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Basket femminile, la leggenda di Geno Auriemma: "Sto inseguendo la perfezione"

Geno Auriemma-01Da Montella, Avellino, a 8 titoli Ncaa con UConn con cui ha cominciato la 29/a stagione: "Quando non mi incazzerò più sarà ora di smettere. L'Italia? Quando torno mi sento a casa. Paese fantastico per le vacanza, duro per la vita normale"Storrs, University of Connecticut. Dove l'autunno regala colori pazzeschi. Eppure Geno Auriemma, rinchiuso in palestra, non ha tempo di accorgersene. Prima

dirige l'allenamento. Poi si siede sulle tribune, mentre le assistenti concludono il lavoro. Quella che è appena iniziata è la sua ventinovesima stagione da allenatore della squadra femminile. "Quando non mi incazzerò più vorrà dire che sarà ora di smettere" ci dice, invitandoci nel suo ufficio. Dall'Irpinia al New England, la sua carriera è una traiettoria leggendaria: 8 titoli Ncaa, un oro olimpico e un oro mondiale con la Nazionale Usa. E la costruzione di una dinastia sportiva che, negli Stati Uniti, è considerata tanto dominante quanto quella dei Bulls di Michael Jordan, o dei Celtics di Bill Russell. Oltre i confini del mito.eredità — A differenza di molti italoamericani, Auriemma l'emigrazione l'ha vissuta in prima persona. "Quando torno a Montella, vicino ad Avellino, mi sento a casa. Parlo il dialetto, la gente mi capisce. Nella mia vita ho conosciuto due culture – quella italiana e quella americana – che sono entrambe dominanti". Gli chiediamo se avrebbe voglia di tornare. Se si sente, a suo modo, un cervello in fuga. "Non sono come quei turisti americani che arrivano in Italia e credono sia tutto meraviglioso. Conosco i problemi, la crisi. L'Italia è un paese fantastico per le vacanze, duro per la vita normale. Alcuni emigrati appena fanno i soldi tornano. Ma io non credo che riuscirei riadattarmi". E così, sbarcato a Philadelphia all'età di sette anni, non è più tornato indietro. Ma il sangue mediterraneo è rimasto nel temperamento vulcanico, spesso sopra le righe. Oltre che negli affari extra basket. "Mi ha sempre irritato vedere il sugo di pomodoro che vendono qui nei supermercati. Un giorno ho parlato con mia mamma, che ha 83 anni e cucina da quando ne ha 10. Ci siamo chiesti: perchè non proviamo a fare qualcosa? E così abbiamo aperto due ristoranti nel Connecticut, cercando di applicare le sue ricette. Per ora funziona alla grande".

assetato — "La perfezione non può essere raggiunta, solo inseguita" ci spiega. Riferendosi al titolo della sua autobiografia, In Pursuit of Perfection, uscita ormai sette anni fa. "Se chiedi a Leonardo se la Monna Lisa è un dipinto perfetto ti risponderebbe che no, ci sono un paio di punti che avrebbe potuto fare meglio. Anche se tutti pensano che lo sia". Eppure, dopo aver vinto tutto il vincibile, anche la sua prospettiva è cambiata. "Una volta allenavo per dimostrare che ero in grado di allenare. Ora allena perché mi diverto. Sono contento di dove sono arrivato. Ma è gratitudine, non perfezione". Quando venne chiamato a guidare UConn era un trentenne semi-sconosciuto, reduce solo da una manciata di anni da assistente in giro per la East Coast. Da lì partì la costruzione dell'impero, e un ateneo abbonato a stagioni perdenti si trasformò in un modello invincibile.

Geno Auriemma, 59 anni, allena UConn dal 1985. Usa Today Sports

vincere — L'ultimo titolo è vincere — L'ultimo titolo è arrivato giusto la scorsa primavera. Degli altri sette, quattro sono figli di stagioni perfette, senza nemmeno una sconfitta. Non c'è nulla di sorprendente, dunque, se anche quest'anno UConn sarà la squadra da battere. Anzi, la squadra che, per tutti, ha già vinto. " Ogni stagione tutti si aspettano che dominiamo la Ncaa. E' proprio questo che mi ha reso pronto anche ad allenare gli Usa. Con la piccola differenza che lì se perdi ti si rivolta contro una nazione intera, non uno stato". Gli chiediamo se non avrebbe voglia di smettere quei panni, di ricominciare da zero. "Ma a UConn, nel 1985, era esattamente così. Tutto questo l'abbiamo costruito dal nulla, niente ci è stato regalato. E ora la sfida più grossa è rimanere al vertice. Più vinci, più ci si aspetta che tu vinca, più diventa difficile". Senza dimenticare i grattacapi che ogni allenatore universitario deve gestire. "Sono ragazze di neanche vent'anni che devono dare il massimo il campo, e però che non possono ridurre la loro vita al basket. La sfida è trovare l'equilibrio, farle concentrare sul gioco senza che dimenichino lo studio. E poi c'è un problema: se qualcosa non funziona non puoi metterle sul mercato. Una volta che recluti una giocatrice, quella è tua. Devi farla crescere, risolvere con lei eventuali problemi. Non ci sono scorciatoie" fondamentali — Dominare il gioco vuole dire esserne anche ambasciatore. Lo ha scritto in un libro Pat Summitt, coach delle Lady Vols di Tennessee. L'altra dinastia leggendaria del college basket femminile, rivale storica di UConn. E Auriemma, come quasi tutti i colleghi, al basket femminile è sempre stato fedele. "Ho avuto occasioni di allenare squadre maschili. Non si sono concretizzate, adesso penso che sia tardi. Ma sono un grandissimo estimatore del basket maschile, parlo con gli allenatori. Uno di quelli da cui ho imparato di più è Mike D'Antoni". E aggiunge: "Il femminile è lo stesso sport, ma non è lo stesso sport. Si gioca più vicino a terra, non si può contare così tanto sull'atletismo. Per questo i dettagli, i fondamentali fanno davvero la differenza" spiega. "Il grande pubblico preferisce l'intrattenimento? Certo. Vai a vedere Kobe Bryant, ti può fare in una serata 4-5 cose che ti fanno dire "Wow! Ho pagato 100 dollari per la partita, ne è valsa la pena" Questo nel femminile non succede. Nessuno fa le cose che fa Kobe Bryant. Ma non significa che non accadano altre grandi cose". E proprio su molte di queste grandi cose, almeno negli ultimi trent'anni, c'è proprio il suo marchio. Fare meglio sarà impossibile. Quasi quanto raggiungere la perfezione.

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Andrea Beltrama
Twitter @andreabeltrama© RIPRODUZIONE RISERVATA

La Gazzetta dello Sport

 

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