Dalla Chiesa Madre Montella, Santa Messa in diretta su facebook montella.eu e su www.montella.eu Riprese di Carmine Dello Buono Regia di Vittorio Sica
THE LEGEND OF KAIRA ( VEDI IL FILMATO )Realizzato a settembre 2020 la regia è di Emanuela del Zompo. La storia tratta da un fumetto fantasy di Emanuela Del Zompo, parla della condizione della donna nella società. Diseguaglianza, violenza, sottomissione all'uomo sono argomenti che ripercorrono la storia.
Mi sono spesso chiesta cosa è cambiato nel corso della storia dell’umanità, circa la condizione della donna nella società. Sono giunta a conclusione che nonostante le lotte femministe, il diritto di voto, la donna nel lavoro o in politica, alcuni stereotipi sono sempre gli stessi e anche se è vero che lungo il corso dei secoli ci sono stati parecchi cambiamenti per il genere femminile, ancora tutt’oggi in epoca moderna, la donna riceve spesso un trattamento meno favorevole di quello riservato all’uomo. In questa storia fantasy che racconto attraverso un fumetto ho descritto tre epoche storiche: medioevo, rinascimento e giorni nostri. La protagonista è Kaira, una guerriera che attraverso un viaggio nel tempo combatte per il suo riscatto sociale e per il libero arbitrio. Ella vuole rappresentare le donne di ieri e di oggi, ma soprattutto cambiare il modo in cui la società ed il mondo odierno le considerano e le trattano. E per fare ciò si ribella al pensiero comune di come le donne sono state considerate nella storia. Sembra Utopia, ma la guerriera che è in ognuna di noi è ormai esplosa, non accetta più compromessi, mezze verità ma soprattutto rivendica la sua indipendenza, libertà da qualsiasi tipo di costrizione sia fisica che mentale. E’ ora che il destino delle donne cambi, che si riconosca l’errore umano che la costretta alla sottomissione, alla schiavitù, all’umiliazione e alla sua negazione di essere umano per essere sottoposto alla volontà altrui.
Kaira, come direbbe oggi Pirandello, è una, nessuna e centomila: il suo grido arriva nel mondo in un momento apocalittico che si sta ribellando a quegli schemi ormai saturi di antiche ideologie, per intraprendere un percorso nuovo, fausto ad una visione diversa ed innovativa, ma soprattutto Libera! A te lettore chiedo nell’intraprendere questa lettura di non soffermarti solo al puro aspetto visionario dei personaggi raccontati attraverso questo fantasy, ma di andare in profondità nella storia, cogliendo l’essenza di quel sotto testo che vuole comunicare un messaggio ben preciso al pubblico. Questo è appena un prologo della storia che mi prefiggo di raccontare che spero vi emozioni, ma soprattutto vi faccia riflettere sulla condizione della donna nel tempo. E se la storia ci ha sempre insegnato qualcosa, credo che questo fumetto possa essere uno strumento per imparare e trasmettere ancora una volta una nuova storia della donna che deve essere riscritta per un futuro migliore.
Un piano di interventi da 200 milioni di euro con la creazione di 5.000 posti di lavoro, con un piano triennale che coinvolga le aziende agricole castanicole della Campania, insieme alle aziende della filiera. Con questi obiettivi nasce il Distretto della Castagna e del Marrone della Campania, che si è costituito mettendo insieme produttori e mondo scientifico.
A guidare il Consorzio infatti è stato eletto il professor Antonio De Cristofaro, ordinario presso il dipartimento di Agraria dell’Università del Molise. Ad affiancarlo due vicepresidente Vincenzo Di Maio di Avellino e Franco Di Pippo di Roccamonfina (CE). Nel consiglio di amministrazione entrano Angelo Amore di Roccamonfina, Maurizio Grimaldi di Montella (AV), Ivan Tabano di Roccadaspide (SA), Giuseppe Russo di Fisciano (SA), Sabatino Ingino di Serino (AV), Abele De Luca di Serino (AV), Davide Della Porta di Ospedaletto d'Alpinolo (AV), Massimo Oricchio della cooperativa agricola del Cilento di Cuccaro Vetere (SA). Direttore del Consorzio è Roberto Mazzei.
“Il distretto della castagna – commenta Gennarino Masiello, presidente di Coldiretti Campania e già presidente del comitato promotore – è l’unico che insiste su tutto il territorio campano. Coldiretti, con il suo staff tecnico, ha contribuito in maniera determinante alla realizzazione del percorso di riconoscimento, partito a giugno dello scorso anno.
È stato presentato un primo progetto di 22 milioni di euro al Ministero dell’Agricoltura che, dopo aver superato la prima griglia di selezione con esito positivo, ha da poco ottenuto l’approvazione con un primo stanziamento di 2,5 milioni di euro. Rilanciare la castanicoltura della Campania avrà un valore enorme non solo sul piano economico, ma anche sociale ed ambientale, per quello che rappresenta per le aree boschive”.
Il progetto del Distretto prevede interventi di manutenzione straordinaria ai castagneti, di ingegneria naturalistica, implementazione di tecniche di agricoltura di precisione, sistemi di irrigazione, attività di formazione e ricerca, attività di valorizzazione e promozione del prodotto sui mercati internazionali. Partecipano al progetto importanti aziende agricole ed agro industriali degli areali più rappresentativi: Montella, Serino, Roccamonfina, Cilento e Partenio.
Congratulazionoi a Gerardo Perrotta e Tina De Simone, per il conseguimento della figlia Paola la laurea in Chimica Industriale presso l'Università Federico Secondo di Napoli
DOMENICA 28 MARZO 2021 ORE 11.00 SANT MESSA IN DIRETTA DALLA CHIESA COLLEGGIATA DI SANTA MARIA MONTELLA - celebra Don Franco Di Netta
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Congratulazioni a Gianpaolo Delo Buono figlio di Bianca Palumbo e Alfonso Dello Buono laureato in Economia e commercio, corso triennale presso l'Università di Salerno Tesi in Storia Economica . La tesi ha trattato "L'industria nel salernitano nel ventennio fascista"
Il 25 marzo 2021 a Montella si interromperà l'energia elettrica dalle 9.00 alle 16.30. i comunichiamo che l'energia elettrica verrà interrotta per effettuare lavori sui nostri impianti. - Le vie interessate (intervalli dei civici "da" "a" raggruppati per pari e/o dispari) sono:
DITTA EDILE CERCA MURATORI / CARPENTIERI - CONTATTARE IL NUMERO 329 7248272.
Congratulazioni a Silvio Di Genua e ai suoi genitori , il 15 marzo ha conseguito la laurea in lingue e culture straniere
Era tornato nella sua Mantella dopo 19 anni per incontrare la donna che sarebbe dovuta diventare sua moglie. Quella tra Salvatore Recupido, 35 anni, e Incoronata Maio era nata come una relazione epistolare, uno scambio di fotografie e null'altro, ma il matrimonio era stato presto combinato. Per lei aveva lasciato Norristown in Pennsylvania dove viveva sua madre Filomena Fierro e dove sarebbe presto tornato, una volta concluso quell'affare. Ma nulla era andato come previsto. I due giovani non si erano piaciuti e il matrimonio era andato a monte. Salvatore si era presto fidanzato con un'altra donna, Elvira Lanzetta di Nusco e quanto prima sarebbero dovuti convolare a nozze per poi fare ritorno in America.
Era stata sua zia, Palma Fierro, ad ospitarlo in casa durante il soggiorno a Montella. A lei Salvatore aveva consegnato 28 biglietti americani di diverso taglio e una moneta d'oro per poi farseli restituire il mattino del 22 novembre. Voleva cambiare quel denaro ma gli avevano offerto troppo poco, appena venti lire a dollaro, una miseria, e così aveva stabilito di partire il giorno successivo col treno delle 5.37 per Napoli. Avrebbe cambiato lì le banconote. Il mattino del 23 novembre 1923, verso le 4.30, era uscito di casa, dirigendosi alla stazione di Mantella. Pioveva a dirotto quella mattina, Salvatore non aveva con sé nessun' arma, in un portamonete di pelle nero, chiuso da bottoni automatici, i 28 biglietti e la moneta d'oro, in un portabiglietti il passaporto e quattro banconote italiane da lire cento. Sotto il braccio un involto contenente delle camice affidategli dalla zia Filomena Marinari, perché le portasse ad un altro nipote, Michele Fusco, guardia di finanza a Napoli.
Qualche ora dopo, lungo la strada che conduceva alla stazione, in via Serra, lo avevano trovato cadavere. Era stato aggredito e ucciso con un colpo contundente alla regione temporale-occipitale destra, probabilmente prodotto dal cozzo di una scure, che gli aveva letteralmente fratturato le ossa craniche.
Gli inquirenti avevano pensato immediatamente al furto, la giacca sbottonata, le tasche dei pantaloni rivoltate, ad un occhiello del panciotto un frammento di catena, segno che qualcuno gli aveva strappato l’orologio d’oro. Gli aggressori gli avevano, inoltre, sottratto il portamonete con i dollari americani e il portabiglietti con 400 lire italiane
A non molta distanza era stato ritrovato l'involto con le camice, probabilmente abbandonato dagli assassini dopo averne controllato il contenuto. I periti avevano, inoltre, riscontrato sul suo corpo una lesione al lato sinistro della fronte, escoriazioni ed ecchimosi sul lato destro della fronte, del labbro, sul dorso delle mani, al ginocchio, probabile frutto di una colluttazione. Tra le ipotesi, quella che fosse stato colpito mentre era riverso al suolo o ancora mentre veniva trattenuto dagli aggressori.
Lo stesso giorno del delitto venivano arrestati Antonio Serrabocca e Generoso Camuso.
Il primo, amico dell'ucciso, era stato con lui a Filadelfia, dove si era conquistato in breve tempo una pessima fama, accusato di essere tra gli affiliati del clan della Mano Nera. Ad inchiodarlo i testimoni che lo avevano visto, qualche giorno prima del delitto, in compagnia del Recupido.
Gli aveva chiesto insistentemente un prestito, ottenendo, però, solo dieci dollari, cinque dei quali aveva subito cambiato in lire presso la locale Banca Popolare. Al momento dell'arresto gli erano stati trovati in tasca dieci dollari. Quanto a Camuso, era conosciuto in paese come pericoloso criminale. La sua abitazione distava poco dalla casa del Recupido. L’accusa rivolta al Serrabbocca e al Camuso era stata quella di aver tramato insieme l'omicidio, sapendo che l'indomani Salvatore avrebbe dovuto recarsi a Napoli per cambiare il denaro americano. Poi le parole del giovanissimo testimone Rosario De Stefano di 12 anni, che due giorni dopo il delitto aveva raccontato ai carabinieri di aver visto e riconosciuto gli assassini del Recupido.
“Il mattino del 23. Alle 5, stavo ritornando a casa dalla Masseria, che ha in fitto mio padre insieme a mia sorella, quando arrivato poco distante dalla salita della Serra, vidi un uomo che camminava con un fagotto sotto il braccio e l’ombrello. Poco lontano lo seguiva un gruppo di 5 uomini tra questi riconobbi Antonio Serrabocca, Generoso Camuso e Francesco Bruno, continuai a camminare in fretta fino a raggiungere palazzo Capone. Qui passai vicino al vaccaio Antonio Carbone, intento, insieme al garzone Domenico Gambale, a mettere i collari alle vacche da vendere in Puglia.
Ad un tratto ricordo di aver udito un forte grido proveniente dalla zona di Passo Serra dove avevo avvistato l'uomo. Anche Carbone e Gambale dovettero udirlo ma non si mossero, continuando ad occuparsi delle vacche. Pioveva a dirotto ma c'era la luce della luna che rischiarava la nottata, ecco perché ho potuto riconoscere i tre aggressori>>. E proprio la sera prima si erano recati a casa sua la moglie e il figlio del Camuso, implorando di non raccontare nulla, fino ad arrivare a minacciarlo << Se dirai ciò non ti farò più camminare sulla terra». E alla fine le manette erano scattate anche per Gambale e Carbone, ritenuti complici nel delitto. A distanza di qualche tempo, Rosario ritrattava la sua versione, raccontando di essersi inventato tutto per paura di essere accusato dell'omicidio. Non era bastato, però, ritrattare perché la sua testimonianza non fosse giudicata attendibile, sa colpire gli inquirenti erano stati infatti i riferimenti all’ombrello e al fagotto che Salvatore effettivamente portava con sé.
A mettere in discussione la versione di Rosario, erano stati gli stessi familiari, a cominciare dal padre e dalla sorella che avevano raccontato come quella sera il ragazzo avesse dormito nella masseria, "uscendo a giorno fatto", molto tempo dopo l'ora del delitto. Probabile dunque che Rosario avesse ceduto a quel clima di minaccia, più volte spaventato dai compaesani per avere avuto il coraggio di raccontare quanto aveva visto.
I tre imputati, dal canto loro, avevano proclamato più volte la propria innocenza «Certamente - aveva spiegato il Serrabocca - avevo saputo che Salvatore doveva recarsi a Napoli. Avevo ottenuto da lui un piccolo prestito, i dieci dollari sequestrati. Quando ai cinque dollari che ha cambiato presso la banca posso giurare che erano miei >>Era stata la stessa Palma Fierro a riferire come più volte e in presenza di altri testimoni avesse sentito il nipote lamentarsi del prestito richiesto dal Serrabocca di cinque o seimila lire < Un giorno aveva raccontato che mentre era negli Stati Uniti, nel suo negozio, il Serrabocca stava addirittura per vibrargli un colpo di scure alle spalle. Scoperto con l'arma in pugno, aveva volto la cosa in scherzo. Altri testimoni avevano rivelato che il Serrabocca e il Recupido sarebbero, anzi, dovuti partire insieme. L’altra zia della vittima, Filomena Marinari alle ore 18.30, avendo veduto passare il Serrabocca davanti alla propria abitazione lo avevo chiamato più volte << Antò, se domani vai a Napoli, fammi il piacere di prenderti due camice che devo mandare a mio nipote. Se non vuoi portarle tu, di a mio nipote che se le venisse a prendere lui>>.
Se vuoi consegnarle a me – aveva risposto Serrabocca – me li puoi dare perché andrò a Napoli domani e se mi riesce di vedere questa sera Salvatore gli riferirò l’ambasciata. Quindi il Recupido era andato a trovare la zia e aveva ritirato le camice. Ma non aveva mai preso il treno per Napoli quella mattina del 23 novembre. Alle 6.30 si era recata al caffè di Carmela Milano e senza che nessuno glielo chiedesse, aveva cominciato a raccontare di essere stato alla stazione di Mantella ma di non avere fatto a tempo a prendere il treno per Napoli. Era stata la stessa Milano a sottolineare come il Serrabocca non fosse del suo solito umore «Appariva preoccupato, così gli chiesi che cosa avesse. Mi rispose di non sentirsi troppo bene. Bevve caffè, giocò a carte.
Appena apprese la notizia si recò sul luogo del delitto. A Roberto Ciardiello che gli aveva fatto notare come fosse pallido aveva risposto che era stanco poiché stato a lavorare alla stazione, a caricare un carretto di castagne». Nei giorni precedenti il delitto, inoltre, più volte, si era recato al caffè della Milano affermando di dover partire per Napoli, senza però mai muoversi.
A confermare la sua versione la padrona di casa del Recupido che aveva sottolineato come Salvatore fosse uscito quando ormai era già giorno, alle 6.30, dicendo di volersi recare a prendere un caffè. Un alibi non molto diverso da quello del Camuso: «Quella mattina mi sono svegliato all'alba e sono uscita dalla mia abitazione intorno alle 6.30». Un alibi che però non lo scagionava completamente, se è vero che avrebbe potuto tranquillamente trovarsi in casa alle sei dopo aver compiuto il delitto alle 5. Dalla sua abitazione, attraverso un giardino e poi scendendo degli scalini poteva raggiungere in breve tempo un terremo a pendio verso la strada che conduce a Cassano e poi tornare indietro. Quanto a Francesco Bruno, aveva riferito di non aver mai conosciuto il Recupido e di non sapere nulla della sua partenza per Napoli.
Altri due saranno, poi, i nomi che emergeranno nel corso delle indagini quello di Rocco Gambone e Tommaso Lambertini, sui quali non saranno mai raccolte prove sufficienti così come non sarà possibile dimostrare la complicità di Gambale e Carbone.
Sarà lo stesso fratello di Rocco Gambone, Nicola, ad avanzare dei sospetti su Rocco <Correva a più non posso. Diede un calcio la porta per fare presto. Ero già sveglia quel giorno poiché dovevo recarmi in montagna a fare legna. Lo stesso Andrea Gambone mi aveva raccontato di aver intravisto quella mattina, nel recarsi in piazza a prendere il caffè, Rocco scavalcare un muro e correre. Ricordo che la moglie del Nicola invitò il marito a tacere, dicendo che parlare in questo modo poteva essere pericoloso.
Da quel che mi risulta, Rocco possiede molto denaro, che non può che provenire da delitti e rapine, poiché non ha mai lavorato.
Lo vidi spesso in compagnia del Cefalo, come viene chiamato il Serrabocca, passeggiare per via Fontana o starsene in una bettola>>. La sentenza della Corte d’Assise di Avellino del 5 agosto condannava Antonio Serrabocca a ventuno anni di reclusione e tre di vigilanza speciale. Il Camuso, il Bruno e gli altri imputati venivano, invece, assolti.
Avrete certamente notato che la webcam che riprende 24h la piazza di Montella non è in funzione, purtroppo verso le 3 del mattino di ieri, a Strasburgo, un incendio ha distrutto uno dei datacenter più grandi d’Europa, quello di proprietà dell’azienda francese Ovh dove erano ospitati anche i nostri server. La società ha comunicato che le fiamme hanno colpito tre dei quattro edifici di proprietà ma fortunatamente non ci sono state vittime. Stiamo lavorando per ripristinare il servizio.
You will certainly have noticed that the webcam that shows 24h the Montella square is not in operation, unfortunately around 3 am yesterday, in Strasbourg, a fire destroyed one of the largest datacenters in Europe, the one owned by the French company Where our servers were also hosted. The company said the flames hit three of the four buildings it owned but fortunately there were no casualties. We are working to restore the service. Ciao Vittorio
LA STORIA DI UN’ ANZIANA SIGNORA DI MONTELLA DAL CARATTERE DI FERRO!
Il ricordo, che desidero condividere con Voi, risale ai miei primi anni di banca e, esattamente, alla fine degli anni ’60. Fra i numerosi clienti, c’era un’anziana contadina ottantenne, che non aveva potuto frequentare le Elementari per necessità della sua famiglia. Ai suoi tempi non tutti avevano le possibilità di andare a scuola, dovendosi impegnare in lavori materiali. Non sapeva, quindi, né leggere e né scrivere, però, sapeva maneggiare il denaro ed era proprio lei a badare all’economia della famiglia. Di tanto in tanto, si presentava in banca per depositare su di un conto i risparmi, che era riuscita a racimolare. Per il mio carattere molto aperto e gioviale, si era creata una certa amicizia e con simpatia e disponibilità l’ascoltavo con piacere, in quanto aveva sempre qualcosa da dire. Ricordo un episodio in particolare! Molti dei nostri compaesani, per motivi di lavoro, erano stati costretti ad emigrare verso gli Stati Uniti, il Canada, l’Inghilterra e in altre nazioni! Con l’approssimarsi delle festività natalizie, facevano giungere ai parenti, rimasti in Montella, un piccolo regalo in denaro, tramite assegni in valuta estera. In quel periodo, quindi, c’era un via vai in banca per tramutare quella moneta straniera in lire italiane. Fra i tanti venne anche quella Signora con un assegno di 100 $, che le aveva rimesso il suo caro fratello. Ora per chi non sapesse apporre la propria firma, in banca, non era ammesso il segno di “+”(croce) con le firme di due testimoni, che avrebbero attestato l’identità della persona. Che fare, quindi? Normalmente ci sarebbe voluta una Procura Notarile, ma per un importo così esiguo era necessario aggirare l’ostacolo! Pensai di scrivere a stampatello su di un foglio il nome e il cognome e la pregai di copiare, piano piano, quei segni sullo stesso foglio per , poi, ripeterlo sull’assegno estero. Lì per lì, ebbe qualche attimo di esitazione, ma capì subito che era necessario per risolvere il problema. La feci accomodare alla scrivania e continuai a sbrigare gli altri clienti, dando sempre una sbirciata per vedere come procedeva la cosa. Chiaramente, sia per l’età sia perché non aveva mai preso fra le mani una penna, ebbe non poche difficoltà, ma, caparbiamente, vi riuscì. Credetemi, ne fui felice prima io e poi lei stessa! A questo punto, sembrerebbe che il racconto sia finito, ma non è così! Quanto ho scritto non è che la premessa di quanto vado a raccontarvi. Da quell’episodio, per diverso tempo non vidi più la Signora! Pensai che avesse avuto qualche problema di salute, ma Vi anticipo subito che la Signora godeva ottima salute, nonostante i suoi 85 anni! Un giorno ritornò per depositare altri risparmi. Entrando, non mi salutò, come era il suo solito, ma pronunziò queste testuali parole:” Don Ma’, vi debbo baciare mani e piedi!” “Non capisco!”-aggiunsi. Lei continuò: ”Vi ricordate che a Natale per cambiare l’assegno americano ho dovuto mettere la firma ? Ebbene, quel foglio su cui avevate scritto il mio nome e cognome in stampatello, io l’ho conservato e a casa ho provato a copiare qualche altra volta. Dovete sapere che io tengo un figlio in Germania e quest’anno gli è nato un bambino e ha voluto che al Battesimo ci fossi anch’io! Mi son dovuta fare il Passaporto e ho dovuto mettere un sacco di firme. Sapete come ho fatto? Piano piano con il vostro foglietto!” Non potete immaginare, amici carissimi, la gioia che ho provato in quel momento!
Voucher di 500 euro della Regione Campania per connettersi alla rete E' possibile ottenere un voucher di 500 euro della Regione Campania per connettersi alla rete. Il Piano Voucher per la connettività in banda ultralarga, per la Campania, prevede un sostegno per l'attivazione e la connessione da rete fissa e per l'acquisto di un personal computer o tablet. In questa prima fase gli sconti sono riservati alle famiglie con reddito ISEE fino a 20.000 euro.
Il voucher consiste in uno sconto, fino a 500 euro, sul canone di abbonamento ai servizi di connettività internet a banda ultralarga, in caso di nuova attivazione di utenze a rete fissa e nella fornitura di un persona! computer o tablet. Per accedere al voucher i cittadini possono rivolgersi direttamente ad uno degli operatori accreditati. Per saperne di più vai su: "https://bandaultralarga.italia.it/"
ULTERIORI MISURE PER LA PREVENZIONE E GESTIONE DELL'EMERGENZA EPIDEMIOLOGICA DA COVID-19
IL SINDACO Vista la delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020 con la quale è stato dichiarato lo stato di emergenza sul territorio nazionale relativo al rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili; Visto che con D.L. n. 83 del 30 luglio 2020 veniva prorogato fino al 15 ottobre 2020 lo stato di emergenza
sanitaria legata alla diffusione del virus denominato COVID-19; Visto il D.L. n. 125 del 7 ottobre 2020 "Misure urgenti connesse con la proroga della dichiarazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19 e per la continuità operativa del sistema di allerta COVID, nonchè per l'attuazione della direttiva (UE) 2020/739 del 3 giugno 2020", con cui è stato prorogato lo stato di emergenza sanitaria legata alla diffusione del virus denominato COVID-19 fino al 31 gennaio 2021;
Il dottor Luigi Fiorentino, di origine irpina, è oggi Capo di Gabinetto del Ministero dell’istruzione.
La cultura giuridica e la successiva specializzazione in Diritto amministrativo ne hanno definito l’alto profilo professionale, tanto che nel 1996, dopo diversi corsi professionalizzanti e concorsi pubblici, fa ingresso al Ministero del tesoro (oggi Mef, Ministero dell’economia e delle finanze).
Dopo una lunga carriera nella Pubblica amministrazione, sia al Ministero dell’economia, sia alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, nel 2005 diviene l’Autorità Garante per la Concorrenza del Mercato, dove ricopre la carica sia di Capo di Gabinetto che di Segretario Generale.
Già dal 2011 ha rivestito l’incarico di Capo di Gabinetto al Ministero dell’istruzione, per poi ritornare in Presidenza del Consiglio come Capo di Gabinetto del Ministero per gli Affari Regionali e le Autonomie, nonché Vice Segretario Generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
È stato inoltre Capo di Gabinetto del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e del turismo, oltreché Vice Segretario Generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Un profilo personale di rilievo, che attesta una grande esperienza nella Pubblica amministrazione centrale e un’importante conoscenza delle autorità indipendenti. Non solo, il dottor Fiorentino ha infatti sempre accostato l’intensa attività istituzionale all’attività di studio, collaborando fin da giovanissimo con il professor Sabino Cassese - tra i più prestigiosi giuristi italiani - sia in ambito universitario, sia partecipando all’attività di ricerca. Oggi, oltre ad essere docente di Management e politiche delle amministrazioni pubbliche, presso la School of Government della Luiss, è anche socio di IRPA, l’istituto di ricerche sulla pubblica amministrazione, fondato nel 2004 dal professor Cassese e i suoi allievi.
Non è semplice e non privo di emozioni, per due giovani, sostenere un dialogo con una figura di così alto livello nell’affrontare un tema tanto problematico e dibattuto, come la digitalizzazione nella pubblica amministrazione; e nemmeno è semplice il compito di cimentarsi, poi, nella scrittura, per riportare al lettore un punto di vista innovativo sul mondo che cambia intorno a noi, senza ingenerare qualche incomprensione.
Mi scuso per la premessa, sorta spontanea dinanzi ad una figura così prestigiosa, e, tuttavia, di fronte all’amministrativista autorevole e di ampie vedute di oggi, non posso fare a meno di percorrere a ritroso una carriera così brillante e di immaginare il dottor Fiorentino, fresco di studi giuridici della Federico II, neolaureato con il massimo dei voti, con i dubbi e le incertezze sul futuro come tanti giovani di oggi.
Il Capo di Gabinetto, con signorile comprensione, è entrato subito nel cuore dell’argomento, mettendo in evidenza i grandi problemi di fondo della Pubblica amministrazione, particolarmente accentuati con il lavoro a distanza e l’emergenza Covid-19, ossia: l’età anagrafica dei suoi dipendenti a cui non si è mai affiancata un’attività ordinaria e metodica di reclutamento e di ringiovanimento; la mancanza di formazione e aggiornamento digitale mentre il mondo era nel pieno della rivoluzione tecnologica; e, infine, il mantenimento di un assetto organizzativo “tradizionale” rispetto ad una conformazione esterna “multilivello”, e dunque decisamente più complessa.
«La Pubblica amministrazione ha affrontato la rivoluzione tecnologica con un personale che non sempre ha avuto la capacità di entrare in sintonia con le nuove tecnologie. Quest’ultime non sono solo un mero strumento ma, la loro comprensione e padronanza di utilizzo, presuppongono un necessario ripensamento degli assetti organizzativi».
Per cui, riepiloga il Capo di Gabinetto, «dopo l’età media elevata e l’assenza di metodico reclutamento, altra difficoltà preesistente nella PA, ed estremizzata dall’emergenza, è stata la carenza di skills adeguate, le uniche in grado di permettere un fraseggio con le tecnologie».
Il dottor Fiorentino non dimentica di porre l’attenzione sulla cornice in cui tutto questo si è svolto, ossia un sistema istituzionale eterogeneo, caratterizzato dalla cosiddetta multi-level governance.
«Per governance multilivello si intende un processo decisionale articolato, che riflette un'azione coordinata dell'Unione Europea e degli Stati Membri, passa per le regioni, e giunge fino alle autonomie locali, senza escludere la miriade di differenti istituti e organismi dotati di propria autonomia, come Asl, università e istituzioni scolastiche». Cornice che rende, dunque, il quadro istituzionale, già di per sé molteplice e articolato, ancora più complesso, e che proprio per questo motivo richiede attori poliedrici, in grado di comprendere e gestire la complessità.
«C’è bisogno di figure istituzionali diverse rispetto a quelle che ha avuto la Pubblica amministrazione fino ad ora. La prevalenza di cultura giuridica poteva essere un vantaggio quando la PA era di tipo gerarchico, con le tante periferie che dipendevano da un unico centro. Oggi questo approccio mono-disciplinare si è rivelato un limite per la governance multi-level, e la pandemia lo ha attestato. Un sistema istituzionale che si rispetti, per funzionare, deve essere sinergico, cioè i vari organi devono suonare lo stesso spartito. Per fare questo occorrono professionalità diverse, probabilmente più filosofi che giuristi, occorrono statistici, ingegneri gestionali e sociologi dell’organizzazione».
Dunque, quello che manca al nostro Stato, e alla PA, è l’apertura al mondo giovanile e ad una dimensione culturale diversificata, l’unica in grado di gestire un dialogo a più voci.
«Nessun atto è di competenza di un solo ente, ma si tratta di diverse funzioni di una pluralità di soggetti che, solo insieme, riescono ad erogare un determinato servizio», osserva, «e lo dimostrano le opere complesse come le bonifiche ambientali, il funzionamento del sistema sanitario durante una pandemia o, ancora, lo stesso sistema scolastico».
Per fare in modo che questo sincronismo istituzionale funzioni, per il dottor Fiorentino, sono necessarie una vision politica e la presenza di tanti «artigiani dell’amministrazione», che, grazie alla pluralità della professionalità, riescano ad accordare tra loro le diverse parti, «per gestire questa articolata istituzione in un mondo sempre più complesso ed interconnesso».
Solo in quest’ottica la tecnologia è un’opportunità. Mentre nella scuola gli strumenti tecnologici hanno rappresentato una modalità sostitutiva per erogare un servizio che si sarebbe, altresì, interrotto, nella PA le tecnologie devono, invece, rivoluzionare: «il Ministero è diviso in Dipartimenti, in Direzioni, in Segretariato Generale, in Gabinetto e così via…Ma ha senso oggi l’organizzazione ottocentesca a fronte della potenzialità delle tecnologie che, come tale, superano i livelli gerarchici?», chiede, retorico, il dottor Fiorentino, che guarda alle transazioni gerarchiche come strutture antiquate, superate dalla tecnologia.
«Le tecnologie devono aiutare a risolvere i problemi delle strutture e devono avere spazio e funzione rispetto all’obiettivo che si vuole raggiungere», è questo il passaggio importante che si deve compiere, ma sul quale ancora manca una grande riflessione.
«L’organizzazione è fondamentale nelle strutture organizzative dello Stato», sottolinea il Capo di Gabinetto, «deve tornare ad esserci un suo primato, insieme ad una “cura” dell’amministrazione, ossia una cultura in cui l’organizzazione è funzionale agli obiettivi che si vogliono raggiungere».
C’è ancora molto poco di tutto questo nel nostro Stato, la cui amministrazione, un po' invecchiata e dai tratti ottocenteschi, vive in una bolla incantata, cieca rispetto all’evoluzione tecnologia del mondo reale e sorda alle esigenze dei cittadini.
«Abbiamo dunque due mondi: uno reale, pervaso dal digitale, e quello parallelo di una pubblica amministrazione che va avanti con la testa volta all’indietro, come se il contesto non la riguardasse. «Invece», conclude il dottor Fiorentino, «dobbiamo far sì che non solo il contesto condizioni le PA, ma che l’uso consapevole delle tecnologie renda i servizi offerti al cittadino migliori, efficienti e meno onerosi».
Rimane da capire chi, e come, potrà accompagnare questo grande processo di cambiamento organizzativo e funzionale delle amministrazioni, tra giovani cultori di diverse discipline e formazione tecnologica, a cui sottende il rinvigorimento delle energie.
*Tratto dalla rubrica Techne – Progettare il futuro a cura di Roberta Bruno e Ugo Calvaruso
Dello Buono Dimitri - Responsabile Laboratorio geoSDI - CNR -Le costruzioni hanno una vita e la loro vita dipende da come sono state concepite ma soprattutto da come si gestiscono e si manutengono. Con il passare del tempo la tecnologia ci ha messo nelle condizioni di migliorare i materiali e ridurre gli sprechi. Obiettivo principale erano costi ridotti, velocità di esecuzione e miglioramento delle prestazioni.
Erroneamente si valuta una nuova costruzione nel momento in cui la si acquista ma solo poi si apprezza il vero valore ossia quando la si utilizza.
I materiali e le tecniche di costruzione cambiano quando vogliamo un risultato migliore. Avere una migliore resa in tutto il ciclo di vita richiede una spesa superiore all’acquisto che poi si recupera durante il suo utilizzo.
I materiali, poi, vanno smaltiti, gli scarti riciclati e i consumi necessari per la manutenzione e la gestione calcolati.
La transizione digitale, oggi, permette di conoscere cosa accade quando facciamo delle scelte progettuali. Possiamo quindi sapere come cambia la vita della nostra costruzione quando scegliamo un materiale al posto di un altro o se pensiamo a soluzioni che ci diano vantaggio alla lunga o nel breve ma che pagheremo poi.
Celebrato a Roma e altrove l’anniversario di Giovanni Palatucci (1909-1945) il questore di Fiume che aiutò gli ebrei e morì a Dachau il 10 febbraio 1945.
– Un cristiano coerente fino al sacrificio di sé. Oggi è accolto come giusto fra le nazioni e come Servo di Dio.
– Il 10 febbraio 1945, a soli 36 anni, il commissario Giovanni Palatucci morì di stenti nel campo di concentramento di Dachau (Germania) in cui fu deportato per aver salvato molti cittadini ebrei dai rastrellamenti.
– La sua figura è stata commemorata lo scorso 10 febbraio a Roma, dove è stata celebrata una messa, a cui ha partecipato il capo della Polizia Franco Gabrielli.
– Anche in altre città d’Italia il Poliziotto eroe è stato ricordato con diverse iniziative. Un modo per lasciare un segno indelebile alle generazioni future, affinché comprendano il valore di chi, in quegli anni bui, decise di non voltarsi dall’altra parte e di sacrificare la propria vita per salvarne altre.
Giovanni Palatucci (Montella-AV, 31 maggio 1909–Dachau, 10 febbraio 1945).
Poliziotto, servo di Dio, “giusto fra le nazioni”. Un cristiano coerente fino al sacrificio di sé.
♦ Laddove finisce il dovere inizia la santità: è ciò che ci ha fatto comprendere, con l’estremo sacrificio del martirio, Giovanni Palatucci, il poliziotto servo di Dio e “giusto fra le nazioni” di cui il 10 febbraio scorso è stato celebrato il settantaseiesimo anniversario della morte, avvenuta di stenti nel campo di concentramento tedesco di Dachau.
♦ In una intervista concessa all’inviato de L’Osservatore Romano, Raffaele Camposano, primo dirigente nonché direttore dell’Ufficio storico della Polizia di Stato, ha raccontato alcuni eventi della vita di Palatucci, già commissario di pubblica sicurezza e funzionario alla questura di Fiume, vittima della ferocia nazi-fascista.
1. La figura del servo di Dio Giovanni Palatucci rimanda immediatamente il pensiero al sacrificio. Chi era quest’uomo?
♦ Volendo sinteticamente definire Palatucci, direi che fu un “uomo coerente” con alle spalle un percorso interiore, vissuto con pienezza e consapevolezza, come uomo, poliziotto, patriota e cristiano. Blaise Pascal diceva che «è dall’uomo stesso che discendono il bene e il male, ed è arbitrio dell’uomo scegliere quale sentiero intraprendere».
♦ Palatucci seppe fare la scelta giusta al momento giusto, in piena libertà e volontà. Ciò è chiaramente evidente allorquando, presago, oramai, della sua fine imminente, mise a nudo la sua anima affermando: «Sono rimasto saldo nelle mie posizioni: per la Chiesa, per l’umanità, per la patria, perché questo è il dovere che m’impone la coscienza e la storia nel servizio del mio popolo, il più derelitto di tutti i popoli di questo mondo».
È stato ricordato anche a Vibo Valentia l’ex Questore di Fiume Giovanni Palatucci, scomparso il 10 febbraio 1945, all’età di 35 anni, nel campo di concentramento di Dachau. Questa mattina al parco delle Rimembranze si è svolta la cerimonia a cui hanno preso parte il sindaco di Vibo Valentia, il Questore Raffaele Gargiulo. Con loro anche l’assistente spirituale della Polizia di Stato Monsignor Enzo Varone ed una rappresentanza dell’Anps.
Nel corso della manifestazione è stato piantato un albero ed è stata apposta una targa di marmo. Il Questore ha ricordato la vita e l’operato del funzionario di Polizia, medaglia d’oro al merito civile, riconosciuto nel 1990 “Giusto tra le Nazioni”, distintosi per aver salvato circa 5.000 ebrei dalle persecuzioni razziali. La cerimonia si è conclusa con l’intervento del Prefetto Francesco Zito, che ha ricordato l’alto valore del giovane Palatucci, suscitando grande emozione nei presenti, tra cui una discendente del Questore Palatucci che vive a Vibo Valentia.
Palatucci, prima Funzionario dell’Ufficio Stranieri, poi Questore facente funzioni, ha lavorato a Fiume fino al giorno della sua deportazione ad opera delle truppe tedesche.
E' stata inaugurata in via Sallustio a Sulmona una lastra in pietra con su incisa un’iscrizione commemorativa, con cui l’amministrazione comunale vuole ricordare Giovanni Palatucci, vice commissario aggiunto di Fiume, morto nel campo di sterminio di Dachau il 10 febbraio 1945. La figura di Palatucci però è una delle più discusse in quanto gli è stato attribuito il merito di aver salvato migliaia di ebrei, tanto da essergli stato assegnato nel 1990 dallo Yad Vashem il riconoscimento “Giusto tra le Nazioni”, nel 1995 la Medaglia d’Oro al Merito Civile dello Stato italiano, mentre il 21 marzo 2000 il Vicariato di Roma ha emanato un Editto per l’apertura del processo di beatificazione. Meriti che nel corso degli anni sono stati mano a mano smontati dagli storici.
La vicenda Palatucci nasce in seguito alle pressioni dello zio Vescovo Giuseppe Maria Palatucci nel 1952, intervenuto nella battaglia legale della famiglia iniziata nel 1946 per ottenere una pensione di guerra che il governo italiano non voleva accordare (e che fu concessa nel 1953). Il vescovo scrisse al Ministero degli Interni che il nipote era meritevole di riconoscimento in quanto aveva salvato alcuni ebrei fiumani.
Sulla figura di Palatucci ha svolto un’importante ricerca il centro Primo Levi di New York grazie allo studio archivistico della storia della Questura di Fiume tra il 1938 e il 1945. Nella relazione del centro Primo Levi è scritto: “I due fascicoli di Palatucci mostrano che agì sempre sotto lo stretto controllo dei suoi superiori, il Prefetto Temistocle Testa e il Questore Vincenzo Genovese, da cui ricevette elogi, sostegno e promozioni. […]All’interno del sistema di terrore stabilito da Testa e Genovese fin dal 1938, Palatucci fu parte essenziale della macchina di applicazione delle leggi razziali in qualità di compilatore dei censimenti che dal 1938 al 1944 furono usati per la privazione dei diritti civili degli ebrei, la spoliazione dei loro beni, l’arresto e internamento, l’espulsione e infine, la deportazione nei campi di sterminio.”
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La cerimonia stamattina 10 febbraio. Fu questore di Fiume e morì nel 1945 nel campo di concentramento di Dachau. Vicino alla Questura di Cuneo, una targa in sua memoria
"Ricordiamo Giovanni Palatucci, ultimo questore di Fiume, 'Giusto fra le Nazioni', per aver salvato migliaia di ebrei dal genocidio. Un esempio di altruismo fino all'estremo sacrificio".
E' con queste parole che Nicola Parisi, questore di Cuneo, oggi (10 febbraio) ha voluto ricordare, insieme a tutta la Polizia di Stato, la figura di Giovanni Palatucci, ex questore di Fiume, nell'anniversario dalla sua morte, avvenuta nel 1945 nel campo di concentramento di Dachau.
Riconosciuto "Giusto tra le Nazioni" dallo Yad Vashem di Gerusalemme, viene poi insignito della Medaglia d'Oro al Valore Civile alla memoria dallo Stato italiano per aver salvato dal genocidio migliaia di ebrei.
Nell'ambito delle iniziative previste sul territorio nazionale, la Questura di Cuneo stamattina ha ricordato Palatucci con una breve cerimonia nei pressi dell'ingresso all'Ufficio Immigrazione, posizionando una targa in sua memoria sovrastata da un albero di ulivo stilizzato, simbolo di pace, salvezza e prosperità per le generazioni future.