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"Palatucci collaboratore dei nazisti": ecco perché le tesi del Primo Levi Center sono discutibili. Anzi, errate

Palatucci onlusTRIESTE, 27 giugno - Triste destino quello di Giovanni Palatucci funzionario di Polizia morto a 36 anni nel lager di Dachau a pochi mesi dalla liberazione, onorato, in tempi non sospetti, con il titolo di “Giusto tra le Nazioni” per aver salvato “molti” ebrei e solo nel 1995 riconosciuto dallo stato italiano con la Medaglia d'Oro al valor civile e l'apertura di un complesso processo di beatificazione da parte della

Chiesa Cattolica. Dopo decenni di oscuramento e oblio della memoria e una riscoperta sofferta e lenta poi esplosa improvvisamente nel corso degli ultimi anni la sua figura è sempre stata sotto

attacco da parte di (pochi) storici e giornalisti ma mai come in questo periodo.

Infatti, dopo un articolo su Corriere.it di Alessandra Farkas del 23 maggio in cui venivano messe in luce tutte le (presunte) ombre di quello che veniva definito con una facile etichetta lo “Schindler italiano”, il 19 giugno sul New York Times, Palatucci veniva accusato di essere “un collaboratore nazista”. La notizia è rimbalzata improvvisamente sui più importanti quotidiani nazionali e internazionali innescando un acceso e appassionato dibattito.

L'AntiDefamation League, l'associazione ebraica che aveva attribuito a Palatucci il suo Courage to Care Award il 18 maggio 2005, ha affermato: “Sappiamo adesso quel che non sapevamo allora, che cioè Palatucci non fu il salvatore in cui è stato trasformato dopo la guerra. Alla luce di prove storiche la Adl non onorerà più la memoria del poliziotto italiano”.

Il caso è scoppiato a New York durante un incontro sulla figura del poliziotto irpino organizzato dal Centro Primo Levi presso la Casa italiana Zerilli Merimò a cui hanno partecipato l’ex direttore del Dipartimento Giusti di Yad Vashem, Mordechai Paldiel, lo studioso Marco Coslovich e, in veste puramente istituzionale, il console generale d’Italia a New York, Natalia Quintavalle. L'incontro si è aperto con una domanda: davvero Palatucci salvò migliaia di ebrei?

Secondo gli organizzatori lo studio condotto nel corso degli ultimi sei anni su circa 700 documenti, da parte di studiosi vicini al centro dedicato al grande chimico e scrittore, ha fatto emergere che Giovanni Palatucci era invece un collaboratore nazista, tanto da partecipare alla deportazione degli ebrei nel campo di Auschwitz. Accuse pesanti, infamanti. Ingiuste.

Ma andiamo per gradi. Intanto quali solo, nel dettaglio, le accuse? Natalia Indrimi, direttore del Centro Primo Levi, ha scritto che l'uomo era "un pieno esecutore delle leggi razziali e, dopo aver prestato giuramento alla Repubblica sociale di Mussolini, collaborò con i nazisti".

In effetti a bene vedere, formalmente, Palatucci è stato un funzionario prima dello stato fascista italiana e poi della Repubblica Sociale e quindi collaboratore del Terzo Reich che in quella zona aveva costituito l'Adriatisches Kustenland. Ci sono varie testimonianze però che non era certo un fascista zelante e che dopo la caduta di Mussolini e l'8 settembre mentre i veri fascisti zelanti se la davano a gambe rimase al suo posto proprio per difendere gli ultimi ebrei e italiani rimasti in quella città.

E comunque anche Giorgio Perlasca fu un fascista e Oskar Schindler un nazista. Ma nonostante questo hanno salvato centinaia di ebrei. L'essere quindi fascisti o nazisti non comporta, per forza, l'essere carnefice di ebrei.

Palatucci proprio grazie al suo ruolo di “fascista” riuscì a salvare i ricercati ebrei.

Passiamo all'altra accusa: “la sua stessa deportazione a Dachau, nel 1944, non fu determinata dalle sue gesta per salvare gli ebrei, piuttosto dalle accuse tedesche di appropriazione indebita e tradimento, per aver passato ai britannici i piani per l'indipendenza di Fiume nel dopoguerra”. Intanto la seguente tesi conferma la sua avversione al nazi-fascismo. E comunque che Palatucci fosse “collaboratore dei britannici”. Lo sapevamo già.

Le ragioni dell'arresto d'altronde secondo quanto emerge da un telegramma del 19 settembre 1944 inviato dal Prefetto Spalatin al Capo della Polizia Eugenio Cerruti, erano dovute “al rinvenimento di un piano relativo alla sistemazione di Fiume come città indipendente, tradotto in lingua inglese che doveva giungere in Svizzera e ivi consegnato ad autorità inglesi”.

Ricordava suo zio Mons Giuseppe Maria Palatucci: “So bene che mio nipote lavorava per mettersi in relazione con gli Alleati contro i nazi-fascisti”.

“Intelligenza e cospirazione con il nemico” fu la motivazione dell'iniziale condanna a morte poi commutata in deportazione. Fu trovato in possesso del così detto Memorandum redatto da Giovanni Rubini. I documenti in possesso di Yad Vashem ci informano che “nel settembre 1943 il Dr. Palatucci aderì al Movimento di Liberazione Nazionale, assumendo il nome di "Dr. Danieli", proseguendo nella sua mirabile opera di salvataggio di migliaia di perseguitati”.

Nelle prime ore era girata voce che si sarebbe valutato la possibile eliminazione del titolo di Giusto tra le nazioni perché non avrebbe salvato migliaia di ebrei. Ma attenzione: si diventa Giusti tra le nazioni anche solo per aver salvato una vita perché come recita il Talmud chi salva una vita salva il mondo intero. E Palatucci, a seguito di un lungo processo, di vite ne ha salvate molte tra cui quella di Elena Ashkenasy.

Mordechai Paldiel che seguì il processo per il titolo di “Giusto” a Yad Vashem, il 10 luglio 1995, scriveva a Thomas Palatucci, congiunto newyorchese del poliziotto italiano: “Palatucci avvertì gli ebrei del fatto di essere ricercati, li nascose o li aiutò a salpare per Bari, dietro le linee alleate. Molti ebrei furono salvati a motivo dei suoi sforzi”.

E questa affermazione ci consente di esaminare un'altra accusa rivolta a Palatucci, in breve: come può aver salvato migliaia di ebrei se a Fiume ve ne erano poche centinaia?

Affermazione poco ragionata. Palatucci, ovviamente non si occupò solo degli ebrei residenti a Fiume ma anzi la sua opera si indirizzò spesso verso persone di passaggio che arrivavano nella città di confine attraverso il noto “canale fiumano”.

Quindi riepilogando è si vero che Palatucci fu formalmente alleato dei tedeschi, morì a Dachau non per aver salvato ebrei ma per aver cospirato con i britannici e non ci si può permettere di dire che non sia degno del titolo di “Giusto”. Quindi? Cosa c'è di nuovo?

In effetti sulle colonne di Panorama lo storico Michele Sarfatti alla domanda: “Ma Palatucci può essere considerato un carnefice, come sembra dire il New York Times?” ha risposto ridimensionando le affermazioni che vengono d'oltreoceano: "Il taglio di quell'articolo non mi vede d'accordo. C'è un frase in cui si parla di lui come un collaboratore, ma, ripeto, non ci sono prove storiche. Non si tratta di ribaltare il mito degli ultimi 30 anni, trasformandolo da eroe in aguzzino, ma di dare a lui la giusta dimensione."

Certo, è vero la storia di Palatucci andrà approfondita e conosciuta meglio ma con rispetto, senza sensazionalismi, senza buttare fango.

Arrivando persino a dire che "il mito" di Palatucci iniziò nel 1952, quando lo zio vescovo Giuseppe Maria Palatucci raccontò questa storia per garantire una pensione ai parenti dell'uomo.

Peccato che per molti anni i vertici della Polizia e del Ministero dell’Interno, continuarono a disconoscere il suo eroico martirio mettendone in dubbio addirittura l’onestà.

Il 9 aprile 1948 vennero celebrati i funerali senza nemmeno una bara su cui piangere. La madre Angelina non ce la fece ad arrivare a quel giorno. Il 27 luglio 1949 il padre scrisse al ministero dell'Interno: “Dico la verità, non mi sono curato di fare documenti richiestimi, anzi ho deplorato la pratica iniziata dalle autorità competenti a corrispondere quei pochi mesi di assegni agli eredi del defunto commissario, e non rivolgere al medesimo un elogio per aver finito la sua preziosa esistenza nel fiore degli anni per adempiere il suo dovere di perfetto funzionario e di italiano di vero spirito” .

Quello che richiedono il padre e lo zio è un riconoscimento morale e non economico di cui tra l'altro non avevano bisogno. Un riconoscimento che sarà chiesto a gran voce anche negli anni successivi anche alla luce dei riconoscimenti da parte del mondo ebraico.

Quindi se il Centro Primo Levi è in possesso di documenti nuovi e importanti, ebbene, che li renda noti e disponibili agli studiosi, però senza parole pesanti e infamanti irrispettose comunque per un uomo morto in un campo di concentramento. Ha affermato infatti Indrimi nella lettera inviata al museo di Washington: “Giovanni Palatucci non rappresenta altro che l'omertà, l'arroganza e la condiscendenza di molti giovani funzionari italiani che seguirono con entusiasmo Mussolini nei suoi ultimi disastrosi passi”.

La realtà è un'altra: Palatucci ha disubbidito alla legge dello Stato per obbedire a quella della Coscienza. Solo apparentemente era un fascista zelante in realtà riuscì proprio grazie al suo incarico a salvare vite umane, il cui numero, certo, andrà ridimensionato o modificato ma sicuramente non annullato e che niente cambia nella grande lezione che ci lascia. Aveva scritto: “Io resto saldo nelle mie posizioni per la Chiesa, per l’ Umanità, per la Patria, perché questo è il mio dovere che mi impone la coscienza e la storia nel servizio del mio popolo, il più derelitto di tutti i popoli di questo mondo. Di fronte alla sofferenza della gente e della mia Nazione, la mia stessa sorte non ha nessuna importanza”.

Nazareno Giusti

@NazarenoGiusti1

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Commenti
Il contenuto dei commenti non costituisce notizia giornalistica

27-06-2013 / WOLF MURMELSTEIN
A New York, sia al CENTRO PRIMO LEVI che ai vari cenacoli, non sanno nulla della reale situazione di quegli anni.
Palatucci a Fiume, Di Fiore a Roma e tanti altri fin dal 1940 sarebbero stati tenuti ad espellere gli ebrei profughi e riconsegnarli ai nazisti. Certo non potevano documentare in modo burocraticamente perfetto quamti ebrei sono stati invece inviati in internamento in qualche comune dell'Italia Meridionale.
Contemporaneamente si cerca pure di demolire anche il Mito Perlasca ignorando tutto sulle reali condizioni a Budapest nel Dicembre e 1944 Gennaio 1945.
Infine una cammarilla di intellettuali ha iniziato a rivalutare Hanna Arendt, famosa per l'identificazione del criminale Eichmann quale semplice banale esecutore di ordini superiori e per le accuse ai dirigenti ebraici rappresentanti delle comunità nella buffera.
Non sembra una coincidenza; mi sembra una manovra.

28-06-2013 / PEDRO LOPES
i am portuguese.
Acredito que Palatucci fez tudo o que podia fazer na altura para salvar vidas. Acredito que ele tinha um coração sem preconceitos, pois amava uma mulher judia, além disso se tivesse sido um aliado nazi porque seria morto pelos nazis? e precisamente no mesmo sitio que os judeus? Não faz sentido nenhum essa história dele ser pró nazi.

 

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