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Dal Piemonte all’Irpinia Spini e quei giorni del ‘43

spiniCon i partigiani raggiunse Nusco, Montella e altre località sfidando i tedeschi ..Dieci anni fa, la casa editrice Claudiana di Torino ha pubblicato il libro “La strada della liberazione. Dalla riscoperta di Calvino al fronte della VIII armata”, scritto da Giorgio Spini (Firenze, 1916-2006) col determinante contributo del figlio Valdo. Il volume raccoglie articoli e documenti biografici dello storico, risalenti agli anni della giovinezza e della guerra, integrati da appassionate rievocazioni: "ho scavato tra le carte di mio padre - ha ricordato Valdo- chiacchierando con lui, investigando nel nostro lessico famigliare. Ne è nato un libro che considero in qualche modo un po’ la creatura di un rapporto padre-figlio, l’incontro fra due generazioni che

sono riuscite a parlarsi. 

Dalla Val Pellice a Montella
Leggendo il libro, si apprende che Spini attraversò l'Irpinia in uno dei momenti più drammatici della storia italiana. L’8 settembre 1943 era sottotenente dell'esercito italiano, convalescente nell'amata Val Pellice. Da circa un anno aveva aderito al nucleo fiorentino del Partito d'Azione, in coerenza con il suo credo religioso ("fin da ragazzo capii che il manganello e il becerume fascista erano inconciliabili con l'etica protestante, che mi era stata istillata a casa, dal mio babbo, e in chiesa"). La notizia dell'armistizio e la chiara coscienza del disastro che incombeva sulla nazione lo spinsero a partecipare senza alcun indugio all'organizzazione dei primissimi nuclei partigiani. Tornato a Firenze il 17 settembre, insieme all'ufficiale Luigi Vestri decise di ricongiungersi al ricostruito esercito italiano, schierato al fianco delle forze alleate. Per evitare l'insidia delle truppe tedesche, in gran parte dislocate sull'asse toscano-laziale, i due militari viaggiarono in treno a Faenza e quindi a Sulmona (ma anche su questo percorso notarono non poche colonne nemiche). Incamminatisi a piedi per le montagne abruzzesi ed unitisi ad altri ufficiali e soldati come loro in fuga verso il Sud, giunsero finalmente alle porte della Campania, dove si giovarono dell' inaspettata e gradita protezione del mondo contadino: "Qui siamo tutti parenti degli americani. Se vuoi andare da loro, ti aiutiamo noi. Basta andare sempre filo filo finché non arrivi a Battipaglia". Il consiglio si rivelò utilissimo: i tedeschi erano in rabbiosa ritirata e, per non essere intercettati e rastrellati, bisognava seguire l'impervio tracciato dell'elettrodotto che dall'Appennino raggiungeva la piana campana. Alla fine, il gruppo arrivò a Montella, dove si trovava un reparto della Quinta Armata alleata, impegnato nella delicata opera di sminamento dell'area altirpina: "Era fatta - sospirò nel ricordo Spini- ed era stata molto più facile di quanto ce lo fossimo figurato. Nulla di eroico insomma".

Le tappe in Irpinia
A Montella, Spini e gli altri ufficiali compagni di avventura stilarono un rapporto per gli americani. Ricostruendo le tappe del loro avventuroso viaggio dall’Abruzzo all'Irpinia, fornirono utili indicazioni sui movimenti del nemico: “Lasciammo il giorno 20 mattina Sulmona, la cui stazione è interamente devastata e quasi inservibile per i bombardamenti aerei. La popolazione ci disse esservi un presidio tedesco in città. Per altro la zona ci parve assolutamente deserta di tedeschi. Lasciato il treno a Carpinone proseguimmo il giorno 21 a piedi per Boiano e Vinchiaturo. A Boiano incontrammo un certo numero di automezzi cingolati vuoti, diretti al sud: la popolazione locale ci disse che da vari giorni questi mezzi andavano vuoti verso il sud e ne tornavano carichi al nord. Nella selva di Campochiaro si trova un posto di tappa germanico con circa 400 mezzi, che la popolazione loca le ci disse essere rifornita per mezzo di aerei. L’aviazione alleata ha eseguito un bombardamento: però invece di colpire la selva che trovasi ad est della pianura, ha colpito ad ovest, vicino alla montagna, un altro bosco senza alcuna importanza. Il giorno 22 passando per Fragneto notammo automezzi germanici bene mimetizzati nei pressi della stazione. A Pescolamazza nei boschi circonvicini si trovano un ospedale da campo, un concentramento di automezzi ed in una cava di pietre altri automezzi. Notammo che qualche apparecchio alleato eseguiva lanci di bombe nei pressi di queste zone. Il giorno 23 fra Paduli ed Apice vicino al greto del fiume Ufita sapemmo di un apparecchio italiano precipitato con sette persone a bordo di cui cinque decedute, mentre tentava di sfuggire ai tedeschi e rifugiarsi nelle linee alleate. Ad Apice, presso il cimitero del paese esiste un deposito di munizioni, presidiato da pochissimi uomini. A SW di Apice in contrada Zuzzoli esiste un accampamento tedesco già bombardato peraltro da aerei alleati. Il giorno 24 a San Mango sul Calore abbiamo notato il transito e la presenza di mezzi corazzati tedeschi, diretti dal sud verso nord. Durante la nostra breve permanenza, alla centrale elettrica locale una commissione tedesca ordinò al corpo centrale di lasciare aperti i cancelli per lasciare passare liberamente le loro truppe. Sospettiamo che si voglia minare la centrale. Il giorno 25 a Castelpane abbiamo incominciato a trovarci sul campo di battaglia. Una batteria tedesca sparava dalle vicinanze del cimitero. Il traffico sulla strada Foggia-Avellino,in direzione nord-est-sud ovest si è mantenuto assai intenso fino a tarda sera malgrado il violento fuoco delle artiglierie alleate, che però non colpiva la strada e perciò non provocava danni al nemico. Verso sera abbiamo traversato la strada nazionale e pernottato in una casa colonica. Al mattino del 26 il fuoco delle artiglierie si è avvicinato notevolmente a questa casa, posta circa mezzo chilometro dalla strada. Nella nottata alcuni pezzi semoventi tedeschi hanno sparato alcuni colpi da Nusco, ma si sono ritirati davanti alla violenza del fuoco alleato. Nella zona intorno a Nusco abbiamo notato ancora il giorno 26 esigui gruppi di germanici con armi antiaeree di piccolo calibro. Praticamente fino da Castelfranci a Montella la zona era già libera da reparti organici ne mici. Sulle ultime colline antistanti a Montella siamo passati in vista dei rifugi di paracadutisti americani che già da vari giorni si aggiravano nella zona aiutati e nutriti dalla popolazione, che aveva assistito uno di loro ferito ad una gamba. Ci vennero detti minati il ponte della strada Nazionale sul Calore ed il ponte della strada a Castelfranci. Cassano era deserto di tedeschi. Prima di entrare nell’abitato di Montella vedemmo ancora passare due motociclette germaniche e notammo la presenza di una sentinella, forse a guardia della mina, ad un ponticello della strada. Proseguimmo il nostro cammino con un largo giro ed alle ore 14 entravamo in contatto con la prima pattuglia del genio americano, che ci avvia va al comando del VII reggimento di fanteria”. 

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