FRASCATI – Si conclude oggi presso la magnifica Villa Falconieri, non a caso scelta come sede del Campus Mondiale dell’Umanesimo, l’inaugurazione del nuovo anno dell’accademia Vivarium Novum, istituita dal latinista di fama internazionale professore Luigi Miraglia, che accoglie e forma i giovani più meritevoli provenienti da ogni continente, regalando loro, oltre che una vera esperienza di vita comunitaria, una profonda formazione umanista. L’evento, intitolato “humani generis concordia” e dedicato alla memoria del filosofo francese Remo Bodei, amico e sostenitore dell’Accademia e recentemente scomparso, ha riunito attorno al tema della concordia e della tolleranza le grandi menti della cultura classica e rinascimentale come: Claudio Moreschini, Alessandro Tessari, Stephane Toussaint, Kurt Smolak, Davide Monaco, Marc Augé, Charles Guittard, Ivan Parga, Enrico Peroli, Guido Cappelli e Giancarlo Rinaldi.
Quando popoli diversi vengono a contatto portando con sé la propria storia e la propria cultura diviene possibile, se non addirittura facile, che il confronto, quando supportato da “un’ignoranza priva di dubbi” e “tracotanti certezze”, si trasformi in scontro e sopraffazione di una civiltà nell’altra,
«Quello che ci costringe a fare la guerra» afferma nel suo intervento Alessandro Tessari, professore dell’Università di Padova, ripercorrendo Il Liber de gentili et tribus sapientibus di Raimondo Lullo e il Dialogus inter philosophum, ludaeum et Christianum di Abelardo «sono il costume e l’abitudine» e avverte «il buio e la notte non stanno solamente nel passato, ma anche in quello che potrebbe succedere in futuro. Il male assoluto è ciò che può sempre sopraggiungere».
All’interno del Rinascimento è stato essenziale ritrovare quella “radice comune” al di là delle diverse fioriture di civiltà e di pensiero. Furono tanti i pensatori, come Raimondo Lullo e Pietro Abelardo, ma anche Nicolò Cusano, Pico e Marsilio Ficino, che hanno ricercato e dimostrato questa unione ragionando proprio sulla Concordia. Nella nota rappresentazione del Lorenzetti “Allegoria del Buon Governo” del 1338, conservata nel Palazzo Pubblico di Siena e scelta come immagine rappresentativa dell’evento, è possibile scorgere in primo piano la rappresentazione della Concordia sulle cui ginocchia è poggiata una pialla, simbolo del livellamento delle disuguaglianze, mentre, tra le mani, racchiude una corda che divide e distribuisce ai 24 cittadini senesi, i quali la consegnano al “Bene Comune”, che è intento a rintrecciarle. La corda qui è rappresenta il simbolo della concordia e, allo stesso tempo, porta con sé il concetto di Fides, la corda con cui si suona la cetra e si crea l’armonia.
A ricostruire e descrivere il concetto della concordia nel Rinascimento cristiano, spaziando da Savonarola all’abate Bessarione e restituendo la cultura del pensiero umano nella sua interezza, è Claudio Moreschini, professore dell’Università di Pisa e dell’Istituto Patristico Augustinianum di Roma.
Tale concetto è stato ricercato e affrontato soprattutto nei momenti più difficili della spaccatura tra Oriente e Occidente, ma nei tempi attuali è imposta una certa necessità del suo recupero, che può realizzarsi in primo luogo con la consapevolezza della storia che ci portiamo alle spalle, e poi con il confronto con i grandi pensatori del passato. Ancora una volta la cultura, la filosofia e la letteratura si impongono come pietre miliari della memoria e oltre che come chiave unica dell’avvenire.
Il futuro e il progresso morale, l’unico e vero sviluppo auspicabile, compongono difatti la questione centrale delle tante argomentazioni di alto livello culturale, che Marc Augé, docente dell’Ècole des hautes études en sciences sociales, affronta in modo magistrale, mettendo in risalto le grandi contraddizioni dell’età a noi contemporanea, le quali strappano, sotto le mentite spoglie di una finta tolleranza e di una “correttezza politica”, armonia e concordia.
«La scienza sta progredendo, ma anche l’analfabetismo» afferma Augé «le disuguaglianze nella conoscenza sono ancor più evidenti che nel consumo. Da qui un sentimento di disagio o d’ansia si diffonde, per ragioni oggettive, ma anche perché siamo informati di tutto ciò che accade ovunque istantaneamente e questo effetto cumulativo è di per sé ansiogeno. Di conseguenza, diventa minoritario o sospetto parlare di progresso».
Quella che propone il professore, sulla scia di diversi autori e filosofi, è “un’antropologia impegnata” contro un’umanità superficiale, che faccia “di ogni uomo, tutto l’umo”; ossia lo ricomprenda nella sua triplice dimensione: quella individuale (ognuno di noi con il proprio corpo e i propri affetti) inseparabile da quella culturale (che controlla i principi dei suoi rapporti con gli altri) e da quella generica (un essere umano, indipendentemente dal suo sesso e dalle sue origini).
Umanità ed educazione sono le uniche direzioni perseguibili per preservare quel futuro che contempli il pianeta, nell’aspetto materiale ed ecologico, senza dimenticare mai nessuna parte dell’umanità.
Tolleranza non è dunque il sofferto silenzio di un “sopportare con pazienza”, ma include uno sforzo intellettuale che porti all’incontro con l’altro e alla condivisione nella radice comune. In questo senso anche l’integrazione diventa una questione che riguarda l’identità, allo stesso tempo plurale e individuale, e la relazione diviene il rapporto essenziale di questo processo.
Stéphane Thoussaint, ricercatore del CNRS di Parigi e presidente della Societé “Marsile Ficin”, approfondendo il rapporto tra Pico e Ficino indaga esattamente questa dinamica del rapporto con l’altro, e afferma: «Nell’amicizia vi è confusione e fusione delle due individualità al punto che quello che ama non sa più esattamente come esprimere il suo amore e perde un po' della sua identità nell’altra persona». E continua: «La concordia tra i due è fatta di armonia, come le parti materiali di uno strumento sempre in tensione, e di simpatia, il sentire comune che si ritrova nell’universo malgrado le contrarietà e le tensioni del cosmo».
Ritorna allora l’interrogativo di Augé: «C’è spazio per un nuovo Umanesimo?».
Un umanesimo che non solo “tolleri” le differenze, ma che si sforzi di ricercare e promuovere l’armonia di fondo, di una concordia necessaria per tutti. Ebbene: lo sforzo dell’intelletto, il movimento dialettico che apre al dialogo tra le contraddizioni, il confronto intellettuale e, infine, il viaggio che nega “l’evidenza della casa”, ossia che neghi quel senso forte e talvolta violento dell’appartenenza, sono le uniche vie contemplabili del nuovo umanesimo per condurre alla concordia. Quest’ultima è il risultato di un’armonia tra le parti, e deve esserci nel rapporto dell’individuo con se stesso, affinché gli istinti più bassi vengano domati con l’educazione di sé; deve esserci concordia, poi, tra gli uomini, educati dall’arte e all’arte politica, la sola che genera “armonia delle parti nel corpo sociale” e, infine, un’armonia più generale, che è possibile ritrovare nel mondo, il kosmos, che non a caso significa ordine.
A rendere accessibile ai sensi l’idea di armonia universale è l’artista olandese Joost Willemze, ex studente dell’accademia e oggi musicista riconosciuto a livello internazionale e vincitore di tutti concorsi mondiali di arpa. Le mani esperte dell’artista si muovono sulle corde, dando vita a note alte e leggere, simili a bolle. Ogni nota sembra trasportare verso l’alto e, non appena svanita, è già pronta ad accoglierti quella successiva. Un silenzio innaturale proviene dal pubblico, immobile e sospeso come in un incantesimo che ha fermato il tempo, i respiri ed ogni cosa che ricordi il movimento umano.