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Presentato a Montella «Trenta giorni di luce»:una storia di amore e follia.

Francesco-Maria-OlivoMontella. 19.10.2013: Si consolida il successo dell'iniziativa «Serate letterarie un autunno da leggee insieme», serie di incontri a tema destinato agli amanti della lettura di vecchia e nuova data.Ancora una volta, giovedì 17 ottobre, un pubblico nutrito ed attento ha affollato ed animato gli spazi del bar «La Controra» di Montella, per il terzo degli appuntamenti culturali in programma.Protagonisti della serata Francesco Maria Olivo (ingegnere e scrittore di provenienza partenopea ma da tempo trapiantatosi in Irpinia) ed il suo romanzo  «Trenta giorni di luce».

Romanzo d'esordio, ma non certo frutto d'improvvisazione o dilettantismo.

Non a caso la casa editrice «Il Papavero», diretta da Donatella de Bartolomeis crede molto in questo autore, tanto da averne fatto una sorta di «punta di diamante» della propria proposta editoriale.

Da qui la scelta - o, se si vuole, la scommessa-  della presentazione del libro su ribalte di primissimo ordine, quali il «Salone del Libro di Torino» ed il «Festival della Letteratura di Milano».

Il lancio di «Trenta giorni di luce» è anche affidato ad un «book trailer», realizzato con maestria dall'autore ed interpretato da attori non professionisti, cui si affiancano, quali voci  narranti, gli attori avellinesi Giulia Santangelo e Giuseppe Pavarese.

Proprio la proiezione del video ha costituito il punto di avvio della serata, dando il La a Romina Capone e Donatella de Bartolomeis per le prime considerazioni.

E' seguito l'intervento dell'autore, che ha illustrato a grandi linee, se non la trama, quantomeno gli ingredienti della storia.

Una storia vera, reale -come più volte puntualizza lo stesso Olivo-di una persona in carne ed ossa, di una donna: Bianca.

Precocemente invecchiata, patologicamente folle, vive una situazione di profondo disagio psichico.  Bianca non ha mai vissuto l'amore.

La mancanza d'amore è il suo tormento; assieme ad un potente e insoddifatto desiderio di maternità.

Ma sotto ciò che gli altri chamano follia ed alienazione, si nasconde, insospettato ai più, un mondo interiore complesso e raffinato.

Un mondo che attende lo stimolo giusto per emergere, per rompere le barriere poste dalla carenza di autostima, ma soprattutto dai pregiudizi e dalla superficialità di chi si considera «normale».

Grazie ad una giovanissima cameriera senza un soldo ma ricca di fantasia e a un bell’ufficiale dei carabinieri, Bianca scoprirà di essere capace di amare, avviandosi ad un'esistenza più  completa ed appagante.

Al lettore il piacere di scoprire la trama, che si preannuncia densa di colpi di scena, con   un intreccio narrativo in cui realtà finzione paiono mescolarsi.

Il Monte Faito, ancor prima che lo sfondo su cui si agitano le vicende narrate, è un vero e proprio coprotagonista della storia: silente ma tutt'altro che esanime o inespressivo.

La montagna sta a  simboleggiare la natura: vivente, multiforme, pulsante, divina.

Di questa  l'uomo è semplice parte -e neppure necessaria- pur arrogandosi un indiscriminato diritto di vita e di morte sugli altri esseri viventi. 

L'autore è riuscito nell'intento di sciogliere un inno in prosa alla natura ed alla vita, in tutte la sua ricchezza di innumerevoli cangianti sfaccettature. 

Le descrizioni dei paesaggi e delle situazioni sono evocative e dense di suggestioni e metafore. Senza che il periodare, tuttavia, si appesantisca e perda di agilità freschezza.

Ma «Trenta giorni di luce» è anche un elogio della diversità, di ciò che sfugge ai vieti stereotipi del senso comune.

Una critica serrata ed appassionata del concetto di «normalità» o meglio alla sua pretesa di rappresentare qualcosa di più di una relazione statistica, fino a legittimare l'emarginazione ed il rifiuto di coloro che non voglio o semplicemente non possono conformarsi.

Adriano Garofalo

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