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SERATE LETTERARIE: UN AUTUNNO DA LEGGERE INSIEME». PRESENTATO «IL NEOREALISMO NEL CINEMA ITALIANO» DI ANGELO FESTA.

Serate Letteraie-24-10-13Emozionante e coinvolgente la «Serata letteraria» di giovedì 24 ottobre presso il Bar La Controra di Montella, che ha visto Angelo Festa condurre per mano il pubblico in un affascinante viaggio ideale nella breve ed intensa storia del Cinema neorealista.Un percorso dalle vicende alterne, tenuto a battesimo dai flop commerciali e dalle

stroncature della critica nostrana  ed esaltatosi fino alla definitiva consacrazione internazionale, sancita dalla  «Palma d'Oro» attribuita a «Roma città aperta» di Roberto Rossellini e dagli Oscar a Vittorio De Sica per Sciuscià (1948) e Ladri di biciclette (1950).

Dirigente scolastico, profondo conoscitore della lingua e della cultura tedesca, Festa è autore per la casa editrice Il Papavero del libro «Il neorealismo nel cinema italiano» ( con illustrazioni di Fabio Festa).

Il libro delinea un vivace e puntuale excursus attraverso una  galleria di personaggi  che, negli anni del secondo dopoguerra, hanno marcato una stagione irripetibile del nostro cinema.

Da Roberto Rossellini a Vittorio De Sica, da  Luchino Visconti a Cesare  Zavattini, Alberto Lattuada, Giuseppe de Santis, Pietro Germi ed altri ancora.

Tutti alfieri, ciascuno con le proprie peculiarità, di un cinema impegnato e popolare, i cui soggetti erano tratti dalla vita quotidiana delle persone comuni nei drammatici anni post-guerra.

Di qui la scelta di affidare le interpretazioni in prevalenza ad attori non professionisti (fatte salve non trascurabili eccezioni come ad esempio Anna Magani e Aldo Fabrizi in «Roma  città aperta») e di girare soprattutto in esterno, puntando l'impietoso occhio indagatore della macchina da presa direttamente sulla realtà, in chiave documentaristica .

Si faceva - ha rimarcato Festa-  di necessità virtù, considerate le ristrettezze economiche e la cronica carenza attrezzature e teatri di posa, in gran parte distrutti o riconvertiti a scopi militari durante il conflitto.

Circostanze, queste, che imponevano lo sviluppo di prodotti realizzati con poche attrezzature, poco personale, e una grande dose di improvvisazione e d’ingegno quotidiano.

Movimento culturale, più che corrente o scuola, il neorealismo accomunava autori e poetiche che, nella riconquistata libertà, reagivano al precedente oppressivo controllo fascista.

Il regime aveva ampiamente promosso e sovvenzionato il cinema, fino a creare a Roma l'imponente complesso di Cinecittà ed a Venezia la rinomata Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica, entrambi a fungere da contraltari rispetto agli «studios» ed all' «Academy» hollywoodiani.

La subordinazione assoluta alle esigenze del regime costituiva per il cinema («l'arma più forte», secondo un noto motto mussoliniano) una sorta di camicia di forza, che ne comprimeva le dirompenti potenzialità e ne rendeva asfittico il campo d'azione.

I modelli dominanti oscillavano tra le opere propagandistiche, di esaltazione retorica delle virtù e glorie  nazionali e le produzioni leggere e disimpegnate, all'insegna del «qui non si parla di politica».

Basti pensare al melodramma o al famoso cinema dei « telefoni bianchi», di ambientazione e gusto piccolo borghese.

Non desta, quindi, meraviglia il carattere «politico» in senso lato dei temi affrontati dal neorealismo: l'esperienza dolorosa della guerra, l'epopea della resistenza, il dramma dei reduci, la disoccupazione, la miseria e, assieme, la ventata di speranza -di riscatto politico sociale ed umano- che percorse l'Italia e l'Europa nell'immediato dopoguerra. 

Temi destinati ad apparire «eversivi» agli occhi di un' Italia ancora ingessata da vent'anni di conformismo, desiderosa di occasioni di evasione da un difficile presente ed ancora incapace di fare appieno i conti con il proprio recente passato.

Non poche saranno, infatti, le incomprensioni nè mancheranno i problemi con la censura, nel clima di aspro scontro politico-ideologico di quegli anni.

Questi e tanti altri i profili toccati in un'ora e mezza abbondante di appassionato intervento, nel corso del quale è emersa con forza la passione di Festa per il neorealismo e la voglia di contagiarne i presenti.

Frequente e piacevole è stato  il ricorso all'aneddoto.

Aneddoto mai, però, fine a se stesso bensì significativamente inteso a delineare con vivacità le figure dei protagonisti con le loro eterogenee provenienze personali e culturali e, soprattutto, la temperie storica e sociale in cui vissero ed agirono.

Adriano Garofalo

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