Gentilissima redazione,questi ultime settimane mi hanno fatto capire quanto sia attaccato al mio paese che spesso denigro ma mai ho permesso di farlo da altri. L'episodio che più di tutti mi ha mostrato il mio essere, e che han fatto scorrere i globuli e piastrine a mille all'ora, è la campana,,,, la "voce" di NOI montellesi..
Non è mio scopo alimentare polemiche.
Avrei piacere se fosse pubblicato un mio scritto di qualche anno fa dedicato all'emigrazione.
Uno scritto buttato giù in una notte insonne, in un luogo d'Italia dove mi sentivo, e mi facevano sentire, straniero.
Straniero nella propria nazione!!!
Ecco il perchè della campana è la mia e nostra voce, che da più di un secolo e mezzo (l'attuale campana) sta la a ricordare che noi montellesi abbiamo un Protettore a difesa dei nostri sentimenti a cui aggrapparci; chiedere aiuto e benevolenze, ringraziare ed adorare.
A quanti dicono che si va sulla montagna solo a suonare la campana, dico che forse c'è chi non ascolta la messa ma davanti alla miracolosa effige del Salvatore tutti si inchinano.
C'è disputa su essere montellesi di nascita o di acquisizione, io potrei affermare che si è montellesi se l'ascolto del suono della NOSTRA campana emoziona sempre.
Un episodio, forse di poco conto, viaggiavo nei pressi di Carpi (MO) immerso nel traffico quando ad un tratto sentii le campane del salvatore... stupore e pelle d'oca!!
Era un signore anziano che aveva l'auto al fianco della mia, radio ad alto volume, finestrini aperti per il caldo, Inno al SS Salvatore del compianto Aurelio Fierro..
Beh! non era nato a Montella, figlio di un Montellese emigrato in cerca di fortuna ma che amava anzi AMAVA un paese e le sue tradizioni ed il SS Salvatore era il suo unico scopo per ritornare a calpestare il luogo del suo papa.
chiudo che mi sono emozionato a ricordare.
Salvatore Palatucci.
Vivere senza…
Vivere senza malinconia,
diceva una canzone,
ma quando si va via
è una triste emozione.
E’ difficile dimenticare
dove si poggia il primo passo,
dove s’inizia a camminare
e dove salti il primo fosso.
Lasciar la terra natia
per cercare un lavoro,
trovare una nuova via
che sia di buon decoro.
Visi bui, cupi e spenti
con cartoni di speranza,
arrivare tra nuove genti
e trovare fratellanza.
Resta un ricordo lontano
di dov’ero io bambino
ma la stretta di una mano
mi riporta in cammino.
Nel nostro paese si parla sempre di emigrazione, o immigrazione. Pensando ad un mio zio partito tanti anni fa, cerco di capire le impressioni del suo primo viaggio fuori del suo paese e, anche, le sue prime emozioni ma credo che queste siano state le stesse di un’intera generazione.
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