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Al Lingotto di Torino Il libro di Graziano Casalini " Raccolta di scritti su montella.eu"

Al Lingotto di Torino Il libro di Graziano Casalini " Raccolta di scritti su montella.eu" Il giorno previsto al Salone del Libro di Torino è il 13 maggio

 

 

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Come si viveva a Montella negli anni 40-50 del XX secolo di Graziano Casalini

Come si viveva a Montella negli anni 40-50 del XX secolo - Quali erano le condizioni di vita del popolo montellese dopo il 24 settembre 1943, giorno della liberazione del paese, quando sbarcati a Salerno, arrivarono gli eserciti americani e quelli dei paesi alleati a cacciare le truppe degli invasori tedeschi? Certo non si può dire delle migliori, ma accettabili rispetto alle condizioni generali disastrose della intera nazione, attraversata dallo tusnami della guerra, dichiarata e affrontata con scellerata presunzione dal governo Mussolini a fianco della Gemania di Hitler.
Montella non subì tutto quello che subirono tanti altri paesi e città italiane, a causa dei combattimenti fra le truppe tedesche e i corpi degli eserciti alleati. Vi furono paesi e interi rioni di città, quasi rasi al suolo, con intensi bombardamenti, nel tentativo degli anglo-americani di sloggiare le truppe tedesche dalle loro linee di fronte che a loro volta ritirandosi, distruggevano fabbriche, infrastrutture, vie di comunicazione, minando tutti i ponti sui vari fiumi, con l'intento di bloccare o ostacolare in ogni modo l'avanzata e la forza d'urto alleata.
A seguito della ritirata, i tedeschi, sequestravano tutti gli uomini validi, trovati liberi, si appropriavano di tutti i beni e cose delle popolazioni, compresi i capi di bestiame, per il loro aiuto e sostentamento. La morte di alcuni militari tedeschi, veniva vendicata per rappresaglia con uccisioni e fucilazioni di cittadini inermi e innocenti, nella proporzione di uno a dieci, cioè, ogni soldato tedesco ucciso avrebbe comportato l'eliminazione di dieci uomini civili italiani. In alcuni casi, come a Marzabotto, i tedeschi fecero stragi di vecchi, donne e bambini.
Gli orrori della guerra toccarono solo marginalmente la cittadina di Montella, causando comunque danni economici, comuni un po' ovunque in Italia. Il contingentamento dei generi alimentari di prima necessità, con distribuzioni limitate e a tessera, mettevano in sofferenza molte famiglie, in particolare quelle numerose e quelle che non possedevano terreni agricoli produttivi. In quel periodo a Montella, nonostante tutto, molte famiglie, vivevano dei proventi della vendita dei raccolti della frutta, delle castagne, e di tutti i prodotti agricoli della terra, grano, granoturco, patate, fagioli, ecc. ecc. eccedenti al loro fabbisogno.

Chi non possedeva terreni, cercava di sostentare le famiglie allevando animali da cortile, capre, pecore, maiali, mucche podoliche, producendo anche discrete quantità di latticini, caciocavalli, ricotte, scamorze, e mozzarelle, eccellenti risorse alimentari. Altre famiglie si potevano avvantaggiare disponendo di terreni e allevamenti vari.
Chi proprio si trovava in povertà, non aveva altro che sperare in alcune giornate di lavoro bracciantile, nel periodo dei raccolti, necessarie a chi ne aveva bisogno, ma solo per brevissimi periodi. In paese esistevano negozi di tutti i generi, da quelli alimentari dislocati anche nei vari rioni, alle tabaccherie, ai negozi di tessuti e confezioni, casalinghi, ferramenta, elettrodomestici, Montella aveva anche numerose botteghe artigiane di: sarti, calzolai, barbieri, falegnami ecc. Nel dopoguerra le famiglie con scarse risorse economiche, non riuscivano quasi mai a pagare le spese all'acquisto, per cui molti esercenti in special modo quelli che vendevano gli alimentari facevano credito, usando il sistema di un libretto su cui venivano segnati gli importi delle spese, che comunque venivano regolarmente pagati dai debitori solo in determinati periodi dell'anno, quelli della vendita dei raccolti e quelli in cui c'erano più giornate di lavoro da fare.
Qualche piccola industria, legata alla produzione del legname, e alla fabbricazione delle bibite dava lavoro solo a pochissime persone. Di queste condizioni, nessuno si lamentava e cercava, tutti i modi possibili per riuscire autonomamente a sbarcare il lunario. Nei vari rioni la socialità era una delle cose più belle che in quei tempi esisteva, ognuno si preoccupava e condivideva in vari modi, le difficoltà, i problemi, le disgrazie degli altri, come se il rione fosse tutta una famiglia. Le abitazioni, molte delle quali erano state danneggiate dai ripetuti terremoti del passato, erano per lo più fatiscenti, quasi inabitabili, durante i freddi inverni la vita in quelle case, era ancora più dura.

Quando la neve ricopriva tutto per intere settimane, in ogni casa, per fortuna non mancava mai un grande camino sempre acceso e nemmeno la legna da ardere, gli ambienti principali venivano riscaldati a sufficienza. Molto peggio si trovavano gli abitanti delle città grandi come, Napoli, Salerno, Avellino ecc. dove anche le famiglie ricche non riuscivano ad acquistare generi alimentari prima necessità, per questo dovevano sottostare ai prezzi esosi e speculativi di un mercato nero fiorente. Alle famiglie povere cittadine, non rimaneva che mandare dignitosamente a mendicare i loro figli nelle campagne, come succedeva in quei tempi a Montella, dove si vedevano bambini davanti ai portoni a chiedere un pezzo di pane, una frutta, qualcosa da mangiare per combattere la fame e andare avanti.

Si può dire che a Montella, la guerra negli anni successivi, portò, come ovunque in Italia, i problemi comuni di un paese che quella guerra aveva persa, ma con conseguenze meno pesanti per i suoi abitanti, per la posizione favorevole, per le risorse naturali e soprattutto per l'operosità di tutti, mai venuta meno. Purtroppo, non ci fu lo sviluppo previsto, come quello verificatosi nelle zone dove si trattava di ricostruire tutto quello che durante la guerra era stato distrutto. La mancanza di lavoro, causa di disoccupazione e di conseguenza di povertà, costrinse o indusse tanti uomini validi e poi le loro famiglie, ad abbandonare il paese. Andavano ad ingrossare le file di quelli che emigravano, per ragioni economiche, in nazioni europee, oltreoceano e al centro-nord Italia, a fare là i peggiori lavori di cui quelle comunità avevano bisogno. In quei tempi i migranti, contribuirono con le loro rimesse in denaro, ma anche inviando capi di abbigliamento, ad aiutare un numero importante di familiari paesani rimasti.

Col tempo la situazione economica di Montella, per diverse ragioni, comuni a tutto il sud, è rimasta legata all'agricoltura, alla castanicoltura, all'allevamento, e dopo il terremoto del 1980 al rinnovo, al recupero e alla ricostruzione del patrimonio edilizio.

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Passa il Natale ma l'egoismo rimane di Graziano Casalini

Passa il Natale ma l'egoismo rimane . E' passato Natale, il periodo più importante per le feste della nostra religione, un periodo di generosità di scambi di regali, di buoni propositi per il futuro, tutto quello che ogni Natale quando eravamo bambini promettevamo scrivendo una letterina ai nostri genitori, da leggere prima dell'inizio del pranzo natalizio. Le belle intenzioni, le grandi promesse, però in pratica, durante il nuovo anno, molte volte, queste venivano in parte disattese, e perché? Perché tutti noi umani abbiamo un gravissimo difetto insito nel nostro DNA, siamo egoisti. Ed è da questo difetto che scaturiscono tutti i problemi dell'umanità. A sostegno di questo posso descrivere il comportamento egoistico di bimbi piccolissimi, che non essendo ancora in grado di parlare e di riflettere su il loro modo di essere, si litigano le prime cose necessarie alla loro vita e sopravvivenza: il ciucciotto, il cibo, i giocattoli, e altre cose che a noi sembrano banali. Crescendo, questo grosso difetto viene limitatamente tenuto a bada e sotto controllo dallo sviluppo dell'intelligenza, ma negli adulti rimane alcune volte rovinosamente a prevalere sulla ragione. Anche le società, giuste, o sbagliate, che gli uomini in tutto il mondo si sono costruite, inducono ad agire a favore degli interessi personali e delle stesse loro comunità, provocando da sempre conflitti insanabili e guerre, anche fraticide. Nei paesi dove le leggi si ispirano alla migliore delle democrazie, si riscontrano delle gravi incongruenze, disuguaglianze, ingiustizie. Il comunismo, ( predicato anche da Gesù Cristo), nato da una rivoluzione del popolo affamato dagli Zar possessori di immense ricchezze e edificatori di cupole d'oro, è rovinosamente crollato, perché le parola comunismo è l'opposto di egoismo. Nel mondo prevale oggi il capitalismo, basato su un consumismo sfrenato, che si manifasta, sempre, ma in particolare in occasione delle feste natalizie, usate allo scopo di far girare l'economia, sotto la formula: + consumo + lavoro + ricchezza, insomma, il gatto che cerca sempre più velocemente di mordersi la coda, senza riuscirci. Però alla fine di questo ciclo, che io definirei perverso, la ricchezza va a finire quasi sempre completamente tutta nelle tasche di pochi uomini società di uomini, che inevitabilmente, lasceranno la stragrande maggioranza delle popolazioni mondiali nella povertà o costretta a vivere alla giornata fra mille espedienti. E' risaputo che chi più ha, più vuole avere, e non è egoismo questo? Sarà difficile, prima controllare, e poi, indurrre a un cambiamento radicale questo ingiusto sistema, perché tenuto in piedi, sviluppato e consolidato dagli uomini più potenti della terra, capaci con le loro politiche furbesche e i loro enormi arsenali e armamenti di contrastare qualsiasi movimento contrario ai loro interessi, invadendo anche, come sta avvenendo da più di un anno in Ucraina e oggi con il conflitto israelo-palestinese, che coinvolgono popolazioni civili con tanti morti e danni materiali incalcolabili. Vogliamo dire che il Natale è una festa di serenità, di solidarietà, di fratellanza, però non per tutti, e subito dopo torniamo alle solite meschinità e ai soliti egoismi di sempre. Un problema è quasi sempre legato ad un altro problema, e cioè quello attualissimo dei cambiamenti climatici, indotto, a mio avviso da questo sistema molte volte predatorio e non curante delle catastrofi e dei danni, che in futuro potrà provocare. Molte volte le guerre fra popoli e nazioni scoppiano per contendersi territori o porzioni di questi, in modo allargare i domini la dove ci sono ricchezze e grandi risorse naturali. Rispetto al tempo infinito, la lunghezza della nostra vita non è che meno di niente, e allora perchè per così poco, dobbiamo essere sempre egoisti, con noi e con i nostri simili ?Sperando sempre in un mondo migliore per tutti, in cui l'egoismo sia tenuto sotto controllo in modo positivo dal buon senso, non mi resta che augurare ai lettori credenti e non credenti, un futuro di pace di salute e di serena convivenza. Per montella.eu

Graziano Casalini

 

 

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Il Natale e una storia di Miseria di Graziano Casalini

Il Natale e una storia di Miseria di Graziano Casalini - Una vecchia storia di Natale, era l'anno 1950, io avevo otto anni, vivevo con i genitori e mia sorella più piccola, che aveva solo cinque anni, in una antica casa in affitto nella bella campagna, sulla riva destra del fiume Arno, in un piccolo borgo chiamato Osteria, tagliato in due dalla via provinciale Lucchese o Francesca, che collegava il paese di Empoli a quello di Fucecchio, in Toscana, i due centri più vicini facilmente raggiungibili con i mezzi allora disponibili, quasi esclusivamente biciclette, motorini "mosquito", qualche rarissima auto "topolino o balilla" alcune motociclette, poi i barrocci trainati da un cavallo usati per ogni tipo di trasporto merci e i mezzi agricoli, carri trainati dalle vacche ad uso esclusivo dei contadini per il trasporto da e per le coloniche di tutto quello che erano i raccolti dei poderi e i vari attrezzi per lavorare la terra. Alcune carrozze decappottabili e piccoli calessi, in dotazione alle famiglie di ricchi proprietari terrieri si vedevano transitare in modo spettacolare, per noi piccoli bambini, sulla via provinciale, suscitando quella che oggi si definirebbe invidia.

La grande maggioranza dei compaesani viveva con ciò riusciva a produrre nella coltivazione dei terreni col sistema allora molto diffuso della mezzadria. Dopo la seconda guerra mondiale, la miseria attanagliava più o meno tutte le famiglie paesane, soprattutto quelle non impegnate in agricoltura, i lavoratori delle fabbriche erano quelli che dovendo comprare di tutto, soprattutto il cibo, ma anche il rimanente necessario per vivere. Le fabbriche non si erano ancora riprese del tutto dall'evento bellico, e gli operai dovevano per alcuni periodi rimanere disoccupati. In alcune famiglie anche le donne, oltre che alla cura della casa cercavano di guadagnare qualcosa facendo le trecciaiole o le rivestitrici di fiaschi. Comunque, insieme alla povertà c'era tanta tantissima dignità, e non passava giorno che anche il più miserabile del paese, si facesse vedere ben vestito alle varie feste religiose, messe e funzioni varie celebrate dal nostro Parroco nella bella Chiesa di S.Maria Assunta, oppure alla Casa del Popolo " il diavolo e l'acqua santa" dove oltre alle riunioni di partito, vi erano tutte le sere appassionate discussioni sulle varie partite di calcio di cui si ascoltavano le radiocronache la domenica pomeriggio.

Un giorno alla settimana, si riunivano i tanti cacciatori a raccontare ognuno le proprie avventure venatorie, c'era poi il solito gruppetto di giocatori incalliti che per poche lire passavano ore e ore a giocare a carte e a biliardo, quasi tutti fumavano le sigarette di allora, senza filtro oppure fatte a mano con la scatoletta del tabacco e le cartine, riempiendo il locale di fumo che rendeva l'aria quasi irrespirabile. Gli unici due principali ritrovi dove distrarsi e dimenticare le fatiche delle lunghe giornate di lavoro, erano frequentati da tutti i paesani. La domenica in chiesa, alle tre o quattro messe del mattino, partecipavano indistintamente oltre alle donne, anche moltissimi uomini. Per dare una idea della povertà, nei due negozi di alimentari, uno privato, l'altro gestito dalla Cooperativa di Consumo, nessuno pagava la spesa giornalmennte, si usava scrivere gli importi su un doppio libretto e pagare o con degli acconti ogni tanto, o a saldo quando capitavano i periodi migliori per quanto rigurdava i raccolti dei contadini, o un lavoro continuativo per gli operai. Le grandi feste, specialmente il Natale, il Capodanno, l'Epifania e la Pasqua, erano quanto di più bello ci poteva essere per noi bambini. I nostri genitori, nonostante la miseria, cercavano in quei giorni di non farci mancare niente, anche se per loro era molto ma molto difficile. Alcune cose: oggetti, giocattoli, dolciumi, si vedevano molto di rado, però per Natale nonostante le ristrettezze economiche in cui si trovavano la maggioranza delle famiglie, non mancava qualcosa che ci potesse far divertire e rallegrare.

Si preparava una specie di albero di Natale, un ramo di pino o di qualche altra pianta sempre verde, piantato nel terriccio di un vaso, con sotto una cassetta di legno vuota foderata con dei ritagli di stoffa, cassetta che sarebbe servita la notte di Natale al Babbo, quello vero, per depositarci dentro, le poche cose che avremmo voluto avere anche durante gli altri giorni dell'anno. Un piccolo giocattolo di lamiera, una pistola a fulminanti, un fucilino col sughero, una moto con carica a molla, o una bambolina, completa di accessori per cucire, piccoli recipienti stoviglie e finti fornellini per cucinare, o piccoli utensili da parrucchiera, per le femminucce e poi la frutta, qualche arancia, qualche mandarino o dei fichi secchi. I dolci semplici tipici natalizi toscani, i cosiddetti cavallucci, poche caramelle, cioccolatini, torroncini si trovano appesi qua e la sull'albero.

La mattina di Natale, il suono a doppio delle campane, cominciava a creare l'atmosfera natalizia, ci si svegliava prima del solito per correre a vedere cosa ci aveva lasciato Babbo Natale nella notte. Eravamo contentissimi anche se quello che si trovava era poco rispetto a quello che avremmo voluto. Insieme a miei primi alberi di Natale, io facevo anche un piccolo presepe, costruendo la capanna della nascita, la stella cometa, le casette, le montagne, il cielo stellato, la campagna con tanto di stradine inghiaiate, il fiume, la cascata, il ponte, il mulino, il laghetto con un pezzetto di vetro o di specchio, tante piccole piante, il prato fatto esclusivamente da muschio fresco raccolto nei boschi vicini, il tutto sul piano di un piccolo tavolo. Per la preparazione dei vari soggetti, capanna, case, ponti, rocce, usavo vecchie scatolette di cartone, stecche di legno ricavate dalle cassette della frutta, tronchetti ricavati dalla potatura delle viti e degli olivi.

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Bassa e la Sagra del Pesce di Graziano Casalini

Bassa e la Sagra del Pesce Caro Vittorio e cari amici della Redazione Montella.eu  Le Sagre sono diventate una consuetudine, in quasi tutti i paesi che dispongono di specialità enogastronimiche, naturali, contadine e artigianali. Vorrei raccontare per i visitatori del sito come nel mio paese di nascita si svolge ogni anno una sagra, tipo la vostra della Castagna IGP: " LA SAGRA DEL PESCE DI BASSA", che è arrivata al 50° anniversario dalla prima edizione. Per festeggiare la ricorrenza gli organizzatori pubblicheranno una raccolta di fotografie, varie notizie, ricordi e interviste a tutti coloro che nel lunghissimo periodo hanno partecipato e collaborato al successo di questo importante evento.
Mi sono proposto per scrivere una breve introduzione alla suddetta pubblicazione, con alcuni miei vecchi ricordi, che mi piacerebbe far conoscere anche a chi a Montella puntualmente ogni anno si impegna alla realizzazione della vostra Sagra.
In una piccola comunità di mille abitanti, sulla riva destra dell'Arno a metà strada fra Firenze e Pisa, nel comune di Cerreto Guidi, ogni anno nei mesi estivi, da circa cinquanta anni si organizza la Sagra del Pesce. E com'è nato questo importante evento, proprio a Bassa che dista più di cinquanta chilometri dal mare? Un evento che ogni anno riscuote un grande successo fra gli amanti e tutti coloro dei paesi vicini, ma anche dei paesi più lontani, che sono abitualmente frequentatori, delle sagre e feste dedicate alle varie tipologie e specialità culinarie locali.
Io, Graziano Casalini, nato a Bassa, purtroppo nell'ormai lontano 1942, vorrei dare un mio modesto contributo scritto di vecchi ricordi su come ebbe inizio in paese l'attività della pesca, da cui poi originò l'idea di dare vita ad una sagra a tema. I miei ricordi, in particolare, per far sapere il perché per cui oggi Bassa si può ritenere un importante centro, anche se distante dal mare, dove è fiorente una discreta attività di importazione, commercializzazione e trasformazione del pesce.
Alcune delle seconde e terze generazioni, sicuramente non sapranno tutto quello che sto per scrivere, quale introduzione a questa che è o sarà una pubblicazione prevalentemente fotografica dedicata alla Sagra del Pesce.
Secondo quanto io ricordo, tutto ha avuto inizio negli anni cinquanta o nell'immediato dopoguerra.
L'economia in prevalenza povera degli abitanti di Bassa era quasi esclusivamente basata sull'agricoltura, i contadini salvo poche eccezioni conducevano i poderi a mezzadria, allevavano quasi tutti una mucca da latte e tanti animali da cortile, c'erano poi gli operai che lavoravano nelle varie fabbriche dei paesi vicini e poi quelli che stavano un po' meglio, i bottegai, alcuni artigiani, i barrocciai che facevano i vari trasporti, i calzolai impegnati nei calzaturifici di Fucecchio, ma anche nella lavorazione delle scarpe, allora rigorosamente in cuoio e pelle che si riparavano più e più volte prima di buttarle, e poi chi agricoltore lavorava terreni di proprietà, le famiglie benestanti si potevano contare sulle dita di una mano, complici di questa situazione economica anche gli effetti della guerra da poco passata.
Le famiglie numerose, erano quelle che stavano peggio e alcune di queste per sfamare i numerosi figli, intensificarono o iniziarono, quello che meglio sapevano e potevano fare, andare, tempo permettendo tutti i giorni a pescare in Arno, così almeno avevano che dare da mangiare ai propri figli. Però oltre al cibo, i capi famiglia dovevano anche soddisfare le altre esigenze di cui i figli crescendo avevano sempre più bisogno.
Usavano un cosiddetto barchetto,( piccola barca in legno simile ad una gondola veneziana ), spinto a forza di braccia con una lunga pertica di legno, sul basso fondale del fiume, reti, bilance, nasse, bertuelli, raramente canne da pesca. Il fiume non era inquinato com'è ora ed era ricco di pesce, la pesca quasi sempre abbondante, permise alle due più importanti famiglie, i Sani e i Manzi di far intraprendere ai figli, più grandi una piccola attività di vendita ambulante da fare prevalentemente nelle campagne e nei paesi dell'interno un po' distanti dall'Arno. Questi ragazzi, ancora adolescenti, usando una bicicletta con doppio portapacchi su cui avevano fissato dei bidoncini metallici tagliati a metà, portavano nei dintorni e un po' ovunque, pesce d'acqua dolce pescato in nottata a volte ancora vivo, facendo buoni affari, contribuendo in questo modo, per così dire, al loro primo benessere economico.
Col passare del tempo, purtroppo ogni tipo di attività, per più ragioni si deve adeguare, per il progresso e per tanti altri numerosi motivi che ora non sto qui a descrivere. Uno di questi motivi fu per chi viveva di quella risorsa: un grande inquinamento che si verificò irreversibilmente nell'Arno, con una massiccia moria di pesci e la decimazione di tutte le specie ittiche precedentemente esistenti.
A quel punto non solo i pescatori della domenica, ma anche le due famiglie, che fino ad allora avevano basato sulla pesca il loro lavoro principale dovevano sospendere la cattura del pesce di acqua dolce, perché quel poco rimasto non era più sicuro per l'alimentazione umana. Come riconvertirono le loro conoscenze ittiche, le due famiglie che fino ad allora avevano vissuto solo con i proventi derivanti dalla vendita del pesce pescato in Arno?
Potevano farlo solo cercando il modo più giusto di inserirsi nel commercio del pesce di mare, che allora veniva in particolar modo pescato da una importante flotta di pescherecci viareggini. Viareggio non ero vicino e come fare per arrivarci la mattina quando rientravano i pescherecci, prendere il pesce più adatto alla vendita nelle nostre zone e rientrare a Bassa per organizzare la vendita?
La famiglia Sani con a capo Ilio, con i figli più grandi acquistarono una moto BSA, mi pare fosse questa la marca, vi applicarono una specie di sidecar adattandolo con un cassone rettangolare, sul quale potevano trasportare in tre quattro damigiane a bocca larga, vari tipi di pesce fresco e vivo di mare. Con alcuni viaggi settimanali, in breve tempo uguagliarono e superarono le vendite di quello che prima pescavano in Arno.
Altri figli grandi delle due famiglie, acquistarono dei furgoni attrezzati per vendere il pesce come ambulanti nei vari mercati cittadini, di zona, rionali e in giro per le campagne. L'assortimento del pesce di mare era molto più grande di quello di acqua dolce, e l'attività di commercializzazione e vendita aumentava di anno in anno, permettendo alle due famiglie di aprire sedi adeguate con celle frigorifere, impianti per il confezionamento e di avvalersi anche della collaborazione di diversi venditori esterni. Praticamente diventarono due ditte di vendita del pesce all'ingrosso.
Successivamente divenne necessario importare dall'estero alcune specie ittiche richieste e difficilmente reperibili sul mercato nazionale. Gli impianti di conservazione, trasformazione e confezionamento diventarono abbastanza grandi importanti, per questo ancora esistenti, col nome e marchio "ILIOPESCA" in onore del vecchio Ilio, capostipite dei SANI. Vennero aperti, con successo, a Firenze e in altre città vari punti vendita sempre "ILIOPESCA". Infine ad un lungimirante bassese, di cui non conosco il nome, visitando un paese della riviera ligure, venne la bella idea, poi condivisa con altri compaesani, di dar vita ad una sagra da organizzare ogni anno in estate nell'ex campo sportivo e di tamburello, accanto alla scuola elementare. E così cinquanta anni fa ebbe inizio l'avventura bassese.
La Sagra oggi, è diventata una grande realtà per il piccolo paese di Bassa, ogni anno, in estate, richiama nelle sere calde dei fine settimana moltissimi visitatori, vorrei dire alcune migliaia, sicuro di non sbagliarmi, quelli che dicono "Stasera in do si va? e si va a Bassa a mangia' i pesce ".
Il successo, da sempre crescente è principalmente dovuto alle buone qualità del pesce fresco e specialità locali, preparate con maestria da valenti improvvisati cuochi e dall'impegno con cui molti paesani e organizzatori mettono alla realizzazione di questo bellissimo evento.
UN GRANDE SUCCESSO LA SAGRA DEL PESCE DI BASSA
A questo punto i miei ricordi diventano molto lacunosi, rischierei di scrivere qualcosa di cui non sono certo e quindi forse di non vero, per questo chiudo il racconto di quelli che furono anche dei bellissimi ricordi, della mia ormai lontana gioventù.
Dal 1966 ho lasciato per sempre Bassa, e avrei piacere che per quanto rigurda il seguito di questo racconto, continuassero a farlo altri più giovani di me, e anche quelli molto ma molto più giovani, con notizie di come si è svolta la Sagra nell'arco di cinquanta anni, e su come si è evoluta con metodi moderni l'attuale organizzazione, capace di ottenere i più che ottimi risultati odierni. Il progetto di una pubblicazione simile, potrebbe esssere valido se trasferito anche con modalità diverse, alla vostra grandissima FESTA SAGRA DELLA CASTAGNA IGP DI MONTELLA, in occasione dei prossimi anniversari.
Introduzione di Graziano Casalini, per una grande pubblicazione fotografica completa di interviste, racconti e di tanti ricordi, per rivivere in occasione del 50° anniversario le passate edizioni della Sagra del Pesce di Bassa.
Un caro saluto e grazie per l'ospitalità

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Condizione femminile a Montella - Passato e presente  - Dai ricordi di Carmela Marano a cura di Graziano Casalini

CONDIZIONE FEMMINILE A MONTELLA - PASSATO E PRESENTE  - Dai ricordi di Carmela Marano a cura di Graziano Casalini
Degli anni della mia gioventù, trascorsi a Montella, vorrei ricordare e descrivere, in quali condizioni vivevano le donne allora giovani bambine, ragazze, madri di famiglia, in una epoca, di un lontano passato, quando il patriarcato era imperante. Le bambine oltre a frequentare le scuole elemantari e a fare le lezioni, spesso venivano impiegate dalle rispettive mamme nelle faccende domestiche, e quando nelle famiglie c'erano fratellini più piccoli, ad accudirli quando le madri si assentavano andando a lavorare in campagna per aiutare i mariti nei vari lavori agricoli, oppure a raccogliere legna in montagna, o a faticare duramente nelle diverse cave dislocate nelle vicinanze del paese.

A casa mia, l'organizzazione era, per forza maggiore suddivisa equamente, mio padre si interessava della coltivazione dei numerosi appezzamenti di terreno, ed era tutti i giorni in campagna, mia madre oltre a pensare a numerosi figli, alla casa, e agli animali, provvedeva anche alla vendita delle tante eccedenze dei raccolti ( castagne, mele, e altra frutta di stagione ) e di alcune parti di carni di maiale tipo i prosciutti, non aveva mai un attimo di riposo. Le numerose gravidenze e il lavoro faticoso, provocavano alle donne un'invecchiamento precoce che equivaleva a enormi cambiamenti fisici, per cui a volte una donna di quaranta anni ne dimostrava venti di più. Per me Il tempo dei giuochi era pochissimo, anche per il fatto che quando si facevano le raccolte delle castagne e di altri frutti, noi bambine eravamo quasi sempre presenti in prima fila. Questo lavoro, si trasformava in un divertimento equivalente a un giuoco infantile.
A proposito ricordo, di una mattina d'estate nel periodo della caduta delle noci, che mia madre mi svegliò prima del solito, sbagliando anche orario, per andare a Lao, dove avevamo numerose piante di noce, a fare come da guardia, ad evitare che qualcuno entrando nella proprietà ne rubasse un po'. Per quell' errore di mia madre sull'orario della sveglia, da sola, al buio, arrivai a Lao che era ancora notte, mi rannicchiai sotto una pianta e aspettai l'alba. Poteva capitare che alcune persone approfittassero delle abbondanti raccolte, senza però asportare grandi quantità, probabilmente per le necessità e la povertà che assillava in quei tempi molte famiglie, in particolare quelle numerose.
Altri problemi più gravi di bambine e ragazze, come molestie, violenze e casi più gravi di stupri come avvengono oggi, per quello che io so, non se ne erano mai verificati, in quei tempi (anni 50 - 60 ). C'era un grandissimo rispetto fra tutti i componenti delle varie famiglie della nostra piccola comunità, in modo particolare per quello che riguardava la parte femminile. Dopo le elementari molte di noi, e anche io, avremmo voluto continuare gli studi, purtroppo allora in paese, la maggioranza delle persone, per la povertà, per l'ignoranza, per il patriarcato, per la supposta superiorità maschile, e per la sbagliata credenza che una ragazza lasciando anche temporaneamente il paese, fuori da ogni controllo, potesse diventare una poco di buono, per queste ragioni, a molte di noi non fu permesso di continuare a studiare. Per i giovani, maschi e femmine le occasioni di incontro erano rare e molto diverse da quelle di oggi, ci trovavamo nei fine settimana e la domenica nelle abitazioni dei vicini dove si organizzavano balli al suono di organetti, altri semplici strumenti musicali, a volte anche con la musica dei dischi fatti girare a manovella su grammofoni a tromba, oppure all'uscita della messa o nelle classiche passeggiate lungo la strada pianeggiante per il Ponte dei Deci.
Una bruttissima soluzione per una richiesta amorosa negata a un ragazzo da una ragazza, comune un po' a tutti i paesi del meriodione, era la cosiddetta "fuitina" che consisteva, come molti di voi lettori sapranno, nel prelevare con la forza la ragazza interessata da parte dello spasimante aiutato da un gruppetto di amici fidati, che poi andata a buon fine l'operazione, lasciavano soli i due per un notte insieme in un luogo segreto a consumare con atti sessuali la loro unione. Alcune ragazze e ragazzi organizzavano loro stessi la fuitina, per superare l'opposizione ingiustificata delle rispettive famiglie e genitori, mettendoli di fronte al fatto compiuto, da riparare naturalmente solo col matrimonio. Normalmente anche le ragazze prese con la forza, finivano con l'essere accondiscendenti amando il proprio rapitore, per la semplice ragione, che per convinzioni assurde del tempo, nessuno le avrebbe più volute come mogli in quanto considerate non illibate.
Oggi tutto questo non esiste più da anni, in un certo senso c'è stato un adeguamento dei paesi del sud a quelli del centro nord, soprattutto per quanto riguarda la libertà delle giovani donne e in generale di tutte le donne. Comunque permane ancora una mentalità patriarcale e di superiorità del maschio, esasperata, che quando io ero giovane si manifestava nel tenere sempre un passo indietro le donne e le mogli vietandole per gelosia di uscire da sole e al limite anche di affacciarsi alla finistra. Purtroppo oggi ci sono uomini, che non manifestano apertamente il loro pensiero sulla parità di genere, quando si sentono superati, abbandonati, o traditi, non riescono a controllare e a superare un sentimento di gelosia e invidia, sfogando le loro frustrazioni, perseguitando fino ad uccidere la donna che amavano e a cui erano legati. Il femminicido è diventato uno dei peggiori peccati che un uomo possa commettere. Fin qui ho descritto soprattutto come era il mondo femminile molti anni fa a Montella. Il presente lo vedo sotto una luce migliore per il semplice fatto che in generale le donne, sono a un livello paritario con i maschi.
Hanno studiato, ottenuto ottimi risultati in tanti comparti lavorativi, sono responsabili dell'educazione dei figli in casa e nella scuola. Hanno le capacità di affrontare e risolvere con successo i tanti problemi giornalieri che si frappongono in famiglia sul lavoro e nella società, all'avanzare del progresso e al proseguire della vita. Lungi da raggiungere la parità di genere, posso dire, che siamo su una buona strada e con tanta pazienza e con il tempo, la parità non sarà più un miraggio, ma una realtà.
Questi miei ricordi per evidenziare il cambiamento, avvenuto in più di cinquanta anni, delle condizioni femminili a Montella e nel resto del paese. Un cordialissimo saluto alla Redazione montella.eu, seguiranno altri ricordi.
CARMELA MARANO

 

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I castagneti e le terre della famiglia Marano Angelo di Sorbo Montella di Graziano Casalini

I CASTAGNETI E LE TERRE DELLA FAMIGLIA ANGELO MARANO DI SORBO - I RACCONTI E I RICORDI DELLA FIGLIA CARMELA MARANO a cura di Graziano Casalini 
I miei genitori, Angelo e Elisabetta (Bettina) Cianciulli, avevano in diverse località nella campagna e sulle montagne montellesi alcuni appezzamenti di terreno agricolo, ereditati dai rispettivi antenati o acquistati nel corso della loro vita matrimoniale, terreni coltivati e coltivabili, castagneti, frutteti ecc. dislocati in dodici zone montane e nella campagna pianeggiante di Montella, lontani uno dall'altro e dall'abitazione stessa.

Nel 1956 importanti difficoltà, non permettevano a mio padre, già avanti con l'età, di gestire al meglio, nonostante l'aiuto di una parte della famiglia, tutti questi terreni, neanche con i vari braccianti paesani e non, che a pagamento venivano a lavorare nei periodi delle grandi lavorazioni e raccolte. Allora era quasi impossibile trovare manodopera, perché tutti coloro che non avevano lavoro o terreni di proprietà, emigravano chi all'estero, chi nel centro-nord Italia, dove in quei tempi era possibile trovare facilmente lavoro. Vista la situazione familiare: eravamo sei sorelle, poco adatte ai lavori in campagna e praticamente disoccupate, e due fratelli, Giuseppe (Peppino) il maggiore, studente universitario in attesa di laurea, Gerardo, non troppo convinto di continuare l'attività agricola, fu così che di comune accordo prendemmo la decisione di vendere tutto e emigrare pure noi in Toscana, dove, si era già trasferita la famiglia della fidanzata di mio fratello Gerardo e dove avremmo potuto trovare facilmente lavoro, noi sei giovani sorelle.

Tutti i terreni e gli appezzamenti si trovavano, in ordine di grandezza a: Contrada Chiavolella in montagna a circa 1050 metri di altitudine, dove erano un grande numero di castagni, Le Ripe, zona montana, sopra i 1000 metri, scoscesa difficile da raggiungere anche a causa dell'attraversamento di un torrente, questa coltivata a castagneto. Bolifano verso Montemarano, territorio montano, coltivazioni miste, Le Copelle, terreno sempre in montagna, coltivato a grano e patate. Piedisava, terreno pianeggiante in zona Volturara Irpina, produzione grano, con grande aia per la battitura, e molte piante di meli. Contrada Lào, conca alluvionale, due appezzamenti, provenienti dalle famiglie Marano e Cianciulli, dove oltre a alberi di noci e meli, si poteva coltivare stagionalmente di tutto, in prevalenza ortaggi, dove per la grandissima fertilità del terreno se ne producevano in grandi quantità e di ottima qualità. Schito, zona stazione pianeggiante, un campo, dove si coltivavano ortaggi, vi erano piante di noci e meli. Lo Prato, ( acquistato dalla mia famiglia ) zona pianeggiante, presso il paese, un grande campo dove si coltivava granoturco, grano, erbamedica, pomodori, barbabietole da zucchero e altri tipi di ortaggi, vi erano anche qui piante da frutto, noci e meli, questa zona era molto redditizia perché il terreno era irriguo.

Bisceglieta, zona agricola collinare, fra Montella e Bagnoli Irpino, piante di fichi, ciliegi, e oliveta. Scuorzo, zona agricola collinare Tagliabosco, qui si coltivavano, pomodori, ceci, lenticchie, grano, oltre alle produzione di uve con molte viti e di olive con le diverse piante di olivo. Lo Pasteno, che significa vigna o vigneto, qui si avevano viti locali di aglianico e altre, che con le uve dello Scuorzo, mio padre faceva un vino di ottima qualità. Come si può capire facilmente, se tutti questi appezzamenti agricoli, fossero stati raggruppati, in un unico grande podere, per la fertilità e per svariate tipologie delle ottime culture esistenti, le difficoltà nel gestirli sarebbero state meno gravose, e alla portata della mia famiglia.

Le proprietà agricole, anche relativamente grandi, delle famiglie sempre numerose, per il ripetersi nel tempo di successioni, subivano importanti frazionamenti, riducendone di molto le superfici e logicamente la convenienza del loro sfruttamento. Questo problema, secondo me, è un problema che penalizza il miglioramento in generale delle attività agricole di Montella. Solo una parte, del territorio agricolo, quasi tutto coltivato a castagneto è rimasto relativamente grande; quello appartenente alla chiesa, che anzi nel tempo, per i numerosi lasciti testamentari ha avuto una inversione di tendenza, ingrandendosi. Prima del trasferimento in Toscana, le nostre terre, furono cedute, in parte a parenti, altre vendute a coltivatori paesani, con un misero ricavato, dovuto al fatto, che la richiesta era bassissima, per le ragioni legate alla migrazione e alla carenza di manodopera maschile, il terreno montano, che noi chiamavamo le Ripe, fu donato da mio padre al Comune di Montella, perché difficilmente raggiungibile dal paese, con i mezzi allora disponibili, e quindi invendibile. Questi, alcuni altri miei racconti e ricordi di gioventù, che oggi ripensandoli bene, mi chiedo, ma come era possibile che una famiglia come la nostra potesse continuare a coltivare e gestire, con i mezzi a quel tempo disponibili così tanti appezzamenti di terreno, quasi tutti distanti da casa?

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È morto Giorgio Napolitano un politico di altri tempi . di Graziano Casalini

E' È morto Giorgio Napolitano un politico di altri tempi . di Graziano Casalini -  Giorgio Napolitano, un importante uomo politico per la sinistra italiana, ma anche per la Repubblica italiana, avendone ricoperto per due volte la carica di Presidente. Uomo appartenente al PCI, e di conseguenza allineato negli anni cinquanta e sassanta alla linea del partito, che riconosceva nell'Unione Sovietica, la guida mondiale per la realizzazione del comunismo. Questa posizione, lo portò a condividere operazioni sbagliate, come l'invasione dell'Ungheria, che purtroppo in quel periodo, la suddetta linea era seguita in maggioranza nel partito. Dopo le varie vicissitudini, e i cambiamenti nel PCI e la trasformazione del nome in PDS e poi PD, con l'ingresso di una parte della ex Democrazia Cristiana, il partito assunse una posizione più moderata, quale maggiore partito della sinistra e dell'Italia, e in questo Giorgio Napolitano si poteva riconoscere, come rappresentante della parte più riformista del partito stesso. E', a mio avviso, il motivo per cui, riuscì ad essere eletto Presidente della Repubblica, espletando in modo esemplare il suo incarico per il periodo previsto. Alla fine, del settennato, non riuscendo i deputati, i senatori, e i rappresentanti delle regioni, a eleggere un nuovo presidente, le fu vivamente richiesto, da tutte le forze rappresentate di accettare di nuovo la sua candidatura, per un successivo incarico, che Napolitano, nonostante l'età avanzata e la situazione politica deteriorata, accettò limitatamente a un breve periodo, in attesa di un miglioramento e il conseguente possibile accordo fra i partiti, per la sua sostituzione. Finì con la sua seconda elezione. Nel suo intervento dopo la votazione, strigliò tutti gli elettori, che non avevano trovato nessun accordo su un altro nominativo. Dopo l'intervento, nonostante, tutti indistintamente lo applaudirono. Quindi un grande uomo politico italiano, da ricordare per la sua linearità politica e per i suoi importanti servigi alla Nazione.

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Ritorno a Montella di Graziano Casalini

Ritorno a Montella di Graziano Casalini - Mancavo da Montella dal 2016, a distanza di sette anni, ho trovato in paese diversi cambiamenti, naturalmente in meglio. Ho soggiornato, solo per quattro giorni, troppo poco il tempo a disposizione, per scoprire e vedere tutto il lavoro che era stato fatto per migliorare l'immagine, l'accoglienza, i punti panoramici, le strutture principali del paese. Oltre a gli importanti lavori strutturali, come la risistemazione e la costruzione di nuovi marciapiedi, in alcune delle principali vie cittadine, ho notato la fine dei lavori, nella nuova bellissima sede municipale, degna di una sempre più moderna cittadina. Sono aumentate di molto le manifestazioni culturali, con abbinati spettacoli musicali, conferenze, dibattiti e presentazione di nuove proposte editoriali. Non ho potuto seguire direttamente, e ne sono dispiaciuto, la lunga serie di eventi, nell'ambito del CONVIVIO AL MONTE, la nuova grande iniziativa organizzata in una delle più belle location di Montella. Sta prendendo campo, con successo, su iniziativa privata, l'accoglienza con visite al cosiddetto Bioparco Rosabella, comprendente aree pic-nic, percorso sul fiume Calore, fino a una delle più belle cascate di Montella, questa realizzazione dovrà in qualche modo favorita, in determinati periodi di maggior afflusso, dell'anno, per quanto riguarda la viabilità, i parcheggi e la raccolta rifiuti, allo scopo, di non danneggiare l'integrità del territorio e soprattutto gli interessi dei cittadini. Belle le FESTE DEI CASALI, a cui ho avuto l'onore di partecipare, quella del Rione Sorbo, nella serata anteprima, con la presentazione del mio libro "RACCOLTA DI SCRITTI SU MONTELLA. EU", festa che ha visti impegnati, sotto la sapiente organizzazione del Dott. Gabriele Marano, gran parte dei sorewesi, con la rappresentazione teatrale " NA IORNATA A SUORIO GRANDE " della Associazione Culturale Delli Gatti, e altre attrazioni musicali e comiche, allargando l'evento al rione confinante Cappella. Importante anche il grande impegno, nel preparare e poi nell'organizzare, per novembre, la SAGRA FESTA DELLA CASTAGNA IGP DI MONTELLA, grandissima manifestazione, da annoverare, come la più importante, del settore, a livello nazionale. Nei pochi giorni, che sono rimasto a Montella, ho visto anche con piacere, alcune delle varie feste religiose, con le processioni a cui, o per la fede, o per tradizione partecipano in massa tutti, queste processioni hanno in se, un aspetto un po' folcloristico, per la grande sfilata delle Confraternite, con i confratelli nei loro coloratissimi costumi tradizionali, e con alla testa gli stendardi con i relativi simboli religiosi e dei vari santi. Importanti, anche le varie celebrazioni che possono ricorrere, come i centenari ( vedi quello di Aurelio Fierro ) e altri illustri montellesi, che nel tempo periodicamente si presenteranno. E poi che dire, Montella merita di più, sempre di più, mi è sembrato che i paesani siano coscienti e convinti nel realizzare e raggiunge gli obbiettivi, che potranno portare la cittadina al livello delle altre simili cittadine del centro-nord, o addirittura a superarle. La volontà c'è, basta assecondarla. Un cordialissimo saluto a tutti i montellesi, al Direttore Vittorio Sica e al suo staff.

Graziano Casalini

 

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Omicidi passionali a Montella - Fine ottocento di Graziano Casalini

Omicidi passionali a Montella - Fine ottocento - Ancora dai ricordi di Carmela Marano.
Nella mia famiglia, e nel vicinato di Sorbo, quando ero piccola, si raccontava una tristissima storia che ci riguardava, successa circa 130 anni fa. Fra i numerosi figli di mio nonno, Salvatore Marano, c'era una bellissima ragazza di nome Antonia, che all'età di diciannove anni, aveva già una rivale in amore per un giovane coetaneo del rione San Simeone. La zia aveva anche rinunciato a quell'amore conteso lasciando al ragazzo possibilità di libera scelta. Non ho mai saputo per quali ragioni, come, a causa di questa rivalità, un bel giorno, l'altra ragazza affrontò Antonia mentre camminava tranquillamente in un sentiero di campagna, colpendola più volte con un coltello rudimentale costruito appositamente da sua madre e uccidendola all'istante. In quei tempi, in moltissimi paesi del Sud e anche a Montella vigeva la legge della vendetta, e di lì a poco mio nonno avrebbe dovuto fare giustizia per quell'orrendo fatto. In casa, mia nonna lo incoraggiava a vendicare, l'efferato delitto della loro bella e giovane figlia. Il piano di mio nonno era quello di uccidere, nello stesso luogo e nello stesso modo la rivale assassina, ma questo richiedeva del tempo e gli appostamenti giusti. Ogni volta che mio nonno rientrava dalla campagna, la nonna chiedeva con impazienza, se avesse provveduto a quello che insieme avevano stabilito, fino a che arrivò il giorno che la ragazza si trovò a passare laddove aveva commesso il misfatto, e fu così che a sua volta cadde, nello stesso identico modo e posto dove era caduta la povera Antonia. Dopo questo fatto, mio nonno, sapendo di essere ricercato dalla giustizia ordinaria, si dileguò da Montella, cercando con documenti falsi di imbarcarsi a Genova per gli Stati Uniti, dove avrebbe avuto l'appoggio di alcuni suoi fratelli. Durante il viaggio, in seguito ad un appello di tutti i viaggiatori della nave, ebbe la disattenzione di rispondere al suo vero nome : Salvatore Marano e non al nome falso dei documenti. Così fu scoperto il suo tentativo di fuga, in seguito al quale venne tratto in arresto e carcerato nel penitenziario di Torino. Purtroppo il poveruomo, dopo inimmaginabili patimenti, non resistette al dispiacere e morì dopo soli due anni di carcere, lasciando, mia nonna sola con otto figli, il più giovane di tutti mio padre, che allora aveva solamente due anni. Il giovane conteso, dopo alcuni anni sposò una mia zia sorella maggiore di Antonia, la madre dell'assassina che costruì il coltellaccio, finì anche lei in carcere, comunque posso dire, che la giustizia, anche in quei tempi trionfò. Ho cercato, con mio marito, Graziano Casalini, di ritrovare qualche traccia di questi due delitti, negli archivi del giornale il Mattino, e anche fra le pubblicazione di Mario Garofalo, non essendo riusciti a trovare niente in merito, abbiamo deciso di raccontare, per il Vostro sito, un vecchio grave e luttuoso avvenimento montellese risalente agli anni di fine ottocento, che coinvolse la famiglia Marano detta dei (Flamini) di Sorbo.
Un cordialissimo saluto Carmela Marano e Graziano Casalini

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Un medico di Sorbo di Graziano Casalini

Il Dottore Giuseppe Marano, nato a Montella nel rione Sorbo, primo figlio di una numerosa prole, di Angelo della famiglia soprannominata dei Flamini e di Elisabetta Cianciulli ( Bettina ), si laureò in medicina all'università di Napoli negli anni cinquanta.

Pur essendo molto legato al suo rione e a Montella, iniziò ad esercitare la professione, come internista e medico di famiglia, nella città dove aveva studiato, con l'apertura di un ambulatorio privato in Vico S. Eframo Vecchio, passando poi a gestire il servizio sanitario per il personale dipendente dell'ATAN, Azienda Tranvie Autofilovie Napoli, e in seguito, fino al pensionamento, come Dirigente di un Poliambulatorio INAM napoletano. Peppino, come veniva chiamato in famiglia, fin da piccolo si appassionò a scoprire come funzionavano i vari organi del corpo umano, e questa infantile curiosità, lo portò dopo gli studi liceali, a iscriversi alla facoltà di medicina e chirurgia. Il tempo per il conseguimento della laurea, fu per Peppino, più lungo del solito, perché durante gli studi doveva anche lavorare per mantenersi economicamente a Napoli, dove viveva in una stanza in affitto.

La sua famiglia, molto numerosa, oltre ai genitori, un fratello e sei sorelle tutti più piccoli di lui poteva solo in parte aiutarlo con rimesse in denaro, comunque gli inviava periodicamente generi alimentari, in particolare: latticini e salumi vari, prodotti dalla famiglia nelle sue attività di agricoltori, castanicoltori e allevatori. Un'altra causa del suddetto ritardo, la sua seconda passione, quella di un impegno importante in campo politico a favore del partito comunista, che in quei periodi, dopo il ventennio fascista e la seconda guerra mondiale, era il partito che più di tutti gli altri, rispecchiava le rivendicazioni e le istanze delle masse più povere e deboli del paese: gli operai, i contadini quasi tutti braccianti e mezzadri, ma anche di tante altre categorie di impiegati statali, artigiani e di tutti gli altri lavoratori in genere.

Durante gli studi universitari, partecipava attivamente alle riunioni di sezione e ai comizi del partito, sia a Montella che a Napoli, e questo suo impegno come detto in precedenza, gli procurò non pochi problemi, prima di tutto, con un lieve ritardo a conseguire la sua laurea in medicina. Inoltre, il fatto che lui appartenesse a una formazione politica, considerata avversa o ostile nell' ambito delle persone intellettuali, di cui lui per regola avrebbe dovuto far parte. Per questo, probabilmente, la sua posizione non fu ben vista, o quantomeno sospetta, da una categoria di personaggi legati al conservatorismo e alla nostalgia di un regime, che insieme alla monarchia aveva portato l'Italia in una delle più grandi e catastrofiche guerre. Questo problema, non penalizzò più di tanto, in campo lavorativo l'attività del Dott. Giuseppe Marano, sempre incentrata a un comportamento, prima di tutto umano, corretto e di immedesimazione nelle patologie dei propri pazienti sofferenti, con le cure e l'assistenza doverosamente necessarie. Mi raccontava, che lui, un discreto fumatore, cercava di indurre i suoi pazienti a smettere col vizio del fumo, facendosi consegnare, come pegno o promessa, il loro accendino. Ci fu anche un periodo in cui Peppino, diventò oggetto di minacce e intimidazioni anonime, probabilmente provenienti da personaggi estremisti di destra, legati anche alle varie frange malavitose esistenti nella città di Napoli e nelle immediate periferie. Non sapendo cosa fare di concreto, dopo un breve periodo di riflessione, decise intanto di cautelarsi, nel senso di sentirsi più sicuro, tenendo una pistola nel cassetto della scrivania del suo studio, (che ben conoscendolo, non sarebbe mai stato in grado di usare, nemmeno in caso di estrema necessità).

Sapeva, anche, che se avesse fatto una denuncia alle autorità, questa non avrebbe portato a niente. Però non poteva tenere segreto quanto gli stava capitando, così decise di parlarne con alcuni compagni operai e maestranze, ben conosciuti e fidati ( in quel periodo era il medico del personale ATAN ). Probabilmente, anzi sicuramente, questa iniziativa attivò i suoi pazienti e compagni, a scoprire la provenienza delle minacce e delle intimidazioni, che in poco tempo terminarono e per sempre. Nella vita privata Peppino, dopo il conseguimento della laurea, si sposò con la maestra Eleonora Vuotto, figlia del conosciutissimo Elia, sarto artigiano, fervente socialista montellese poi passato al PCI, sindacalista CGIL, difensore dei diritti di tutti i lavoratori, sul suo conto, così riporta Paolo Speranza nel suo volumetto "LA ROSSA MONTELLA" Fra i dirigenti del movimento sindacale Irpino, Vuotto è quello che più di ogni altro rappresenta ed incarna, tutte insieme, l'anima popolare (legalitaria e non violenta) dei lavoratori, la continuità con la tradizione socialista del primo Novecento, la rigorosa formazione politica da autodidatta, comune a tanti quadri politici e sindacali dell'epoca, la tensione etica e umanitaria che ne fanno una figura originale e di primissimo piano della storia della sinistra Irpina... quale miglior modo di imparentarsi per Peppino? Dalla unione con Eleonora ha avuto due figli: Katia e Sergio, che oggi anche loro vivono lontano da Montella e da Napoli. Peppino era nato a Montella il 18 giugno1923 ed è mancato ai suoi cari in Napoli il 22 aprile 2010.
Io Graziano Casalini ho scritto un po' della sua storia in quanto Peppino era mio cognato e con lui e la sua famiglia ho condiviso molte idee e alcuni momenti belli della vita. L'ho fatto anche per far conoscere meglio ai montellesi la figura del Dott. Giuseppe Marano, medico di Sorbo, che ha esercitato da sempre la sua professione nella città di Napoli, però, non dimenticando mai le sue origini soveresi e montellesi.
Un cordialissimo saluto
Graziano Casalini

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Montella - La cittadina irpina con le sue potenzialità di Graziano Casalini

Spett.le Redazione montella.eu - Il tempo passa veloce, e tutto va avanti nei modi migliori, l'amministrazione e i cittadini sempre più coscienti e responsabilizzati, stanno valutando come sfruttare creando ricchezza, le grandi risorse e le potenzialità, che il paese ha nel suo comprensorio.

L'Irpinia e Montella in particolare hanno avuto in dote dalla natura dei paesaggi variegati e bellissimi, dove non manca veramente niente, dai complessi monumentali e di culto, ai prodotti enogastronomici con vini tipici locali che possono competere con i celebri, Chianti, Barolo, Brunello di Montalcino, Lambrusco, Frascati, ecc. ecc, e poi, i piatti semplici tradizionali, da preferire alle creazioni sofisticate dei più bravi chef stellati.

Una posizione privilegiata per le più che eccellenti qualità è occupata dai prodotti caseari, caciocavalli, mozzarelle, scamorze, ricotte, e dalle carni saporitissime, provenienti da bestiame allevato prevalentemente allo stato brado. I grandi boschi di castagni, e la produzione della castagna IGP, una delle migliori fra tutte quelle delle altre zone della penisola.

Le ottime qualità dei frutti, in gran parte da coltivazioni autoctone, come: le noci, le susine, le nocciole, le mele, le pere, l'uva, e alcuni molto rari, ma particolari, come il gelso nigra, senza dimenticare i frutti provenienti dalla terra: i funghi e i profumatissimi tartufi. La montagna, che oltre ha essere ricca di castagneti e faggete, ha numerose sorgenti di acqua leggerissima e purissima, che durante le stagioni favorevoli scorrendo verso valle, forma alcune bellissime cascate, dicevo la montagna, da svariati punti panoramici, delizia il visitatore, con viste stupende sulle sottostanti pianure, fino a spaziare sulle vicine città e sul mare salernitano.

       

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Graziano Casalini , la mia biografia

Spett.le Redazione Montella.eu , Leggo nella rubrica degli autori del Vs. sito, che nessuno di noi, ha, fino ad ora inserito la propria biografia come richiesto, forse perchè quasi tutti paesani e conosciuti alla maggior parte dei visitatori del sito. Io non sono montellese, ma toscano e più precisamente della provincia di Firenze, ma molto legato a Montella per aver sposato una ragazza del vostro paese e per aver conosciuto fin dal 1966 il paese con tutte le sue specialità gastronomiche tipiche legate alla produzioni agricole in genere, alle castagne e ai latticini realizzati col latte delle mucche podoliche allevate allo stato brado. Il paese con i suoi importanti luoghi di culto, le vestigia dell'antico borgo, i panorami con i paesaggi mozzafiato, le acque finissime delle varie sorgenti, ma, soprattutto la cosa più importante e particolare di Montella, la comunità delle sue genti per la loro ospitalità, il cuore e il bel dialogo, che una volta rotto il ghiaccio si può avere con tutti.
Ed ecco la mia storia, nasco nella frazione, Bassa nel comune di Cerreto Guidi, nel 1942 con la seconda guerra mondiale in corso, da Antonio e Rosa Boschi due giovani di origini contadine, naturalmente mezzadri, per come era strutturata quasi tutta l'agricoltura toscana in quel periodo. Mio padre per essere stato colpito dalla poliomelite all'età di 21 anni, con i postumi di quella brutta malattia fu costretto a cambiare mestiere imparando un nuovo lavoro, stando comodamente seduto: quello del calzolaio. Mia madre feceva la casalinga, pensando ad allevare conigli, animali da cortile e a coltivare un piccolo orto. I miei primi ricordi di piccolo bambino furono i ricordi della guerra, col fronte che vedeva attestati gli alleati sulla riva sinistra del fiume Arno, mentre l'esercito tedesco stazionava sulla riva destra fronteggiandosi quasi tutti i giorni a suon di cannonate e bombardamenti che cadevano dalla nostra parte dove si trovava il mio piccolo borgo. Spesso gli alleati bombardavano strade, ponti, linee e centri ferroviari, io non avevo paura a sentire il crepitio delle batterie contraeree tedesche e incoscientamente quasi né ero divertito. Quando avevo appena due anni abbandonammo casa, per passare i mesi estivi del 1944 in rifugi scavati nel terreno tufaceo della collina, nei pressi di una chiesetta vicino all'abitazione di alcuni zii, in seguito ad un bombardamento alleato che provocò nel nostro piccolo borgo abitato da nove famiglie, otto morti e altrettanti feriti, per puro miracolo o combinazione, nessuno di noi subì dei danni fisici o meteriali. I tedeschi erano in ritirata e il fronte sull'Arno durò poco tempo, provocando comunque ingenti danni, tante vittime per i bombardamenti, le rappresaglie, con vere e proprie stragi di persone innocenti e le razie di tutto ciò che poteva servire ad un esercito in fuga e pronto a riorganizzare altri fronti più a nord.

Gli uomini validi non impegnati in guerra dovevano vivere alla macchia o in nascondigli improvvisati per il rischio di essere deportati in Germania o aggregati alle truppe tedesche, mio padre, per la sua invalidità poteva circolare liberamente. In autunno rientrammo nella nostra casa, dove avevano soggiornato alcuni militari, fortunatamente alcune cose importanti per la famiglia, come la macchina da cucire di mia mamma, non furono raziate perché mio padre le aveva ben nascosce in un sottoscala costruendo un muro che isolava quello spazio alla visibilità dell'ambiente. Intanto io crescevo, e verso l'età di tre anni, mi davo da fare, con martello chiodi e pezzi di sughero al banchetto accanto a mio padre, che allora lavorava in casa alla fabbricazione tutta manuale di vari tipi di scarpe: anfibi in cuoio e vacchetta, sandali da donna con zeppa, zoccoli in legno molto richiesti dopo la guerra ecc. ecc. Aveva anche da fare molte riparazioni ai paesani, in tempo di guerra le scarpe rotte non si buttavano e venivano fatte aggiustare più e più volte, prima di sostituirle con altre nuove.

Alle ore di "lavoro" seguiva tanto tempo dedicato ai vari giochi all'aperto, non esistevano giocattoli e io mi divertivo col legno delle cassette da frutta e delle casse delle aringhe a costruire macchine agricole, trattori trebbiatrici e quanto di più strano mi viniva in mente. Non mi mancavano gli attrezzi per realizzare i miei prototipi, usavo i trincetti, la raspa, la lesina, le pinze, le tenaglie e il martello di mio padre, facendolo arrabbiare quando gli rovinavo il filo dei trincetti rendendoli inservibili per l'uso del taglio del cuoio e della pelle. A sette anni iniziai gli anni della scuola, a Bassa esistevano solo le classi elementari, tutte con pochissimi alunni, per cui alcune erano accorpate, io frequentai la prima insieme ai ragazzi della seconda, il primo giorno di scuola notai subito che avevo difficoltà visive, non riuscivo a vedere bene ciò che la maestra scriveva sulla lavagna, ero affetto da miopia, mi servivano gli occhiali e i miei genitori si affrettarono a farmi passare una visita con la relativa prescrizione delle lenti, che da allora ho sempre portato ininterrottamente. I cinque anni passarono velocemente, oltre alle lezioni del pomeriggio, cercavo di aiutare mio padre nel suo lavoro, cucivo con spago e gli aghi alcune parti di tomaie per un tipo di scarponi anfibi. I calzolai per cucire non usavano aghi, ma setole di maiale, io non riuscivo con le setole, e mio padre preparava gli spaghi con gli aghi, l'importante era dargli in qualche modo una mano.

Dopo gli esami di quinta dovevo scegliere, se andare alla scuola media, adatta a chi doveva intraprendere gli studi superiori con il ginnasio liceo e poi l'università, oppure la scuola di avviamento al lavoro, commerciale o industriale più adatti, a chi, purtroppo come nel mio caso, doveva successivamente iniziare uno dei tanti mestieri possibili che il mondo del lavoro poteva offrire. Per questo, dopo averne parlato con i miei genitori, di cumune accordo decidemmo per la scuola di avviamento professionale. Una scuola particolare, che non era in tutti paesi, la più vicina si trovava a Santa Croce Sull'Arno a sette Km da casa, dove oltre alle materie classiche, si studiavano: tecnologia laboratorio tecnologico, fisica e chimica, disegno tecnico, con in aggiunta ore di pratica in officina, la materia si chiamava, esercitazioni pratiche che si svolgeva nelle ore pomeridiane alcuni giorni della settimana fino alle ore 18. Queste esercitazioni consistevano nella pratica del lavoro manuale di aggiustaggio, prima su legno e poi su metallo, con l'ausilio di vari tipi di lime, strumenti di misurazione e piccoli macchinari, da aseguire ognuno al proprio posto su un bancone dove tutti si disponeva di una morsa e di un cassetto portattrezzi. Una scuola che lasciava pochissimo tempo per studiare e per i compiti a casa, per di più, per essere raggiunta e rientrare ogni giorno, bisognava impegnare altro tempo nel viaggio, non c'erano allora gli scuolabus e nemmeno gli orari dei bus di linea si combinavano con gli orari di entrata e uscita, l'unico mezzo per arrivare alla scuola era la bicicletta, per fortuna in un percorso completamente pianeggiante, ma tutti i giorni dovevo pedalare per 14 km, e con la pioggia, col vento, con il freddo non era affatto divertente. Quando pioveva pedalavo sotto un mantellone di tela oleata impermeabile con cappuccio, per il freddo mi riparavo con un cappotto pesante di lana color militare, una sciarpa, un berretto in pelle con paraorecchi, due guantoni a muffola di pelle di coniglio, che i miei compagni di classe spesso mi chiedevano per improvvisare degli estemporanei combattimenti di boxe.

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No alla guerra - no war di Graziano Casalini

Spett.le Redazione Montella.eu, La situazione è grave, mi permetto di esprimere alcuni miei giudizi, spero condivisi, Vi prego di giudicare se pubblicarli sul sito, grazie e un caro saluto a tutti Voi.  Dopo due anni di pandemia, il mondo rimane ancora in appresione per una guerra iniziata dalla Russia con l'invasione di uno stato sovrano confinante, l'Ucraina. Le ragioni di questo intervento non giustificano in alcun modo l'accanimento con bombardamenti e lancio di missili sulle principali città del paese, dove vengono distrutte zone risidenziali, infrastrutture, ospedali, con numerosissime vittime fra le popolazioni inermi e danni incalcolabili che a fine guerra lascieranno l'Ucraina all'ultimo posto per la povertà in Europa, con l'economia distrutta ed una grande ricostruzione da affrontare con pesanti sacrifici da parte della popolazione. I motivi dell'invasione russa, sono diversi. Primo, forse, il più importante, secondo me consiste nel paventato ingresso dell'Ucraina nell'Unione Europea e nella Nato. Il secondo, la difesa e loro annessione da parte russa degli stati secessionisti del Donbass, e il completo accesso al mare attraverso la Crimea, già invasa a suo tempo, e altre zone limitrofe ucraine. Secondo notizie certe il governo ucraino, dal 2014 ad oggi ha attuato nel Donbass una politica di repressione su le popolazioni di quelle regioni in maggior parte di origini russe e russofone, che rivendicavano il loro distacco dallo stato ucraino. Queste le ragioni più importanti per cui la Russia di Putin ha scatenato questa invasione di una pericolosità inaudita. E' come se su un ring si facessero combattere un pugile peso massimo contro un pugile peso mosca, combattimento dall'esito scontato, lo stesso si può dire su come finirà la guerra Russia - Ucraina. Un guerra da far cessare prima possibile con tutti i mezzi possibili, prima di tutto per le popolazioni innocenti, per i bambini, per le donne, per le persone anziane e per tutti gli uomini di buona volontà. Aiutare l'Ucraina nel conflitto da parte dei paesi Nato vorrebbe dire allargare la guerra in tutta Europa e forse anche in tutto il mondo. Serve l'apertura di trattative ad oltranza e dirette fra stati belligeranti, con l'aiuto, questo si, di altre nazioni e potenze che fino ad oggi, anche in sede Onu, non si sono schierate apertamente nè da una parte nè dall'altra. Una guerra a livello di quella in atto, ha insiti dei rischi di peso elevatissimo, perché si sta combattendo fra numerosi siti di centrali nucleari, che se colpite anche involontariamente, potrebbero provocare fuoriuscite di radiazioni letali anche nel raggio di migliaia di chilometri. In tutte le trattative, si prevede sempre, dico sempre, un accordo su posizioni di concessioni al ribasso da ambo le parti. Questo, chi va a trattare lo sa benissimo, non si va a trattare se non siamo disponibili ad un compromesso. I paesi occidentali hanno comminato alla Russia gravose sanzioni di carattere economico, che possono rilevarsi anche un'arma a doppio taglio, per far cessare immediatamente questa ingiusta guerra, invece di inasprirle, andrebbero ritirate in cambio del ritiro altrettanto immediato delle truppe russe dall'Ucraina, con il passaggio delle regioni secessioniste alla confederazione russa e la trasformazione dello stato ucraino in stato neutrale, a garanzia della Russia, dell'Europa e della Nato. Forse questo potrebbe essere un buon accordo, per evitare i rischi di una terza guerra mondiale mai vista per l'esistenza non precisata di un numero elevatissimo di armi nucleari. Alla richiesta di negoziati ad oltranza, ora è impellente l'aiuto alle popolazioni che hanno perso tutto e che sono riuscite a fuggire in quasi tutti i paesi europei.
NO ALLA GUERRA - NO WAR
Graziano Casalini

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Il covid quasi due anni di pandemia , di Graziano Casalini

Il covid è una delle peggiori pandemie mai viste da circa un secolo, con un virus che continua ancora a circolare in tutto il mondo, tenendo in apprensione intere popolazioni, provocando milioni di morti, e lungi dall'essere sconfitto definitivamente. Come tutti i virus si ripresenterà come molti altri a scadenze periodiche. Per fortuna, il sistema farmaceutico mondiale è riuscito in brevissimo tempo a produrre diversi vaccini capaci di proteggere il nostro organismo riducendo di molto il rischio contagio e di conseguenza le complicazioni, che in troppi casi hanno avuto esito letale. Ora si sta studiando, un medicinale antivirale che in supporto ai vaccini attenui in modo significativo gli effetti peggiori. Come per i vaccini, di questi medicinali, a breve, ne verranno fuori diversi e si spera che dopo una necessaria sperimentazione, possano essere usati su larga scala come viene fatto per i vaccini. Ad oggi, la situazione mondiale sui rimedi contro la pandemia è questa, sempreché i popoli si convincano che non ci sono altre strade possibili praticabili, cioè quelle dei vaccini, dei nuovi medicinali in fase di sperimentazione e naturalmente del buon senso nel rispettare le norme divenute consuete quali: l'uso della mascherina, il rispetto delle distanze evitando i grandi assembramenti, l'igiene delle mani e degli oggetti ad uso comune. Purtroppo dobbiamo assistere ogni giorno a manifestazioni, contro il governo e i suoi ministri interessati, per le decisioni che puntualmente, dall'inizio della pandemia vengono prese. Abbiamo un minoranza di cittadini, che si rifanno al "NO A TUTTO", oggi NO-VAX e NO GREEN PASS, che non credono, o non vogliono credere nemmeno all'evidenza dei fatti e dei dati, dicono che è tutto un imbroglio, che ci sono di mezzo i grossi interessi delle multinazionali farmaceutiche, capaci per la loro potenza di imporre al mondo intero, il metodo vaccini per combattere il virus. Queste due categorie sbandierano il diritto alla libertà, ma di quale libertà parlano? e quale è il loro concetto di libertà che va a intaccare quella della maggioranza degli altri? La cuminità scientifica mondiale quasi al completo si è trovata daccordo sull'impiego del vaccino, anche per l'urgenza e la mancanza di alternative. La scelta dei nostri governanti, di cercare a tutti i costi di raggiungere l'immunità di gregge con i vaccini, imposti indirettamente con il GREEN PASS, sembra, dai dati attuali, che sia stata una scelta validissima, e portata ad esempio in altri stati europei, vedi la Germania. Diverse nazioni europee, con percentuali di vaccinati molto più basse della nostra hanno un numero di contagi elevati, ed oggi debbono prendere decisioni drastiche di nuove chiusure e limitazioni nei confronti di zone e cittadini scoperti dalla sicurezza del vaccino. Si programma già, per chi ha fatto le prime due dosi, una terza dose e se sarà necessario ulteriori dosi di richiamo, come del resto si fa per i vaccinati contro il tetano e per le normali influenze annuali. La speranza è che piano piano la virulenza si attenui e che vaccini e medicinali oltre ad aumentare l'efficenza, siano sempre più mirati ad attenuare le conseguenze più gravi del covid. C'è anche da dire che molti scienziati prevedono, che ad un certo punto la durata della copertura si allungherà di molto, si parla di cinque o dieci anni. Da queste pagine mi permetto di invitare tutti coloro che per ragioni di dubbio, di paura, e di altre ragioni poco giustificate, a vaccinarsi senza eccessivi timori.

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IL CORONA VIRUS E I CINESI IN ITALIA - di Graziano Casalini

Il Corona Virus, la grande epidemia simile ad una influenza, ma molto più contagiosa delle solite influenze annuali, proveniente da una grande regione cinese, sta mettendo in apprensione tutto il mondo. I casi (qualche centinaio) fino ad oggi registrati in Italia, sono concentrati prevalentemente in due zone circoscritte della Lombardia e del Veneto e in poche unità sparse in altre diverse regioni. Gli esperti dicono che i contagiati dal virus, possono essere anche asintomatici, nei casi gravi si registrano febbri alte, difficoltà rspiratorie, polmoniti interstiziali, che negli anziani con altre patologie pregresse possono portare anche al decesso. Al momento questi casi sono contenuti e sempre riguardanti persone molto anziane. In una percentuale molto alta, il decorso del contagio si manifasta in forme lievi ed è facilmente superato come una normalissima influenza, tenendo presente che chi ne è colpito, dovrà rispettare comunque in ambiente protetto il periodo di quarantena prescritto dal personale medico. In quasi tutti i nostri paesi, si sono trasferite di recente, ma anche da diversi anni, famiglie di cinesi, oggi operanti nelle varie attività produttive, del commercio e della ristorazione. Molte di queste famiglie, nonostante le loro usanze e credenze diverse dalle nostre, si stanno, o si sono inserite abbastanza bene nel nostro paese. Esistono in Italia, e in particolare nella mia regione, la Toscana, ragazzi e giovani già di seconda generazione che parlano correttamente la nostra lingua anche nelle forme dialettali, che avrebbero tutti i titoli per avere la cittadinanza italiana. Questi contribuiscono all'economia del paese con numerose imprese, dando lavoro anche a nostri concittadini, purtroppo le leggi italiane, molto numerose, hanno delle maglie larghe e le imprese cinesi sono molto abili nello sfruttare questo sistema in qualche modo anomalo. Generalmente, le comunità cinesi, e in Toscana abbiamo la più numerosa addirittura d'Europa, quella di Prato, con trentamila e forse più persone, sono molto laboriose di altre comunità comprese le nostre. Ed è proprio a Prato, che i primi di febbraio, tutti i cinesi residenti davano vita ogni anno alla grande festa del loro capodanno, solo alcune centinaia tornavano nel loro paese per passare le festività con i famigliari rimasti in patria. Quest'anno molti sono partiti prima che scoppiasse l'epidemia, e alcuni hanno fatto in tempo a rientrare, usando l'accortezza di mettersi in qurantena volontaria, evitando eventuale contagi nella loro comunità, ma anche nei confronti dei pratesi. Altri trattenuti, dovranno rientrare e saranno accuratamente controllati. Come vedete in Toscana non siamo messi troppo bene, però niente allarmismi, ci sono stati pochissimi casi non gravi, dovuti a collegamenti non cinesi e con i focolai del nord italia. La paura che l'epidemia si allargasse anche da noi, ha portato la gente a correre nei centri commerciali a fare sconsideratamente, rifornimenti eccezionali di generi alimentari, nonostante le rassicurazioni delle principali catene distributive. Alcuni fra i peggiori razzisti, si sono permessi di allontanare e insultare, come appestati cittadini cinesi, molti dei quali probabilmente non andavano in Cina da anni, una vergogna inaudita. In queste occasioni, c'è anche chi cerca di speculare sui prezzi di vendita di mascherine protettive e disinfettanti, e chi si approfitta cercando di raggirare ignare persone anziane con tamponi a domicilio, per questi approfittatori, la legge dovrebbe prevedere il roddoppio della pena. Per voi del sud i rischi, per diverse ragioni, sono minori, comunque, visto come evolve l'epidemia, c'è solo da rispettare le disposizione emanate quasi giornalmente dalle istituzioni e sperare che a breve tutto si esaurisca.


Graziano Casalini
26 febbraio 2020

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LAO, l'orto di generazioni di Montellesi di Graziano Casalini

Lao, una piccola conca pianeggiante, inserita in un contesto stupendo di pendii dove esistono quasi esclusivamente piante secolari di castagno, è stato, ed è uno dei luoghi più interessanti della campagna nel comune di Montella. La conformazione del terreno di questa zona, facilmate alluvionabile nei mesi invernali, non ha permesso la formazione di un piccolo lago - da qui il nome dialettale Lao - per l'esistenza in più punti di inghiottitoi - ventare - che come imbuti travasano le acque provenienti dalle montagne, nelle grotte carsiche e probabilmente anche in fiumi sotterranei. Questo continuo scorrimento delle acque piovane ricche di sostanze organiche provenienti dai sovrastanti castagneti, ha reso quei terreni esageratamente fertili. Ecco perché da tante generazioni i paesani hanno fatto di tutto per sfruttare al meglio e in modo razionale l'area, con svariate coltivazioni, le più importanti per la loro alimentazione e per l'alimentazione degli animali domestici, patate, cavoli, rape, bietola, zucche, granoturco, faglioli, sono alcune delle molte altre qualità di ortaggi prodotte da sempre in piccoli appezzamenti famigliari. A completare questi orti paesani, anticamente erano stati piantumati un gran numero di frutti, quasi esclusivamente noci e meli. I raccolti stagionali di queste due tipi di piante, oltre ad essere più che sufficienti per le famiglie dei proprietari dei fondi, venivano venduti e contribuivano insieme alla rendita della castagne alle necessità extra alimentari e economiche, delle suddette famiglie. Oggi, la terra di Lao, farebbe rabbrividire un antenato costretto e rivederla nelle attuali condizioni. Le ragioni che hanno portato a questa situazione, sono sicuramente molteplici e vorrei provare ad elencarne alcune: la prima a mio avviso è quella che tutti o quasi tutti, a partrire dai più anziani, hanno in un modo o nell'altro fonti di reddito sufficienti per vivere meglio di tanti anni fa, la seconda riguarda i giovani, tutti impegnati negli studi alla ricerca di una specializzazione a livello di laurea nei campi più disparati, con la quasi esclusione del settore agricolo. Quest 'ultimo, da tempo ha avuto poca attenzione, in particolare al sud, da parte dei governi che si sono succeduti nel tempo, provocando un abbandono generalizzato. Anche la parcellizzazione dei terreni coltivabili, gestiti solo da piccole aziende e la conseguente non competitività sui mercati delle loro produzioni ha contribuito al disimpegno da quella che poteva essere una risorsa per un paese come Montella. In fondo a questo mio ragionamento, va aggiunto qualcosa che mi dispiace di dover scrivere. Lao, dovrebbe essere una zona incontaminata è attualmente una zona dove si può trovare in grandi quantità, ogni genere di rifiuti e di materiali abbandonati, tipo discarica abusiva, che col tempo sicuramente arriverà a inquinare le falde acquifere sotterranee, un danno enorme e incalcolabile. Inoltre, si vede solamente un disordine generalizzato, in tutte quelle poche attività attualmente esistenti. Molte piante di noce, non più curate vengono definitivamente abbattute e non sotituite, i meli sono completamente spariti. E' un vero peccato vedere un luogo, in cui per secoli gli avi hanno disperso il proprio sudore, solamente per potersi nutrire a sufficienza, del tutto degradato non coltivato e pieno di sterpaglie. Probabilmente questa area bellissima non interessa più a tanti cittadini come fu in passato. Ed è a questo punto che dovrebbero intervenire le istituzioni, in primis quelle preposte ai controlli su come vengono tenute e utilizzate le aree agricolo-forestali, e poi le autorità comunali con iniziative deterrenti atte anche a stimolare il senso civico dei cittadini. Lo scopo dovrebbe essere quello di poter risanare un ambiente unico e particolare che molti comuni vorrebbero avere nel loro ambito territoriale. Lao, con più attenzione potrà tornare ad essere quel luogo, che nel passato era una risorsa privilegiata di molti cittadini montellesi. Basterebbe volerlo, e penso anche che non sarebbero necessari grandi interventi e investimenti. Rivalorizzare questo piccolo ambiente, in un contesto diffuso di rivalutazione di tutte le aree interessanti di Montella potrebbe essere uno dei primi passi per rendere il paese e i suoi dintorni ancora più bello, al tempo stesso, molto utile e conveniente a tutta la comunità.
Graziano Casalini

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Il nuovo movimento delle sardine una radicale richiesta di cambiamenti politici - di Graziano Casalini

In coda all'ultimo mio articolo a sfondo politico pubblicato dal Vostro sito il 2 di dicembre , accennavo al sorgere del nuovo movimento politico delle "SARDINE". Un movimento fondato in prevalenza da giovani, appoggiato e visto di buon occhio anche da una gran parte di cittadini di tutte le età, prevalentemente delusi dalle politiche che i governi , e i partiti italiani, da un po' di tempo stanno mettendo in atto. I fondatori e le migliaia di aderenti, si sono organizzati, manifestando nelle principali città italiane. Non vogliono né bandiere né simboli nelle piazze dove vanno a manifestare, cantano "BELLA CIAO" una canzone che cantavano le mondine nel loro pesante lavoro in risaia, poi diventata anche il canto dei partigiani, che contribuirono insieme agli alleati a liberare la nostra Italia dal nazi-fascismo e canto internazionale di tutti i manifestanti contro l'ingiustizie e le disuguaglianze di ogni tipo. Contestano le politiche sovraniste, razziste. e di odio verso il diverso, che non solo in Italia, ma che anche in altri paesi del mondo stanno prevalendo. Richiedono la politica del buon senso, contraria al negazionismo degli eventi più tragici che l'umanità abbia conosciuto in un recente passato. Auspicano a livello mondiale il riconoscimento dei cambiamenti climatici dovuto alle attività umane con relative iniziative da intraprendere per attenuarne i catastrofici effetti. Questo movimento, ancora allo stato embrionale, è sorto, ed è riuscito ad aggregare sui social moltissimi giovani, e anche se ancora deve elaborare delle proposte convincenti per un vero cambiamento, merita l'appoggio incondizionato delle altre generazioni, perché, a mio avviso, i principi di partenza sono più che giusti. Non si capiva come mai, i ragazzi non si fossero impegnati fino ad oggi nel discutere tutti quei gravi problemi che riguarderanno la loro futura umanità. Un pò in ritardo, ma meglio tardi che mai. Movimenti simili si ritrovano in altri paesi europei e in tante altre parti del mondo. Nascono come reazione a governi e a uomini politici assoggettati ad un sitema capitalistico esasperato, e a un consumismo sfrenato, a cui sembra non ci possano essere alternative di sorta, nascono dalle pilitiche sovraniste tendenti a isolare le comunità e a metterle in conflitto fra loro, conflitto che molte volte si riverbera anche nella più piccola comunità, quella famigliare. Dare fiducia a queste masse di giovani è a mio avviso doveroso, anche se per qualcuno non sarà gradito il loro modo di schierarsi ora da una parte, ora dall'altra, sarà difficile per loro, ma purtroppo dovranno scegliere la parte meno peggio, se non saranno capaci di fondare un partito completamente diverso dagli altri, con linee innovative per il bene comune, contro tutti gli egoismi e gli odi che oggi giorno serpeggiano dovunque nel nostro piccolo, ma grande mondo. Piccolo, ma sufficiente per accogliere in pace e in buone condizioni tutta l'umanità, al patto che proprio questa umanità lo voglia. A quel punto potremmo dire che il nostro mondo sarà, anche un grande mondo.
Un caro saluto, Buon Natale e Buone Feste a tutti Voi visitatori del sito e agli amici dello staff di Redazione.
Graziano Casalini

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Il sud nell'attuale momento della politica liquida di Graziano Casalini

I politici, stanno tutti i giorni a discutere, anche banalmente degli infiniti problemi dell'Italia. In ordine d'importanza e di attualità: il lavoro, le tasse, la giustizia, la scuola, il dissesto idrogeologico, l'immigrazione, il debito pubblico, le infrastrutture principali che cadono a pezzi, la delocalizzazione industriale, per arrivare fino all'acquisto o alla fusione delle più grandi aziende italiane, forse con il fine di eliminare una concorrenza scomoda sul mercato mondiale (vedi il caso ILVA). In tutto questo il sud Italia è quasi sempre fuori dall'attenzione di una classe politica impegnata giornalmente in campagne elettorali per mantenere ed eventualmente aumentare consensi, puntando alle problematiche che interessano maggiormente la pancia e gli interessi immediati dei cittadini, senza un minimo di seria programmazione a lungo termine di cui tutti potremmo beneficiare. Non si va più a votare con in mente un serio ideale, si cambia ogni volta schieramento, o si disertano le urne a secondo di come ci hanno educato, cioè a pensare solo e subito esclusivamente, al nostro tornaconto personale. Così non si andrà mai da nessuna parte, tutto e subito, in una situazione alquanto disastrata come quella del nostro paese, non va bene. Ci vorrà del tempo per riportare nei limiti accettabili la questione economica, congiuntura internazionale permettendo, e non serve affidarsi ogni volta a chi promette mare e monti, eppure, questo lo sappiamo tutti, ciò nonostante continuiamo a illuderci. In pochi anni, abbiamo messo in mano il paese a politici molto bravi, si, ma a mantenere i loro ben remunerati seggi. Dalla fine degli anni della DC, che ha governato l'Italia per molto tempo, si sono susseguiti e finiti brevemente governi guidati da partiti e uomini politici che avevano toccato e anche superato percentuali storiche di consensi, anche e sempre per quel maledetto "tutto e subito", uno dopo l'altro sono caduti dopo pochissimo tempo, quando sarebbero servite legislature più omogenee, non conflittuali e di lunga durata. Il più delle volte, quando una maggioranza va a governare, si da molto da fare, a modificare o addirittura cancellare le leggi approvate dal governo precedente a maggioranza diversa. Il numero eccessivo di governi che si sono susseguiti dagli anni 50 in poi, hanno contribuito per mille e più ragione ad accumulare un debito pubblico enorme, fra i più grandi del mondo. Tutti i governi recenti, hanno le mani legate sui problemi economici, e per non scontentare le varie lobby e le varie categorie di popolazione, continuano a fare leggi di stabilità con coperture fittizie contribuendo ad aumentare le percentuali del debito a suon di miliardi di euro. In queste condizioni, il futuro adesso poco considerato nelle decisioni, non potrà che essere il peggiore che si possa immaginare. Intanto, l'Italia senza l'unione politico-monetaria dell'Europa come grande potenza economica, tecnologica, industriale e agricola, non potrà primeggiare ma neppure competere con le grandi del mondo. La parte del paese che è rimasta più indietro, nonostante gli aiuti europei, è il nostro sud, molto spesso usato dai partiti politici come un vero e proprio serbatoio di voti. La, dove serpeggia la rassegnazione e l'abbandono, si propongono dei miseri contributi assistenzialistici, invece di investire nelle risorse umane, nelle tipicità agroalimentari e nelle bellezze artistiche e paesaggistiche del territorio. E per finire vorrei dire qualcosa su alcuni punti che danneggiano l'economia più di quanto si possa immaginare. La corruzione molto diffusa, in particolare nella costruzione delle opere pubbliche, il fisco, definito come un nemico da parte della maggioranza degli imprenditori, i commerci della droga, una piaga, oggi prevalentemente in mano alle diverse mafie. Se i nostri governanti invece di lavorare quasi esclusivamente per mantenere le loro più che ottime posizioni rispetto alla massa dei cittadini, avessero una visuale più ampia sul futuro del paese forse le cose andrebbero da subito meglio. E aggiungo che avere trascurato il sud, per me, è stato uno dei più gravi errori in cui le classi politiche sono incorse. Un paese a due velocità, dove una parte è fra le più avanzate d'Europa, e l'altra è fra le più arretrate, non potrà che andare sempre male. Allora fino a che la politica non prenderà seriamente atto di tutti questi problemi, non usciremo mai dall'attuale poco piacevole situazione. Negli ultimi giorni, da una popolazione composta da molti anziani, stanno uscendo in tante piazze migliaia e migliaia di giovani, senza simboli politici a manifestare per un modo diverso e più etico di governare, e a favore di una politica rivolta alla salvaguardia dell'ambiente, per evitare gravissime situazioni causate dall'inquinamento e dai cambiamenti climatici. Sono loro quelli a cui sta a cuore il futuro, il partiti e i governi, non potranno e non dovranno non tenerne conto.
Graziano Casalini

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Ricordi d'infanzia a sorbo di Carmela Marano

A passeggio per Montella e dintorni 018Il 25 novembre del lontano 1938 sono nata a Montella nel rione Sorbo, uno dei rioni più belli e antichi del paese. La mia casa si trovava proprio dietro alla chiesa di S. Michele, era una delle proprietà di famiglia, eriditata e ristrutturata da mio papà, dopo essere ritornato da lunghi anni di lavoro negli Stati Uniti. Avendo ormai compiuto gli ottanta anni, vorrei lasciare, in questo racconto alcuni ricordi della mia infanzia e adolescenza, vissute in Sorbo, fino a diciotto anni. Penultima di otto figli di Angelo e Bettina, fin dai primi anni imparai a risolvere autonomamente quelli che erano per una bambina i primi piccoli problemi della vita. Una delle cose strane che notavo, mi è rimasta sempre nella mente, era la differenza che esisteva allora fra le diverse famiglie del vicinato, di come vivevano e si comportavano con

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