purtroppo) che l’ha colpito non può capire che è l’animale più innocuo di tutti per niente molesto, si tiene a rispettosa “impaurita” distanza.

Caro cagnolone che, nonostante la botta conservi la tua composta dignità con tutto quel ruognolo deturpante il faccino, hai avuto solo paura, non hai provato odio (privilegio nostrano) per chi ti ha dato la mazzata e ti considera colpevole solo di vivere.
Non mancherà lo sciabbolardèo chic (un po’ come i radical salottieri) che penserà (ma non dirà), o dirà (ma non penserà): “Ma come con tutto quel macello di guerra la strage degli innocenti 1500 israeliani bambini uomini donne vecchi straziati decapitati ‘nfornati vivi e 8000 e più palestinesi massacrati seppettiti robbrecati vivi dalle cannonate israeliane, sto fessa re prèsito vai a penzà a no cane ch’ha acchiappato na mazzata ‘nfronte!”…io sono il primo che inorridisco ed esecro condanno pure io con tutto il sangue agli occhi (ma all’inverso del lercio che ha massacrato quella povera bbèstia) questa strage come quelle di tutte le wèrre ma che significa sto… “peggialtrìsmo”! tutto il mondo stampato e video e in carne ed ossa giustamente lo sta facèndo, ma ciò non toglie che pure queste povere bestie che non hanno nessuno che le pensa, meritano un…pensiero. Ebbene che dirti se non ricordare il contrappasso dantesco …: “ammazzàrlo” in senso etimologico: “na tercetoràta” impeccabile ….potendolo fare… me ne andrei più lieve… nell’aere (“e chi si face mangià ra li viermi sottatèrra pe’ fa piacere a la riliggiòne che è ccontro la cremaziòne”, non si capìsce perchè. Non ti nascondo che ho un po’ di paura a denunziare alle FORZE il fatto per maltrattamento agli animali perché, non sia mai Ddìo il responsabile lo viene a sapere,,, che rimuginerà nella sua mente maligna?: “Ah! Lo prèsito tene sta passione pe’ sti fetienti r’animali,,,e mò te lo cònzo io!” e invece della mazzata lo spara proprio! Perché voi troppo buoni ingenui! non conoscete la perversione reattiva o (palindromo) reattività perversa, incommensurabile, di questi soggetti dove arriva!
Lo può capire solo uno che è più fetente di loro!
Aveva ragione Moravia: IL PIU’ CONOSCE IL MENO! A proposito che se n’è ffatto questo Maestro di scrittura!? La sua scrittura fa il miracolo di farti vedere le cose, scorre purissima come l’acqua di una polla del Terminio, da bere e …“addicriarsi”: “acqua corrente vìvi e no’ tremènte” = acqua corrente, beni senza guardare! Non se ne parla più di Moravia! E tutto sommato è…sintomatico della…situazione! Ciao Vittò

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Come te la scuòrdi ‘sta ‘Mmacolàta ?! di Giuseppe Marano

Come te la scuòrdi ‘sta ‘Mmacolàta?! di Giuseppe Marano Caro Vittòrio! Scusa se ti scrivo ogni mòrta re papa (tra parèntesi: a Suorio dicono mòrta, a la Chiàzza dicono morte! Ricchezza linguistica. Almeno quella!); tu sai che non ti scrivo a bèllo ggènio, quànno mi schòcca ‘ngàpo, ma solo quando succede ‘na cosa gròssa, che può essere un po' importante e utile pure per gli altri;
non mi interessa la lagna personale (la nostra letteratura strabocca di piagnisteo!).
Ma veniamo a noi: come te la scuòrdi ‘sta ‘Mmacolàta?! L’ 8 dicembre scorso.
Te la faccio corta: dopo aver preso una comprèssa non riesco più ad andare a bagno: blòcco urinario. Due di notte. Mi vedo perso.
Che fai? Solo chi c’è passato può capire. “Qua sotto c’è la guardia medica!”. Ci vado subito. C’è una giovane dottoressa, espongo il problema sottolineando la necessità impellente di un catetere e subito mi gela: Non posso metterlo(!) dovete andare al Pronto Soccorso più vicino.
E chi t’accompagna? Nessuno in famiglia è in condizione di accompagnarmi, e non sentendomi di guidare, chiamo un amico che svolge servizio di accompagnamento co la macchina, ma lui e tutti gli operatori purtroppo sono impegnati.
Mi vedo costretto a…portàrmi da solo al PRONTO SOCCORSO più vicino: Sant’Angelo Lombardi, ove mi apre un infermiere giovane il quale sentendo il mio accidente mi gèla per la seconda volta: non c’è il reparto di UROLOGIA, però, avvertendo l’urgenza del problèma, sembra improvvisamente disponibile a mettermi il catetere, MA un vocione, con inflessione vocale velletariamente partenopea, lo sorprende alle spalle: “E chi s’ ’a pìgl’ ssà rescponsabilità!?” (= “e chi si prende questa responsabilità!”): dev’essere un collega più anziano che dall’interno quasi lo rimprovera. “Deve andare al PRONTO SOCCORSO, a Ariano o Avellino!”.
Questo il secondo “soccorso”: quello di Santàngilo.
Non ce la fàccio a replicare e, devo anche cercare di tranquillizzare il familiare che m’accompàgna. Un’altra stampìta per Avellino? E chi ce la fa!
“A pena” (il caso di dire) faccio ritorno a casa dove un familiare chiama il Servizio Infermieristico H 24 (!) per avere un operatore a domicilio, risposta: “Signò so’ re quàtto re notte!”, a significare l’antifona: “Ma tu ha’ pèrsa la capo!”= nessun operatore disponibile, nonostante la formula chimica: H24.
Chiamiamo il 118: miracolo, un barlume di voce umana accorda l’invio di un’ambulanza che dopo poco arriva, due infermieri professionali, compìti, svolgono con cura il loro intervento.
Il mio ringraziamento va a loro.
Eccezione alla sofferta regola: vilipendio della sofferenza.
Caro Vittorio se la sincerità è per gli amici, ti ho scritto senza alcuna speranza…migliorativa; per carità le dovute eccezioni sono d’obbligo: <<exceptis excipiendis>> = …fammelo dire in latino, se no, che l’ho studiato a ffà per tant’anni? Per scoprire la “luna re Nàpoli”? -come dicevano i mitologici sorevesi di Nànzi la Cupa.
Mi stavo dimenticando un piccolo corollario. Qualche giorno fa vicino alla posta incontro un vecchio amico: -Come stai Peppì?- Come non raccontargli la fresca storiella. Segue il mio racconto non meravigliato, e sono io che me ne meraviglio; mi dice: -Mi fai rivivere quello capitato a mio padre 28 anni fa stesso posto. Non c’era chi gli mettésse un catetere! Dovetti accompagnarlo ad Avellino!- Mentre parlava ricordavo un detto nostrano: “Guard’ a li uài re l’àti ca s’addòrcano li tua”, scoprendone l’egoismo di fondo: l’insensibilità o meglio il sollievo per i mali altrui!
Sparo qualche bbòtta di ricorso, esposto-colpo a ricerca di calore ai… Capaddòzi? Ma che ne cavo, povero féssa! I Di Pietro, i Borrelli & C. che fine hanno fatto? Saranno cancellati dalla storia perché colpevoli di essere anticorpi.
Qua non ce vòle la zéngara o un principe del foro per capire che sono stato, con pregnanza simbolica, vittima di “omissione di soccorso”, ma non da parte di un passante che mi trova a terra, ma da un servizio nazionale che deve soccorrere la tua salute. Caro Vittorio, ma…a che gioco giochiamo?!
Ti saluto aff.te
Giuseppe Marano

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Mabel di Giuseppe Marano

MABEL (Il veleno rotola in pallottole di carne per via S. Michele-Variante-Toppo di Panno)  - Queste mie parole voglio dedicarle ad una mansueta cagnolona che chiamavano Mabel prima amica “affettuosa” di Pippo, in ricordo, impossibile risarcimento, della sua brutta fine.    Salivo ogni mattina presto per l’antica via del Montesorbo che porta a Panno ed appena sbucavamo sulla Variante la cagnolona dava un balzo da lontano per venirci incontro (se ne stava acquattata nei pressi delle case del Toppo di Panno).

Non vi dico la festa e la felicità con cui accoglieva Pippo che si sfrenava pure lui in frenetiche effusioni.

Non accettava crocchette, pur buone, le bastava e superava, volerci bene: ci accompagnava per lungo tratto della Variante fin giù nei pressi del professionale dove allora stavo, veniva fin sotto la porta ma non si permetteva di entrare educata discreta, per poi contenta riprendere la via del ritorno. Questo per molti anni tutte le mattine fino alla brutta telefonata di inizio dicembre ‘19.

  Un amico mi disse che l’avevano avvelenata al Tòppo di Pànno. Qualche giorno dopo mi diede una sua bella fotografia con lo sguardo pieno di felicità di vivere che consisteva in poco/tutto per lei: nel voler un bene semplice incondizionato, che non chiedeva alcun ricambio.

Ho fatto pure denunzia ai CC…ma a che serve? Devi pregare solo il Padreterno di farti trovare il soggetto mentre imbandisce la strada di succolenti bocconcini…

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IL CANE DI EUPOLI di Giuseppe Marano

M’è capitato già due volte, spero non mi capiti più, di vedere questo spettacolo lacerante; per questo lo scrìvo se può servire a qualcosa -ma non ti nascondo che ne dubito forte-, ecco lo spettacolo: un povero cane che insegue disperatamente la macchina del padrone incurante di “farlo schiattare in còrpo”, come se fosse strascinato! Al di là della sensibilità che uno non si può inventare: se ce l’ha, ce l’ha, se non ce l’ha, non ce l’ha, ma qua si tratta di un reato che, sia pur timidamente, l’impianto làsco e permissivo della nostra legge, comprende!

Ed invito chiunque a segnalare a chi di dovere se si dovesse malauguratamente trovare ad assistere a tale strazio, perché la civiltà come rispetto per questi esseri non dev’essere appannaggio esclusivo di Svizzera, Danimarca, Regno Unito, per citarne alcuni…Ci sarà un perché se quelle scene mi evocano altre più terribili della mia infanzia quando vedevo con condivisione di sofferenza (chiamiamola in antico “simpatia”) quei poveri “ciucci” stracarichi di roba arrancare penosamente alla salita e di sera sprizzare dai ferri scintille viva espressione della loro sofferenza,,, guai se scivolavano sulle pietre lisce ed “attonnàte” da immemorabili corsi d’acqua, divenuti poi strade! Quelle belve innominabili dei “padroni” si accanivano con rabbia indicibile e furia bestiale a calci sui poveri animali stremati sconfitti massacrati dal peso dalla fatica! Veramente nzuòrri, gentaglia da fossa comune, anzi mi viene un’espressione sorevese di potenza dantesca più calzante: che “nonn’è bbòna manco pé ccòta.”
Non solo, ma corre voce credibile (da persone che ‘non dicono bugie’!) che da qualche parte non lontana impiccano i poveri cani tartufari colpevoli secondo i barbari “padroni” di non trovare adeguato bottino.
A questo punto vi voglio raccontare un episodio truce ma a miracoloso lieto fine di un amico degno di ogni credibilità. Correva l’anno 2013 e lui andava al suo solito a piedi alle Vitirala quando venne sorpreso da flebili guaiti, una immagine raccapricciante: un cane taglia media si dibatteva disperatamente ad una fune che lo teneva impiccato. Lo libera subito gli fa un massaggio per un tempo interminabile, l’animale si riprende e lo lascia libero quando lo vede sicuro sulle sue zampette. L’amico concluse il racconto dicendo: “Ma tu dove credi che andasse? Si ritirò sicuramente a casa dal “padrone assassino”. Ed io sperai (e spero) che quella “bestia dis-umana” non avesse ammazzato in un impulso di rabbia funesta, il povero animale colpevole di essere sfuggito per miracolo alla condanna a morte. Inutile dire che dovessi pescare un soggetto del genere (meglio degenere) in atto di compiere questo misfatto, potendo (=trovandomi fra mano un “osso di prisùtto” -caro Nàndo!-) lo ammazzerei (per questa dichiarazione frallàltro m’hanno “scancellàto” da Facebuk, senza sapere che piacere m’hanno fatto!).
A contrappunto ed antidoto vorrei ricordare un semplice ma profondo toccante brano di uno scrittore greco che insegnò a Roma, secondo-terzo sec. d. C., dal nome Eliano, che le antologie ricordano col titolo: “Il cane di Eupoli”: Al poeta di commedia Eupoli, Eugea di Eleusi dona un bel cucciolo di molosso ed Eupoli lo chiama Eugea proprio come chi glielo ha donato. E così il cane di Eugea coccolato con tanto amore ed attenzioni e viziato con i cibi più squisiti, si affezionava enormemente al padrone. Un giorno un suo compagno di servitù rubò un dramma di Eupoli, ma non passò inosservato al cane che, avventandosi al ladro del libro e mordendolo senza risparmio, lo uccideva. Qualche tempo dopo Eupoli concludeva la sua esistenza in Egina ove veniva sepolto: il cane ululando e lamentandosi continuamente si lasciò consumare dalla sofferenza e dalla fame fino alla morte odiando il resto della vita che gli rimaneva. E il luogo in ricordo di quel dolore viene chiamato “Il lamento del cane”>>.
<Per dire che già nel mondo antico si trova una grande sensibilità animalista che avrebbe tanto da insegnare pure oggi nel nostro mondo moderno. Un amico mi ha raccontato un episodio che ha una impressionante affinità col …Cane di Eupoli. Non meno toccante. Ad attestare l’universalità del sentimento che non conosce barriere di tempo. Se può interessare ve lo racconterò

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OPEN DAY: TERZA DOSE (da incubo) di Giuseppe Marano

Vorrei segnalare alla Vostra attenzione, alla comunità montellese e soprattutto alle Autorità preposte, quanto successo ieri al Centro Vaccinale ASL Montella. 
Con molti ringraziamenti porgo i migliori saluti Giuseppe Marano Montella AVQuello che è successo ieri (sabato 27-XI-’21) al centro Covid ASL Montella fa saltare l’asticella del grottesco e dell’horror dei racconti di Poe. Cartello ben in vista: VACCINAZIONE dalle 14 alle ore 20. Ci rechiamo con un amico con la tranquillità compatibile con l’dea non piacevole della…puntura. Sotto pioggia lunghissima fila di vaccinandi diretta verso il padiglione, già qui, inesistente la prescritta distanza interpersonale. Ma il caos astronomico, l’orribile spettacolo, non visibile all’esterno, si è spaventosamente presentato all’ingresso del padiglione antistante il Céntro Sociàle, una sorta di “nuova edizione riveduta e corretta” delle nostre gloriose Forche Caudine! Mega-serbatoio diffusivo di virus: un assembramento farnetico, altro che distanza di almeno un metro fra persone, ogni tanto in fondo alle quinte appariva talora una figura tragica freneticamente gesticolante che impartiva gridando inascoltate incomprensibili raccomandazioni; considerazione “banale” (!): uno viene nel luogo sanitario preposto a combattere il virus e trova invece questo luogo come centro di diffusione e di contagio del virus che si vuol combattere con la vaccinazione! Nessuna organizzazione ordinata dell’accesso, nessuno ad assicurare la fila di persone vaccinande opportunamente distanziate secondo le norme strombazzate da anni echeggiate anche dalle pietre: caos totale. Un amico ha chiamato prima il Comune, nessuna risposta, ha chiamato quindi i CC che di lì a poco sono intervenuti non so con quali risultati perché sono uscito quando dopo un’ora si è appreso che le dosi non bastavano per i presenti. Insomma ci si chiede di chi la responsabilità di questo abbandono alla improvvisazione istintiva per una operazione di massa così importante riguardante la salute e la vita delle persone! Insomma ci voleva ineludibilmente un servizio d’ordine da parte di figure preposte a disciplinare l’accesso: Polizia Municipale, CC, Forze dell’Ordine insomma, magari, perché no, coadiuvate dalla Protezione Civile (dal nome promettente aiuto). Macchè, grave incuria logistica: prevaleva sulle Forze dell’Ordine, la Forza Oscura del Disordine.

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L’hanno angappàti ?!?!”

un accalappiacani cattura un animale randagio Qualche sera fa durante la solita passeggiata nella zona indistriale, nei pressi di uno stabilimento lavorazione plastica, i due “amici” paciocconi non sono venuti incontro a salutarci (per lo più non accettano crocchette: c’è già qualche mano generosa che ci precede) son felici di qualche carezza e

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"L'APPOGGI BORNES" di Giuseppe Marano

Appoggi BaumannVe la ricordate la palestra della scuola media, quella d'una volta? Sembrava un'officina scura, là facevamo educazione fisica con professori che ci son rimasti impressi nel ricordo, che è come dire nel cuore perchè è incluso pure nella parola ri-cordo. Vabbè, anni cinquanta quelli della... gallina canta e cantava pure la viola della filastrocca perduta. I professori: Carmelino Bettini, il primo anno...poi venne il prof. Chiaradonna Gerardo (se non ricordo male il nome). Ci hanno dato molto, almeno a me. Come i semi del fuoco annidati e diffusi nel legno divampano fuori se accesi, così i ricordi se evocati da qualcosa. Il qualcosa è stata per me 'na sciuculata fortunatamente "a buon fine" sulla neve. Non sono uscito per sfizio. Dunque prendendo di liscio, mi son balenati per un attimo gli "Appoggi Bornes", e in uno sprizzo di riflesso condizionato, come lo chiamano mi pare i sapienti di psicologia, ho proteso le (ALL'INTERNO IL COMMENTO DI SALVATORE CIANCIULLI )

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Castagne... "Dalla ottima vista" (di Giuseppe Marano)

Cotti in CastagnaCaro Vittorio il titolo è un indovinello facile che però pone interrogativi difficili. Vediamo un poco. Sarà che al di là di tutti i separatismi voglio vedere un contatto fra nord e sud, sarà che non mi sento lontano nonostante la distanza geografica, ti mando qualche noterella piemontese sul tema che ci sta più a cuore al nostro paese: le castagne, che, come vedremo, ci assicurano un bel

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Le manette invisibili - lettera aperta al Sig. Sindaco (di Giuseppe Marano)

Bollette acqua impazziteEgregio Sindaco, mi rivolgo a Lei all'inizio ed alla fine, “alfa” ed “omega”, perché nella sua autorità rappresentativa di una comunità, voglia prendere a cuore il fatto in argomento in cui entro a piè pari. Da 11 euro a trimestre in due camere a Sorbo dove acqua non se ne consuma, improvvisamente 

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Comizio in treno, fuori programma (di Giuseppe Marano)

TrenoCaro Vittorio non sono un "programmatore", l'abbuffata delle programmazioni scolastiche m'ha vaccinato bene: l'elettrizzato entusiasmo d'inizio anno che poi ha tutto il tempo per normalizzarsi. Non te la piglià quindi se ti scrivo quando mi capitano occasione e ...genio.Tornavo dal nord dopo essere stato un po' da familiari in una casetta annidata fra gli alberi di una bella collinetta in vista

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L'acqua mi provoca (di Giuseppe Marano)

Mi rivolgo a Renato... perchè è uno che ci soffre più di me per questa... "schifezza di cose" Caro Renato, come vedi l'intervento di Di Cicilia è potenzialmente devastante, basta toccare un po' sotto le sue delicate parole e... si salta per aria! Perché, anche se non esplicitamente (il furbacchione

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Riflessione del geologo Giuseppe Liotti scaturita dall'articolo di Giuseppe Marano

Torrente in pienaC'è una potenza nelle vostre parole superiore a quella dei filetti idrici impetuosi del Sorbitiello in piena. Asseriva il prof. Massimo Civita, pioniere della struttura geometrico-giaciturale dell'intero Massiccio dei Picentini dagli anni '70, che prevenire costa 10 mentre curare a disastro avvenuto costa un milione. Tuttavia col verificarsi degli eventi "calamitosi" (che costituiscono avvenimenti idrogeologici naturali) spesso si ricorre a giustificazioni

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La galleria di Montemiletto... di Giuseppe Marano

galleria trenoCaro Vittorio, ho letto bene dal tuo notiziario di prima mattina? Se si, apprendo con piacere (ed anche con un po' di delusione per il ritardo!) che il Sindaco ha deciso di prendere posizione di petto sullo scandalo del Comune "nuovo" (!) che, nonostante da anni stia letteralmente e lentamente cadendo scocchiolato, non ha destato finora, tranne

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Giornale on-line di Giuseppe Marano

Giornale on lineVitto' scusa, ma oggi ci mancava sta provocazione! Su Facebbùc! No' lo devo leggere più! Ma come sai, non mi faccio usare, almeno questa è l'intenzione, lo uso per sgranchirmi un po'...la capo e manovrare un po' le parole Che ci resta? Ma veniamo a noi...Oggi che ti leggo? LA FORNERO ATTACCA DI NUOVO GLI ITALIANI: "Sono scansafatiche

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