Lieto fine per il cagnolone brutalmente bastonato 'nfronte di Giuseppe Marano - (almeno ce lo auguriamo)Caro Vittorio voglio darti subito la bella notizia.
Il cane che ho trovato qualche giorno fa nel parcheggio MD di Montella, con la vistosa ferita in fronte, cui gentilmente hai dedicato spazio nel tuo giornale, è stato trovato e ricoverato.
Me l’ha comunicato il Comandante della Polizia Municipale Iannélla da me informato e pregato di volersi adoperare per assicurare alla povera bestia le cure e la protezione necessarie.
E’ stato ricoverato e spero vivamente che ce la faccia e venga poi sottratto alla incombente minaccia di bastonatura, stavolta finale, mortale, anche per la rabbia da parte del massacratore di vederlo quasi provocatoriamente, sopravvissuto alle sue mazzate.
Dovete penetrare i capillari della psicologia maligna! Ma lasciamo stare…qualcuno benpensante dirà che la mazzata è tutta da provare, che è frutto della mia malevola prevenzione,,, insomma dirà quello che vuole, Vittò, è…democrazia, dirà che ha fatto lo scontro con una macchina…
Ma io da piccolo sono abituato a vedere e riconoscere gli effetti devastanti raccapriccianti delle mazzate ‘nfronte su questi poveri animali…con fenomenale sadismo ho visto pigliare a mazzate due di questi poveri animali colpevoli di…. amarsi al punto da restare attaccati, da desiderar di diventare… un corpo e un’anima! Altro che “cristiàni”! Quale amore più ggrande!
Potevo avere 7 anni. Pe’ la via re Suorio… “Uàrda sti fetienti come so’ ‘ncatastati! Mo’ te re ccònzo io!” e giù una mazzata con sogghigno sadico compiaciuto a…dilacerarli! Ricordo, pardon, con orrore le goccioline di sangue sulle pietre della strada! Non c’erano ancòra i cubètti!
Ricordo pure che si divertivano a confrontare distinguere le espressioni: a Suòrio si diceva “‘ncatastati” mentre a Bbotoràla “ ‘ncasteddàti”, e noi a bocca aperta come bocchèli.
In un mondo dominato da un assolutismo egoisticamente e biecamente antropocentrico, caro Vittorio, mi commuove (son sicuro unitamente a te) riscontrare questi atti di nobiltà spirituale da parte di tutori dell’ordine, quale il Comandante Iannélla, che pur oberati dagli infiniti problemi della comunità, riescono a trovare l’ “humanitas” francescana per questi veri “ultimi”.
Che dirti Vittorio speriamo che ce la faccia il nostro animaluccio, che adotterei senz’altro, ma già ne ho troppi…vorrei essere un Totò, una Briggìtta Bardò, un Alèn Delòn ma solo per avere i loro soldini (senza invidia) per poter mettere a disposizione dei veri “amici” tutto quello che serve perché vivano tranquilli. Non pretendono molto.
Ovviamente per rispetto verso di te (e per quanti hanno a cuore le sofferenze di questi ultimi abbandonati bistrattati presi a mazzate avvelenati ecc. “perché danno fastidio”), ripeto, per rispetto verso di te e pochi altri, non posso dire che farei, potendo, (ricorda che sò bbiécchio!) se dovessi vedere qualcuno in atto di colpire questi inermi. Non per rispetto verso di me che da giovanotto “mi son cacciato” il porto d’armi per motivo d’onore tra amici e parenti.
A poco vale l’attenuante di non aver mai sparato a un ciggnàle pur partecipando a tante battute negli anni ruggenti.
Giuseppe Marano
Luca Di Giacomo ha prestato giuramento nella Caserma Eugenio Frate di Campobasso , Congratulazioni al papà Franco alla madre Lisa Bella Zurlo e alla sorella Jessica, e naturalmente da tutti noi della redazione di Montella.eu
ù
I MISOCINI (=nemici massacratori e avvelenatòri di cani) Vittorio purtròppo mi devi sopportà se nel giro di qualche giorno (dopo tanto silenzio, che è sempre vicinanza compresenza, mai distanza) ti mando nuova lettera, spero non una rottura, ma che vuoi fare la vita è ribelle a ogni programmazione si impone con la sua legge, insomma t’arriva na doppietta, na bbòtta rinto l’àta… Scusami pure il titolo strambo di conio velleitariamente classico (= il contrario di CINOFILI). Pecisiamo MISOCINI non MISOGINI! Mangalicàni!
Stamattina bellissima sorpresa (rivelatasi subito bruttissima) nel parcheggio di un supermercàto. Sai sono diventato amico dei fedeli quadrupedi, ci sono intellettuali di grido, che spégliano, che si convertono ad Hallà, io più modesto m’accontento di poco, per dirti che dopo tanto tempo ho rivisto uno dei miei amici randàgi, le sue presenze rare e perciò per me preziose, sono episodiche insomma si fa vedere dopo un mese e più…Stamattina l’ho trovato, ma da lontano ho notato in fronte una grossa macchia scura, mi sono avvicinato un poco (si allontana ha paura (e ne ha ben d’onde!)) ed ho notato una grossa bbrutta cicatrice incrostata in fronte, insomma ‘na jàcca, dicevano a Ssuòrio, “una zaùkka” avrebbe detto mia madre, evidente effetto di una “letranganàta” affibbiata “cò tutto lo sàngo a l’uòcchi” con tutto il sangue agli occhi. L’essere vivente (purtroppo) che l’ha colpito non può capire che è l’animale più innocuo di tutti per niente molesto, si tiene a rispettosa “impaurita” distanza.
Caro cagnolone che, nonostante la botta conservi la tua composta dignità con tutto quel ruognolo deturpante il faccino, hai avuto solo paura, non hai provato odio (privilegio nostrano) per chi ti ha dato la mazzata e ti considera colpevole solo di vivere.
Non mancherà lo sciabbolardèo chic (un po’ come i radical salottieri) che penserà (ma non dirà), o dirà (ma non penserà): “Ma come con tutto quel macello di guerra la strage degli innocenti 1500 israeliani bambini uomini donne vecchi straziati decapitati ‘nfornati vivi e 8000 e più palestinesi massacrati seppettiti robbrecati vivi dalle cannonate israeliane, sto fessa re prèsito vai a penzà a no cane ch’ha acchiappato na mazzata ‘nfronte!”…io sono il primo che inorridisco ed esecro condanno pure io con tutto il sangue agli occhi (ma all’inverso del lercio che ha massacrato quella povera bbèstia) questa strage come quelle di tutte le wèrre ma che significa sto… “peggialtrìsmo”! tutto il mondo stampato e video e in carne ed ossa giustamente lo sta facèndo, ma ciò non toglie che pure queste povere bestie che non hanno nessuno che le pensa, meritano un…pensiero. Ebbene che dirti se non ricordare il contrappasso dantesco …: “ammazzàrlo” in senso etimologico: “na tercetoràta” impeccabile ….potendolo fare… me ne andrei più lieve… nell’aere (“e chi si face mangià ra li viermi sottatèrra pe’ fa piacere a la riliggiòne che è ccontro la cremaziòne”, non si capìsce perchè. Non ti nascondo che ho un po’ di paura a denunziare alle FORZE il fatto per maltrattamento agli animali perché, non sia mai Ddìo il responsabile lo viene a sapere,,, che rimuginerà nella sua mente maligna?: “Ah! Lo prèsito tene sta passione pe’ sti fetienti r’animali,,,e mò te lo cònzo io!” e invece della mazzata lo spara proprio! Perché voi troppo buoni ingenui! non conoscete la perversione reattiva o (palindromo) reattività perversa, incommensurabile, di questi soggetti dove arriva!
Lo può capire solo uno che è più fetente di loro!
Aveva ragione Moravia: IL PIU’ CONOSCE IL MENO! A proposito che se n’è ffatto questo Maestro di scrittura!? La sua scrittura fa il miracolo di farti vedere le cose, scorre purissima come l’acqua di una polla del Terminio, da bere e …“addicriarsi”: “acqua corrente vìvi e no’ tremènte” = acqua corrente, beni senza guardare! Non se ne parla più di Moravia! E tutto sommato è…sintomatico della…situazione! Ciao Vittò
Festa della castagna 2023 Montella Taglio del nastro
Rendo noto ai miei pazienti, affezionati, benevoli lettori che l'episodio che mi accingo a narrare non è frutto di una spigliata ed incontrollata fantasia, ma è assolutamente vero.
Mutuando uno dei tanti anglicismi, seguendo la moda imperante, è una True Story!
Ricorrere a questi termini, per me è un' operazione molto sofferta, ma necessaria per evitare di essere considerato una persona retrograda, retriva, conservatrice e al di fuori dei tempi!
Tralasciando questo lungo esordio, questo noioso preambolo, mi accingo a narrare il fatto, la vicenda!
Al nostro protagonista, alla nascita gli fu appioppato il nomignolo, il vezzeggiativo di 'Nduniuccio, per rispetto e come "sepponta", (essendo unico nipote) al nonno, il cui nome era, appunto, Antonio!
Crebbe circondato dall'affetto dei suoi familiari; frequentò con profitto la Scuola Elementare e quando si accingeva a sostenere l' esame di ammissione alla Scuola Media, fu convocato dal nonno, uomo d'altri tempi, tutto d' un pezzo, determinato, intransigente, alieno da concessioni o compromessi sul piano delle opinioni e dei comportamenti, proprietario di un latifondo, che, in modo bonario, sconsigliò il nipote dal proseguire il corso degli studi e di dedicarsi, invece, come unico erede, all' agricoltura, al lavoro dei campi com'era nella tradizione familiare.
Si rassegnò a poco a poco, trovando dopo anche conforto e convinzione nella lettura delle Georgiche di Publio Virgilio Marone, che nei lavori agricoli, a contatto con la Natura, vedeva il recupero pieno della felicità dell'uomo!
Si sposò, ebbe dei figli e, nonostante la sua età avanzata, tutti lo chiamavano ancora 'Nduniuccio!
Il tempo, l'età, le carie, la piorrea ecc., ecc. avevano operato cinicamente una sistematica e drammatica devastazione nella sua bocca, al punto tale che dei 32 denti gliene erano rimasti solo 3, conficcati, come estremo baluardo, nella gengiva inferiore!
Era ridotto, poveretto, a nutrirsi esclusivamente di brodini vari, passate e vellutate di erbe e sostanze diverse : insomma, più che masticare, inghiottiva, deglutiva...
A ragione di tale regime dietologico, era ridotto pelle ed ossa!
Ostinato, caparbio, testa dura, non accettava di porre rimedio a questa situazione, convinto com' era che era vittima di un bieco determinismo, di un truce fatalismo che lo avevano spinto a poco, a poco nelle braccia di un pessimismo... "cosmico"!
Frattanto, il suo stato di salute peggiorava di giorno in giorno e la moglie con l'ausilio dei figli, demolirono le sue pervicaci riserve mentali e lo affidarono alle cure e all'attenzione professionali di un solerte, capace e preparato Dentista.
Quest' ultimo, nel giro di alcune settimane, gli approntò le due protesi, superiore ed inferiore, che, quasi per incanto, gli cambiarono, in modo palingenetico, la sua vita!
Ora masticava, triturava di tutto : finanche la carne dura e cruda, non di un tenero agnello, ma della di lui madre, una pecora adulta, pronta per il macello!
Più volte si recò a far visita al dentista, fautore del suo recuperato stato fisico, per ringraziarlo con devozione e riconoscenza!
Ma la storia non finisce qui : se lo fosse, la sua trama risulterebbe dozzinale, ordinaria, mediocre, di poco pregio!
Allora, seguitemi, leggendo il suo epilogo!
Quel giorno, com' era solito, si recò alla sua campagna, dove, tra l'altro, si dedicava con cura maniacale, alla coltivazione di un ampio orto.
Era felice di non mancare a questo appuntamento giornaliero, perchè si sentiva appagato, lontano dalla complessa vita del paese, e a suo agio immerso nella natura, la cui semplice bellezza gli purificava la mente e restituiva più vigore al suo corpo!
Raccolse un grosso pomodoro, della varietà di Belmonte Calabro, e, dopo averlo tagliuzzato, lo condì solo con spicchi di cipolla, pizzichi di sale e origano : annaffiò la vivanda, tracannando mezzo litro di Aglianico del Vulture...
Si accostò, poi, al ruscelletto dove scorreva veloce un'acqua limpida, "azzurra e chiara" : si sdraiò sulla sua riva, sotto la densa e benefica ombra di un pioppo!
Estrasse dalla bocca la protesi superiore, la lavò con cura e la poggiò delicatamente su una larga foglia per farla asciugare al sole, i cui raggi la fecero di botto brillare e luccicare come una moneta d'oro, una pietra preziosa, una gemma di quarzo!...
A questo punto, rallento, prendo una pausa, recupero il fiato, perchè la narrazione diventa convulsa, frenetica : incomincio ad aver timore, ad aver paura...
Il fatto è che alla distanza di poche decine di metri da lui, appollaiata sul ramo di un alto pero, molleggiandosi ininterrottamente sulle zampette e alzando e abbassando senza sosta la sua lunga coda, nera e bluastra, c'era, spettatrice non invitata, una Gazza Ladra ( non quella di Gioacchino Rossini )!
Essa partì come un missile sparato da Cape Canaveral e facendo una picchiata ( degna di quelle dell' aviatore tedesco Manfred von Richthofen, il Barone Rosso, famoso per le sue vittorie durante la* Prima Guerra Mondiale ) planò rasentando il suolo e col suo duro becco, con la destrezza e voracità di un felino e l'agilità di un acrobata circense, acchiappò la protesi e, con la stessa velocità con cui era discesa, volò via, dileguandosi nella nitida altezza del cielo!
Che dire dello sfortunato
'Nduniuccio?
Rimase sbalordito, allibito, stupefatto, smarrito, incredulo : due pesantissime randellate assestate con vigore sulla sua testa l' avrebbero appagato molto di più!
Ripresosi, andò alla ricerca spasmodica, febbrile, affannosa dei suoi denti, nella viva speranza che la Pica-Pica, date le dimensioni del bottino sgraffignatogli, l' avesse potuto perdere durante il volo di ritirata...
Girovagò in lungo e largo, avanti e indietro, di qua, di là, a destra, a sinistra, ma della sua dentatura neanche la minima...puzza!
Intanto, le prime ombre della sera calarono dense e beffarde sul luogo della rapina e l'infelice, affranto e sconsolato, se ne tornò mogio, mogio a casa sua, convinto che, come il
" cornuto e mazziato ", avrebbe dovuto sacrificare anche la cena!
Non oso dare un finale a questa storia vera ed incredibile, ma lascio a voi lettori, depositari di riconosciuta e responsabile autonomia, di adeguata sensibilità, di legittime aspettative, di immaginare e ipotizzare la sua concl
Decimo Concorso “ Borsa di Studio “ promosso da Vincenzo Costa , Presidente dell’ Associazione Amici di Crotone di Giovanni Palatucci Servo di Dio e Giusto fra le Nazioni .- Portiamo a conoscenza che il 1 Ottobre 2023,
per ricordare il Questore Buono Giovanni Palatucci, vice Questore reggente della Questura di Fiume ( Italiana ) il “ Servo di Dio e Giusto fra le Nazioni “ nonché Medaglia d’Oro al Merito Civile, è stato bandito il Decimo Concorso “ Borsa di Studio “ promosso da Vincenzo Costa , Presidente dell’ Associazione Amici di Crotone di Giovanni Palatucci Servo di Dio e Giusto fra le Nazioni .
Anche per questo anno scolastico 2023/2024 si è deciso di elargire una “ Borsa di Studio “ una tantum “ agli studenti dell’Istituto Comprensivo I.P.S.I.A. “ Barlacchi “ di Crotone scelta apprezzata molto dalla Dirigente Prof.ssa Serafina Rita Anania , la quale assieme ai docenti ha comunicato l’iniziativa agli studenti del Barlacchi .
L’ Elaborato da sviluppare dai ragazzi è il seguente :
Giovanni Palatucci, Servo di Dio e Giusto fra le Nazioni “ Il Questore Buono “
Grafica e Fumettistica
Vita e Gesta del Vice Questore reggente di Fiume ( Italiana ) nato a Montella il 31 maggio 1909 e morto il 10 Febbraio 1945, a Dachau ( Germania ) nei campi di sterminio, dopo aver salvato oltre 5.00 Ebrei da morte certa.
Il suo sacrificio, morire a 36 anni, per salvare tante vite umane, è stato un esempio che mira a fare meditare i ragazzi di oggi, in quanto il progresso, le nuove tecnologie a volte fanno dimenticare i valori primordiali della vita.
Ribadisce Costa che coinvolgere i giovani di oggi in un argomento così delicato, quale il ricordo della Shoah ( 27 Gennaio 1945 ) memoria dell’Olocausto, giorno in cui in cui i cancelli di Auschwitz vennero abbattuti dalla 60esima armata dell’esercito sovietico con il triste ricordo di oltre un milione di deportati che ivi trovò la morte.
La stima degli ebrei sterminati ammonta a sei milioni di persone, un vero genocidio di massa, gente innocente tra cui Giovanni Palatucci il Venerabile.
Crotone 23 ottobre 2023 Il Presidente
Associazione Amici di Crotone
di Giovanni Palatucci
Vincenzo Costa
Amici di Crotone di
I CASTAGNETI E LE TERRE DELLA FAMIGLIA ANGELO MARANO DI SORBO - I RACCONTI E I RICORDI DELLA FIGLIA CARMELA MARANO a cura di Graziano Casalini
I miei genitori, Angelo e Elisabetta (Bettina) Cianciulli, avevano in diverse località nella campagna e sulle montagne montellesi alcuni appezzamenti di terreno agricolo, ereditati dai rispettivi antenati o acquistati nel corso della loro vita matrimoniale, terreni coltivati e coltivabili, castagneti, frutteti ecc. dislocati in dodici zone montane e nella campagna pianeggiante di Montella, lontani uno dall'altro e dall'abitazione stessa.
Nel 1956 importanti difficoltà, non permettevano a mio padre, già avanti con l'età, di gestire al meglio, nonostante l'aiuto di una parte della famiglia, tutti questi terreni, neanche con i vari braccianti paesani e non, che a pagamento venivano a lavorare nei periodi delle grandi lavorazioni e raccolte. Allora era quasi impossibile trovare manodopera, perché tutti coloro che non avevano lavoro o terreni di proprietà, emigravano chi all'estero, chi nel centro-nord Italia, dove in quei tempi era possibile trovare facilmente lavoro. Vista la situazione familiare: eravamo sei sorelle, poco adatte ai lavori in campagna e praticamente disoccupate, e due fratelli, Giuseppe (Peppino) il maggiore, studente universitario in attesa di laurea, Gerardo, non troppo convinto di continuare l'attività agricola, fu così che di comune accordo prendemmo la decisione di vendere tutto e emigrare pure noi in Toscana, dove, si era già trasferita la famiglia della fidanzata di mio fratello Gerardo e dove avremmo potuto trovare facilmente lavoro, noi sei giovani sorelle.
Tutti i terreni e gli appezzamenti si trovavano, in ordine di grandezza a: Contrada Chiavolella in montagna a circa 1050 metri di altitudine, dove erano un grande numero di castagni, Le Ripe, zona montana, sopra i 1000 metri, scoscesa difficile da raggiungere anche a causa dell'attraversamento di un torrente, questa coltivata a castagneto. Bolifano verso Montemarano, territorio montano, coltivazioni miste, Le Copelle, terreno sempre in montagna, coltivato a grano e patate. Piedisava, terreno pianeggiante in zona Volturara Irpina, produzione grano, con grande aia per la battitura, e molte piante di meli. Contrada Lào, conca alluvionale, due appezzamenti, provenienti dalle famiglie Marano e Cianciulli, dove oltre a alberi di noci e meli, si poteva coltivare stagionalmente di tutto, in prevalenza ortaggi, dove per la grandissima fertilità del terreno se ne producevano in grandi quantità e di ottima qualità. Schito, zona stazione pianeggiante, un campo, dove si coltivavano ortaggi, vi erano piante di noci e meli. Lo Prato, ( acquistato dalla mia famiglia ) zona pianeggiante, presso il paese, un grande campo dove si coltivava granoturco, grano, erbamedica, pomodori, barbabietole da zucchero e altri tipi di ortaggi, vi erano anche qui piante da frutto, noci e meli, questa zona era molto redditizia perché il terreno era irriguo.
Bisceglieta, zona agricola collinare, fra Montella e Bagnoli Irpino, piante di fichi, ciliegi, e oliveta. Scuorzo, zona agricola collinare Tagliabosco, qui si coltivavano, pomodori, ceci, lenticchie, grano, oltre alle produzione di uve con molte viti e di olive con le diverse piante di olivo. Lo Pasteno, che significa vigna o vigneto, qui si avevano viti locali di aglianico e altre, che con le uve dello Scuorzo, mio padre faceva un vino di ottima qualità. Come si può capire facilmente, se tutti questi appezzamenti agricoli, fossero stati raggruppati, in un unico grande podere, per la fertilità e per svariate tipologie delle ottime culture esistenti, le difficoltà nel gestirli sarebbero state meno gravose, e alla portata della mia famiglia.
Le proprietà agricole, anche relativamente grandi, delle famiglie sempre numerose, per il ripetersi nel tempo di successioni, subivano importanti frazionamenti, riducendone di molto le superfici e logicamente la convenienza del loro sfruttamento. Questo problema, secondo me, è un problema che penalizza il miglioramento in generale delle attività agricole di Montella. Solo una parte, del territorio agricolo, quasi tutto coltivato a castagneto è rimasto relativamente grande; quello appartenente alla chiesa, che anzi nel tempo, per i numerosi lasciti testamentari ha avuto una inversione di tendenza, ingrandendosi. Prima del trasferimento in Toscana, le nostre terre, furono cedute, in parte a parenti, altre vendute a coltivatori paesani, con un misero ricavato, dovuto al fatto, che la richiesta era bassissima, per le ragioni legate alla migrazione e alla carenza di manodopera maschile, il terreno montano, che noi chiamavamo le Ripe, fu donato da mio padre al Comune di Montella, perché difficilmente raggiungibile dal paese, con i mezzi allora disponibili, e quindi invendibile. Questi, alcuni altri miei racconti e ricordi di gioventù, che oggi ripensandoli bene, mi chiedo, ma come era possibile che una famiglia come la nostra potesse continuare a coltivare e gestire, con i mezzi a quel tempo disponibili così tanti appezzamenti di terreno, quasi tutti distanti da casa?
Comune di Montella, presentazione del progetto per l’asilo nido intercomunale , presso il Comune di Montella il progetto per la realizzazione della nuova struttura che ospiterà l’asilo nido intercomunale. L’amministrazione comunale di Montella, guidata dal sindaco Rizieri Buonopane, ha ottenuto un finanziamento nell’ambito delle misure specifiche del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Oltre due milioni e trecentomila euro per costruire un polo moderno, sicuro, rispettoso dell’ambiente, con spazi adeguati alle attività e con una serie di accorgimenti per garantire ai piccoli ospiti ogni comfort.
Il progetto sarà presentato dal sindaco Buonopane, con i tecnici che hanno seguito l’iter. L’appalto è stato già aggiudicato. Il cantiere è pronto a partire.
Montella 7 ottobre 2023 inaugurazione Edicola S Salvatore a Toppolo di Panno
Già nel primo articolo su Montella qui su Irpinia World, e anche successivamente, vi ho citato il Santuario di San Francesco a Folloni. Insieme al Santuario del Santissimo Salvatore (di cui vi ho parlato in un altro articolo che potete leggere cliccando qui) costituiscono i nostri emblemi e i capisaldi della nostra fede e di buona parte della valle del Calore e dell’alta Irpinia.
da Irpinia World
Quello che però pochi sanno e che pochissimi immaginano è che il Santuario di San Francesco a Folloni fu fondato proprio dal Santo di Assisi. Oggi scendiamo a Folloni e ripercorriamo la storia ed i miracoli che fecero erigere qui a Montella una chiesa, poi un’altra, e poi un’altra ancora che è divenuta santuario, dedicato al Patrono d’Italia.
SAN FRANCESCO A MONTELLA
Nell’inverno tra il 1221 e il 1222 San Francesco (ovviamente non ancora Santo) si stava recando in pellegrinaggio alla grotta di San Michele (quello che è oggi il Santuario di San Michele sul Gargano) con un piccolo seguito di frati. Fece tappa a Montella dove decise di passare la notte. Si recarono al castello (di cui vi ho parlato nell’articolo che potete leggere cliccando qui) ma il conte non era a casa e il castellano non era autorizzato ad ospitare. Francesco e i “frati” scesero così a valle e si inoltrarono nel bosco di Folloni. Arrivò la notte, una notte gelida, e i ragazzi si ripararono sotto un leccio. La mattina dopo, nello svegliarsi, notarono stupiti che durante la notte c’era stata una nevicata. La neve però non aveva coperto l’albero né tantomeno i futuri frati e il futuro Santo, i quali non avevano patito neanche il freddo.
I RIFERIMENTI STORICI E LA TRADIZIONE ORALE
Ora voi potreste pensare, anche giustamente, che quello che vi ho raccontato sia una leggenda o la favola di un miracolo di dubbia provenienza. Fortunatamente la storia ci ha fornito dei riferimenti a quanto vi ho detto. Tra il 1625 e il 1654 il frate Irlandese Luke Wadding scrive gli Annales Minorum, e leggiamo: “Nevicò abbondantemente quella notte, ma non cadde la neve sopra quell’albero, né dove i frati riposavano. Alcuni uomini che alle prime luci dell’alba passavano di là, attribuendo il fatto a un miracolo, riconobbero l’uomo di Dio e andarono a riferire l’accaduto al signore di Montella”.
Edicola del Santissimo Salvatore a Toppolo di Panno. L'idea di realizzare un'edicola con la Sacra Immagine del SS. Salvatore è nata nel 2017 quando il compianto Don Raffaele Dell'Angelo insieme a Nadia Marano e alla Pro Loco Montella Alto Calore hanno immaginato come creare un piccolo angolo da condividere con il resto del Paese. L immagine realizzata da Nadia fu accolta benevolmente da molti cittadini che diedero un impulso e spinsero per la realizzazione di un edicola con l'immagine del Santissimo , proprio a Panno. Nel 2023 finalmente l'opera è stata messa in cantiere dopo aver avuto l approvazione e la benedizione del Rettore del Santuario del SS. Salvatore, Don Andrea.
Il progetto, grazie alla collaborazione del Comune di Montella e il contributo del Comitato del Santuario SS Salvatore, le Confraternite, l'Ordine Francescano Secolare e i residenti e il lavoro gratuito di artigiani montellesi è stato ultimato.
Il 7 ottobre alle ore 18.00 Don Andrea Ciriello, il Sindaco di Montella, la Pro Loco Montella Alto Calore e Nadia Marano invitano tutti i cittadini alla inaugurazione e benedizione della SACRA IMMAGINE. Mostra meno
E' È morto Giorgio Napolitano un politico di altri tempi . di Graziano Casalini - Giorgio Napolitano, un importante uomo politico per la sinistra italiana, ma anche per la Repubblica italiana, avendone ricoperto per due volte la carica di Presidente. Uomo appartenente al PCI, e di conseguenza allineato negli anni cinquanta e sassanta alla linea del partito, che riconosceva nell'Unione Sovietica, la guida mondiale per la realizzazione del comunismo. Questa posizione, lo portò a condividere operazioni sbagliate, come l'invasione dell'Ungheria, che purtroppo in quel periodo, la suddetta linea era seguita in maggioranza nel partito. Dopo le varie vicissitudini, e i cambiamenti nel PCI e la trasformazione del nome in PDS e poi PD, con l'ingresso di una parte della ex Democrazia Cristiana, il partito assunse una posizione più moderata, quale maggiore partito della sinistra e dell'Italia, e in questo Giorgio Napolitano si poteva riconoscere, come rappresentante della parte più riformista del partito stesso. E', a mio avviso, il motivo per cui, riuscì ad essere eletto Presidente della Repubblica, espletando in modo esemplare il suo incarico per il periodo previsto. Alla fine, del settennato, non riuscendo i deputati, i senatori, e i rappresentanti delle regioni, a eleggere un nuovo presidente, le fu vivamente richiesto, da tutte le forze rappresentate di accettare di nuovo la sua candidatura, per un successivo incarico, che Napolitano, nonostante l'età avanzata e la situazione politica deteriorata, accettò limitatamente a un breve periodo, in attesa di un miglioramento e il conseguente possibile accordo fra i partiti, per la sua sostituzione. Finì con la sua seconda elezione. Nel suo intervento dopo la votazione, strigliò tutti gli elettori, che non avevano trovato nessun accordo su un altro nominativo. Dopo l'intervento, nonostante, tutti indistintamente lo applaudirono. Quindi un grande uomo politico italiano, da ricordare per la sua linearità politica e per i suoi importanti servigi alla Nazione.
Simone Merola è un cuoco italiano con una passione per la cucina che ha iniziato la sua carriera nel settore alberghiero nel 2010, subito dopo aver ottenuto il massimo dei voti come cuoco alla scuola alberghiera di Roccaraso. Dopo aver lavorato come cameriere in un noto hotel a Nyon per 3 anni, ha coltivato il sogno di aprire un ristorante tutto suo, un sogno che ha condiviso con la sua compagna di scuola e di vita, Rossella.
Nel settembre del 2013, il loro sogno si è finalmente avverato quando hanno aperto il loro piccolo ristorante chiamato "IL CAFE DES ALPES" a Prangins, alle porte di Ginevra. Non è stato facile, ma con impegno, determinazione e molti sacrifici, hanno iniziato a farsi conoscere nel mondo della ristorazione.
Nonostante le sfide e il difficile periodo di chiusura dovuto alla pandemia di COVID-19, Simone e Rossella hanno perseverato nella loro passione per la cucina italiana. Dopo 10 anni di lavoro duro, il 8 settembre hanno inaugurato il ristorante dei loro sogni, chiamandolo "La Semplicità", proprio come la cucina che servono: cucina italiana con alcune specialità locali.
Il ristorante si trova in una posizione unica, sul confine tra la Svizzera e la Francia, a Crassier. La loro cucina è stata elogiata già nel 2016 da un noto giornale francese di cucina, che l'ha definita "eccellenza italiana". Simone si occupa della cucina, mettendo in pratica la sua passione e creatività, mentre Rossella gestisce la sala, garantendo un servizio impeccabile.
La storia di Simone Merola e Rossella è un esempio di come la determinazione, la passione e il lavoro duro possano portare alla realizzazione dei sogni. Il loro ristorante "La Semplicità" rappresenta un luogo dove i clienti possono gustare autentica cucina italiana in un ambiente accogliente e unico, al confine tra due culture culinarie affascinanti.
Lo chef Antonio Lepore, originario di Montella, protagonista di Ischia Safari . Una vetrina importante per Lepore, chef del “Biohotel Hermitage” e “Stube Hermitage” a Madonna di Campiglio. , Ha scelto di puntare sul rispetto della materia prima, della qualità, della provenienza e l’esaltazione della stessa sono il suo primo intento. Il 18 Settembre racconterà le sue sue origini irpine all’evento Ischia Safari, dove si cimenterà nell’elaborazione di un piatto, che vede protagonisti i prodotti legati all’irpinia. Qui in collaborazione con il pastificio avellinese “Italia in Pasta”, porterà ad Ischia un fusillo di solo semola Senatore Cappelli.
𝟑𝟗ª 𝐅𝐄𝐒𝐓𝐀 𝐃𝐄𝐋𝐋𝐀 𝐂𝐀𝐒𝐓𝐀𝐆𝐍𝐀 𝐃𝐈 𝐌𝐎𝐍𝐓𝐄𝐋𝐋𝐀 𝐈𝐆𝐏 𝙳𝚘𝚖𝚊𝚗𝚍𝚊 𝚍𝚒 𝚙𝚊𝚛𝚝𝚎𝚌𝚒𝚙𝚊𝚣𝚒𝚘𝚗𝚎.
La domanda, obbligatoriamente corredata della ricevuta di versamento pena la nullità, va presentata a mano all’Ufficio Protocollo del Comune di Montella in Piazza degli Irpini oppure trasmessa all’indirizzo di PEC
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Lavori di ampliamento ed ammodernamento del Cimitero di Montella Nella giornata di inizio dei lavori di riqualificazione ed ampliamento del cimitero comunale, il sindaco di Montella Dott. Rizieri Buonapane ed il rappresentante legale della “Cimitero di Montella” Scarl Sig. Walter Giordano illustreranno presso la Casa Comunale del Comune di Montella in Via Degli Irpini 1 dalle ore 10:00 i dettagli del progetto di prossima realizzazione.
Riceviamo, da Rosaria DE SIMONE, questa foto nella quale, il primo a sinistra seduto è il nonno Salvatore DEL GROSSO di San Simeone.
Dopo aver consultato il nostro esperto in foto antiche possiamo aggiungere che la foto è stata scattata “a lo BAR RE LA MAESTRA”, (tale signora CUOZZO zia di Silvio SANTARELLA), bar che si trovava sulla destra dell’ ingresso di vico Santa Maria di fronte alla Chiesa Madre.
Dalla prospettiva in cui è stata scattata la foto, sullo sfondo, si vede il vecchio comune, dove oggi sorge la biblioteca comunale.
Poggiato allo stipite in travertino dell’ ingresso del BAR si riconosce Raffaele VESTUTO, zio dell’ ex sindaco di Montella, Salvatore.
Raffaele VESTUTO vendeva e riparava scarpe e cuoio ed esercitava alle spalle della statua del Santissimo Salvatore, più o meno dove si trova oggi il circolo PALATUCCI o poco prima.
Il terzo da destra, che rivolge lo sguardo all’ obiettivo, è Silvio DELLO BUONO, calzolaio, poi trasferitosi a Torre del Greco dove faceva il portiere.
La foto è di bassa qualità e non ha permesso al nostro esperto di riconoscere altre persone ?
Mandateci le vostre vecchie foto, saremo felici di pubblicarle.
RICK
Ricerco la mia famiglia lettera in redazione di Alessandro Fontana Cappiello ......Spettabile Montella.EU, Mi chiamo Alessandro Fontana Cappiello, mio Nonno Salvatore Cappiello nato il 1° marzo 1923 a Montella era figlio di Pasquale Cappiello (nato a Napoli nel 1892) e di Concetta Barbone (la mia bisnonna montellese, del 1894 figlia di Michele Barbone e Grazia Varallo).
Io purtroppo non ho conosciuto ne mio nonno morto nel 1960 a Lioni (AV), nè la mia bisnonna Concetta Barbone morta suicida sempre a Lioni nel 1960 sotto il treno nei pressi della stazione.
Purtroppo questi fatti tragici hanno distrutto la mia famiglia e si sono perse le tracce, andandosi a sparpagliare per l'Italia.
Sto ricercando la mia famiglia, sono 3 estati che passo da Lioni dove entrambi sono al Cimitero, ed il Signor Gerardo che lavora al cimitero di Lioni, ma è Montellese, mi ha detto di provare a contattare voi oppure i Sig. Tullio Barbone (studioso e storico) e Gerardo Barbone che potrebbero essere miei parenti oche potrebbero avere qualche indicazione al riguardo.
Io sono alla strenua ricerca dei miei parenti e purtroppo sia di mia bis.nonna che di mio nonno possiedo una unica foto quella del cimitero addirittura di mio bis-nonno Pasquale Cappiello che nel 1920 sposò la montellese Concetta Barbone neanche una foto.
Ho visto sul vostro sito anche foto storiche degli anni 30 e 40, se qualcuno riuscisse ad aiutarmi a ricongiungermi con qualche parente dei Barbone, o riconoscere nelle foto uno di loro, e se qualcuno disponesse di qualche foto o di conoscenze sui miei familiari mi farebbe il regalo più grande.
Io vi ringrazio e spero che mi possiate aiutare in qualche maniera, sarebbe fantastico.
Vi ringrazio e vi mando un caro saluto
Alessandro Cappiello
Ritorno a Montella di Graziano Casalini - Mancavo da Montella dal 2016, a distanza di sette anni, ho trovato in paese diversi cambiamenti, naturalmente in meglio. Ho soggiornato, solo per quattro giorni, troppo poco il tempo a disposizione, per scoprire e vedere tutto il lavoro che era stato fatto per migliorare l'immagine, l'accoglienza, i punti panoramici, le strutture principali del paese. Oltre a gli importanti lavori strutturali, come la risistemazione e la costruzione di nuovi marciapiedi, in alcune delle principali vie cittadine, ho notato la fine dei lavori, nella nuova bellissima sede municipale, degna di una sempre più moderna cittadina. Sono aumentate di molto le manifestazioni culturali, con abbinati spettacoli musicali, conferenze, dibattiti e presentazione di nuove proposte editoriali. Non ho potuto seguire direttamente, e ne sono dispiaciuto, la lunga serie di eventi, nell'ambito del CONVIVIO AL MONTE, la nuova grande iniziativa organizzata in una delle più belle location di Montella. Sta prendendo campo, con successo, su iniziativa privata, l'accoglienza con visite al cosiddetto Bioparco Rosabella, comprendente aree pic-nic, percorso sul fiume Calore, fino a una delle più belle cascate di Montella, questa realizzazione dovrà in qualche modo favorita, in determinati periodi di maggior afflusso, dell'anno, per quanto riguarda la viabilità, i parcheggi e la raccolta rifiuti, allo scopo, di non danneggiare l'integrità del territorio e soprattutto gli interessi dei cittadini. Belle le FESTE DEI CASALI, a cui ho avuto l'onore di partecipare, quella del Rione Sorbo, nella serata anteprima, con la presentazione del mio libro "RACCOLTA DI SCRITTI SU MONTELLA. EU", festa che ha visti impegnati, sotto la sapiente organizzazione del Dott. Gabriele Marano, gran parte dei sorewesi, con la rappresentazione teatrale " NA IORNATA A SUORIO GRANDE " della Associazione Culturale Delli Gatti, e altre attrazioni musicali e comiche, allargando l'evento al rione confinante Cappella. Importante anche il grande impegno, nel preparare e poi nell'organizzare, per novembre, la SAGRA FESTA DELLA CASTAGNA IGP DI MONTELLA, grandissima manifestazione, da annoverare, come la più importante, del settore, a livello nazionale. Nei pochi giorni, che sono rimasto a Montella, ho visto anche con piacere, alcune delle varie feste religiose, con le processioni a cui, o per la fede, o per tradizione partecipano in massa tutti, queste processioni hanno in se, un aspetto un po' folcloristico, per la grande sfilata delle Confraternite, con i confratelli nei loro coloratissimi costumi tradizionali, e con alla testa gli stendardi con i relativi simboli religiosi e dei vari santi. Importanti, anche le varie celebrazioni che possono ricorrere, come i centenari ( vedi quello di Aurelio Fierro ) e altri illustri montellesi, che nel tempo periodicamente si presenteranno. E poi che dire, Montella merita di più, sempre di più, mi è sembrato che i paesani siano coscienti e convinti nel realizzare e raggiunge gli obbiettivi, che potranno portare la cittadina al livello delle altre simili cittadine del centro-nord, o addirittura a superarle. La volontà c'è, basta assecondarla. Un cordialissimo saluto a tutti i montellesi, al Direttore Vittorio Sica e al suo staff.
Graziano Casalini
Montella,città di Casali - Chi, oggi, osservasse da una posizione altimetrica il panorama della città di Montella ammirerebbe un vasto ed alquanto compatto agglomerato abitativo, disteso in un ampio fondovalle modellato in diffuse aree collinari, in una zona pedemontana, circondata dai colli Castello, San Martino, Toriello e SS. Salvatore, sovrastati e come protetti dalla maestosa imponenza delle montagne Sassosano e Cervialto. Ma nessuna traccia, seppur labilissima, potrebbe scorgere della secentesca topografia della civitas Montellae, sistematicamente e gradualmente modificata già dai primi decenni dell'Ottocento e, a partire dal Novecento, a seguito della crescita demografica, completamente obliterata, fino alla caotica cancellazione dei centri storici dopo l'irrazionale ed irrispettosa esplosione edilizia del dopo-sisma del novembre 1980.
Tuttavia, una pianta di Montella, risalente al secolo XVII, conservata nell'archivio della nobiliare famiglia locale degli Abiosi, ci consente con straordinaria verosimiglianza di poter ridisegnare ed immaginare la topografia di quel tempo.
Si rileva subito che l'università di Montella, dissimile in questo da quasi tutti i paesi del Principato Ultra, non aveva le caratteristiche urbanistiche del borgo, sviluppatosi a partire dal Medioevo: non circondata da mura, né organizzata intorno alla residenza del feudatario o alla cattedrale.
Si presentava dislocata in diversi nuclei sparsi, detti casali, che erano, probabilmente, insediamenti derivanti dai modelli abitativi delle popolazioni irpine e dei contadini romani: i vici.
Originariamente i casali erano minuscoli agglomerati generalmente a base agricola ed economica autosufficiente. Formati da un esiguo numero di case, ciascuna posta in mezzo a terreni coltivabili (territorio di pertinentia), cominciarono a formarsi quando le condizioni storiche poterono assicurare una relativa tranquillità esistenziale nelle campagne, permettendo alla popolazione di lasciare le antiche dimore a ridosso del Monte, scelte come luoghi di arroccamento e di difesa nelle vicinanze del Castello, e cercare a valle nuovi terreni da mettere a coltura, spinta dalle impellenze dell'espansione demografica verificatasi tra l'IX e il X secolo. Furono, inizialmente, degli aggregati rustici. Con la istituzione e la nascita dell'università a partire dal secolo XII si avviarono sempre più verso un accrescimento numerico ed una pressoché uniforme conformazione geometrica, che appariva ormai tipica e consolidata già dal XIV secolo in età angioina: una topografia caratterizzata da un policentrismo urbanistico e dall'assenza di mura, con agglomerati abitativi costituiti da fabbricati che si accentravano in maniera abbastanza fitta attorno ad una chiesa o contornanti piccole corti, cui si poteva accedere da un unico ingresso ad arco, che ne preservava la tipologia "chiusa" e la "inattaccabilità" dall'esterno.
Le case rispecchiavano la tipologia cosiddetta "italica", prevalente nella civiltà contadina: una struttura edilizia unifamiliare su due piani, con pianta per lo più rettangolare e con tetto a pioventi poco inclinati.
Nel corso del Seicento, in prosieguo di uno sviluppo edilizio già in atto nella metà del Cinquecento, si andavano mutando l'habitat e la forma urbis.
Accanto alle semplici e modeste abitazioni dei ceti popolari e contadini si ergevano le dimore signorili, le case palazziate delle famiglie aristocratiche e della borghesia possidente, ubicate in siti strategici dei casali, le quali, unitamente alle nume rose strutture edilizie ecclesiastiche, ridisegnavano lo spazio fisico del paese, assumendo al contempo la simbolica presen za di un potere sociale ed economico che finiva con l'instaurare un rapporto di patronage sulle classi meno abbienti e, in definitiva, un rapporto di «subordinazione di frange di popolazione verso singole famiglie patrizie», impegnate a consolidare il proprio potere locale attraverso la «partecipazione all'amministrazione civica, il controllo delle cariche pubbliche, della finanza locale e di tutte le principali forme di protezione economica e commerciale». Erano già esistenti i palazzi signorili di famiglie nobili o benestanti e socialmente influenti, come Abiosi, Capone, Boccuti, Lepore, Delli Bovi, Cianciulli, Palatucci, Pascale, Volpe, Vernicchi; più tardi sorgeranno quelli dei Trevisani, Bruni, Carfagni, Gambone, Marano, Motta, Coscia.
In questo processo di aristocratizzazione dello spazio il ruolo preminente era rappresentato dal palazzo baronale, ormai insediato - dopo l'abbandono del Castello del Monte già diruto - nel centro urbano, nella zona bassa del paese, in uno spiazzo denominato originariamente Piazzile di Corte, il quale con la sua imponenza, la sua inaccessibilità, la sua magnificenza veniva visto non più come luogo di riparo, di accoglienza e di difesa (come il Castello medievale) bensì come segno di un dominio, come muta presenza di un potere coercitivo.
In un documento del 1613 ne viene descritta e decantata la sua grandiosità: “l'abitazione di detto barone è situata in un piano, consistente in un cortile grande murato con 2 gradiate, una di essa a mano destra, per la quale si sale sopra un corridore coperto, che gira attorno tutto lo palazzo predetto, sino all'altra gradinata; e da detto corridore s'entra in una sala bella e gran de, in piano della quale vi sono tre camere grandi et tre mediocri, et una torretta, tutte intempiate, dove stanno coperte di scandole; et sotto di esse vi sono cocina, cantina per conservare vino, stalle, magazzeni per conservare et altre comodità. A mano sinistra l'altra grada, per la quale s'implana al corridore medesimo, dove si trova un altro partamento antiquo, con una sala, quale si cerca accomodare, et più camere, divise in camerette, coverte similmente a scandole. In testa di detto palazzo è lo giardino murato fruttato di diversi frutti, per comodo di detto palazzo. Accosto di detto palazzo e giardino vi è un altro giardino grande, con molti piedi di di verse pera bellissime, tra le quali vi sono le pere boncristiano, ed altri frutti bellissimi•”
Alquanto imponenti apparivano anche le case palazziate dell'aristocrazia terriera e nobiliare, le quali, pur conservando una essenzialità e severità di linee, tentavano di emulare lo "spagnolesco" gusto barocco delle sfarzose dimore della capitale partenopea, dove essa aveva talvolta altra residenza familiare. Costruite su due livelli, annoveravano decine di stanze. Dopo l'ingresso, con portale sormontato dallo stemma gentilizio in pietra scolpita, si dischiudeva il cortile, solitamente coperto, di forma quadrata, pavimentato con ciottoli di fiume o basoli resistenti al traffico di animali e carrozze, che immetteva nel giardino interno ricco di fiori e frutti. Al piano terra si aprivano sulle ali gli ambienti di servizio: cantine, rimesse, stalle, fienili per i foraggi, cisterne, magazzini, cucine con focolari, lavatoio e "formali" per il rifornimento dell'acqua e ripostigli ricavati nella spessa muratura di tufo. Al centro dell'atrio uno scalone in pietra portava al piano superiore adibito a residenza.
Gli appartamenti (i quarti o quartini) erano costituiti da un salone centrale comunicante con la cucina e la dispensa e con accesso alle camere da letto. Le stanze, con pavimento in riggiole in cotto, lucidate con cera e grassi per ravvivare l'argilla, avevano soffitti a volta o piatti. Le camere, quasi sempre, erano infilate l'una nell'altra. C'erano lo studio-biblioteca con alte librerie in legno e grande scrivania, dove facevano bella mostra fermacarte, calamai e penne d'oca finemente lavorati; c'era talvolta la cappella di famiglia con altare in stucco. Diffusi erano divani e poltrone di legno imbottiti, e tavolini rettangolari (boffette) sormontati da grandi specchi o da quadri raffiguranti antenati del casato o scene mitologiche.
Dal cortile si poteva accedere attraverso un cancello al grande giardino recintato, solcato da viali ed ornato di piante, fontane, tavoli e sedili in pietra sotto ombrosi chioschi: il palazzo, cioè, inteso come piccolo mondo chiuso ed autosufficiente, vivace e laborioso, nel quale si affaccendavano servette addette a rassettare, stirare, cucinare; garzoni per spaccar legna, tra sportare derrate di lunga conservazione e cesti colmi di masserizie provenienti dalle terre di proprietà o recapitare private missive; giovani addetti ai cavalli e alla manutenzione di carri e carrozze.
Le case del popolino, dei contadini e dei poveri artigiani nella loro sobria e semplice struttura rispecchiavano l'umile e faticoso tenore di civiltà dei suoi abitanti.
Edificate pietra su pietra con malta di arena di fiume (in altre province limitrofe veniva ancora usato il loto), al pianterreno (sottano) avevano il locale rustico (catuoio), stalla, fienile, porcile o bottega; al primo piano (soprano) l'abitazione, cui si accedeva per mezzo di una scala esterna solitamente fornita, al termine superiore, di una loggetta o balcone sporgente, privi di ringhiera di protezione.
La vita quotidiana della famiglia si svolgeva in una o tutt'al più due stanze: cucina e dormitorio. In cucina minimi ed essenziali l'arredo e le suppellettili. Al centro una tavola piallata di pioppo fungeva da desco e banco di lavoro. Il focolare, con o senza canna fumaria, addossato ad un muro era contornato da qualche scranno o da cilindri di legno come sedili (zizzi) e da una cassapanca contenente legna da ardere. Veniva utilizzato come posto di cottura. Poche persone avevano una cucina realizzata in pietra, con al massimo due fuochi, sotto i quali veniva ricavato un piccolo spazio per la legna o il carbone. Appesa qualche fuligginosa scansia dove venivano riposte indispensabili derrate, come farina, olio, sugna, farina, aceto, vino, sacchetti di legumi. In qualche angolo erano alloggiati un braciere di stagno e una sorta di cesta di legno dolce a larghe maglie capovolta per asciugare i panni (asciuttapanni). Pochissime le stoviglie, che solitamente venivano portate in dote dalla sposa: una caldaia grande (caorara), una piccola, un tegame (sertania), una cocchiara, un bollilatte d'argilla (pignata), alcuni bicchieri di legno o terracotta (il vetro era un lusso), qualche tovaglia.
In un'altra stanza un sesquipedale letto occupava quasi tutta la superficie della camera.
La lettiera era costituita da quattro o cinque tavole di pioppo poggiate su due cavalletti di ferro, sulle quali era posizionato il materasso composto da un saccone di stoffa ripieno di foglie di granturco. Il materasso con imbottitura di lana era privilegio di classi benestanti; era un bene portato in dote e lasciato in eredità.
Nel letto trovavano posto i genitori ed i figli più piccoli. Nelle famiglie numerose gli adulti, quando non avevano la disponibilità di un secondo letto, erano costretti a dormire nella stalla, dividendo lo spazio con qualche animale domestico.
A lato del letto, in un'apposita nicchia scavata nella muratura, erano poggiate una bugia con stearica per la notte e l'immancabile coroncina del rosario; a capo, in alto, un quadro raffigurante la Madonna con Bambino; sotto l'indispensabile cantaro per i bisogni corporali (orinale), a lato una cassa di legno contenente la biancheria.
Nelle case non esistevano bagni. I bisogni fisiologici si espletavano all'aperto, dietro cespugli od anfratti nelle vicinanze dell'abitazione o nel cantaro, che di notte veniva normalmente svuotato in strada dalle finestre, così ammorbando ancor più l'aria e le teste di malaccorti passanti. Solo nelle dimore signorili o in case con terreni di proprietà esistevano pozzi ciechi scavati negli orti, che venivano periodicamente nettati da persone addette a questo «inverecondo» lavoro.
Per lo smaltimento delle acque nere e dei liquami urbani non esistevano cloache o fognature. Venivano regolarmente gettati in strada e si incanalavano in corsi acquosi «puzzolenti, perniciosi per le esalazioni che emanavano», che invadendo le vie (non tutte selciate bensì «petrose, penninose e brecciose») le tra sformavano, specie nelle giornate piovose, in canaloni fangosi a cielo aperto, formando laghetti, transitabili solo a dorso di asino o di mulo, con carrozze o lettighe o servendosi, dietro compenso di qualche grana o tornese, dei cosiddetti passalava, persone nullafacenti che trasportavano a braccia chi voleva attraversare la strada. Nonostante le severe disposizioni emanate dall'università per il deposito delle immondizie in appositi spazi palizzati, spesso i rifiuti venivano lasciati per giorni in strada al sole e alla pioggia, per cui, solidificatisi o divenuti melma, si stratificavano. Il sindaco finiva col dare ad appaltatori privati la raccolta del letame, che veniva venduto come concime o come materiale edilizio.
Nella zona centrale del paese si apriva la Piazza Maggiore, nel casale detto Li Favali, luogo di rapporti comunitari, di ritrovo e di socializzazione. Nel largo «con arbore di teglia ed olmo, con botteghe ed artigiani» era situata la chiesa madre Collegiata di Santa Maria del Piano, affiancata dalla tozza torre campanaria di due piani di recente costruzione, dotata di due campane, una delle quali serviva da orologio. Le campane scandivano i tempi della vita religiosa e del lavoro, annuncia vano le feste e i funerali; ritmavano le ore del mattutino, del pomeriggio, della controra e del vespro.
Dirimpettai sorgevano i locali del carcere e quelli del pubblico Parlamento, nel cui ingresso era situata la campanella per convocare i cittadini nelle occorrenze delle assemblee del popolo.
A sud, adiacente al ponte detto della Lavandara, sul fiume Calore, sorgeva il mulino comunale fatto costruire dal conte Garzia Cavaniglia fin dal 1564•
Straordinaria la presenza nell'università delle chiese: 17 edifìci di culto, un numero che non trovava riscontro in alcun paese di Principato Ultra.
Chiese nel sec. XVII:
1. Santa Maria del Piano (Collegiata)
2. S. Benedetto
3. S. Giovanni
4. S. Nicola
5. S. Michele Arcangelo
6. Santa Lucia
7. S. Silvestro
8. Santa Maria la Libera
9. S.S. Annunziata
10. Santa Maria del Carmine
11. S. Antonio Abate
12. S. Leonardo avanti Corte
13. Santa Maria Visita Poveri
14. Santa Maria del Monte (detta della Neve)
15. S. Francesco a Folloni
16. S. Vito
17. S. Pietro