SENZA VERGOGNA di Totoruccio Fierro
I^ e II^ PARTE - Avevamo finanche battezzato il "cerchio magico" degli amici con l'acronimo "Volticonbrafi", che era la risultanza delle iniziali dei cognomi: Volpe,Tiretta,Conte,Branca e Fierro.
Ci riunivamo quasi tutte le sere,quando alla casa di uno,quando di un altro : le nostre madri,con grossi sacrifici,ora me ne rendo conto,non ci lasciavano quasi mai a pancia vuota!I momenti più belli li trascorrevamo da zia Flora,in piazza, e da zia Carmela,la madre di Peppo Branca,al Carmine.Qui ci sentivamo perfettamente (ENTRA E COMMENTA )
a nostro agio,in quanto la casa,a quel tempo,era isolata rispetto al paese e per poterci arrivare bisognava inerpicarsi lungo l'unica strada di accesso,scoscesa e pietrosa (quella che costeggia il campo sportivo) che passava,prima,davanti alla villa dell'avvocato Sarni e più sù,trasformandosi in gradoni sconnessi,costeggiava l'abitazione delle sorelle Coscia.
> D'estate,cenavamo all'aperto su una grande loggia e potevamo parlare ad alta voce, fare chiasso e muoverci a nostro piacimento,tanto l'eco della nostra presenza si perdeva nelle tenebre delle notti stellate!
Facevamo quasi sempre le ore piccole,accompagnate dal vino di Zì Silao,che generosamente ci offriva,spillandolo dalle numerose botti della sua cantina,ricavata in un anfratto roccioso alle spalle della sua abitazione.Il vino era il prodotto della sua vigna,ma,in verità,al di là della sua genuinità,non aveva una gradevole abboccatura,né i pregi e le qualità di consistenza,di equilibrio e di integrità di gusto che sono propri della tradizione enologica italiana,Per intenderci,non era certamente il "Prosecco" delle terre venete di Valdobbiadene!Ma a quel tempo non andavamo troppo per il sottile: ci accontentavamo di tutto,anche se i sapori,certe volte,ci facevano trasalire,aggredendo le nostre papille degustative!
> Parlavamo di tutto,spettegolando a caso sui fatti del giorno,sui personaggi più singolari e caratteristici del paese,sui nostri problemi,su tutto ciò che apparteneva al nostro limitatissimo mondo,fatto di piccole cose che non si spingeva oltre i confini dell'orizzonte delineato e circoscritto dalle cime delle nostre montagne!
> Spesso,animatamente,ci spingevamo a discettare anche di problemi
> politici.Le diatribe più accese si scontravano sulle divisioni che si erano determinate all'interno del partito della Democrazia Cristiana,che,a livello provinciale,vedevano contrapposte la Corrente di Base di Ciriaco De Mita a quella dell'ex Ministro della Pubblica Istruzione Fiorentino Sullo.Noi giovani rampolli della D.C. locale, sia per vicinanza geografica,sia per convinzioni ideologiche,eravamo tutti a favore dell' "intellettuale della Magna Grecia"(così lo definì Agnelli) o,con il politichese di allora,del "comunista di sagrestia"!
> Discutevamo su tutto,ma l'argomento fisso,ricorrente,ossessivo erano le donne,solo donne,sempre donne,esclusivamente donne! Non quelle che si vedono ora sugli schermi televisivi (all'epoca,la T.V. per le nostre zone era una sorta di "buco nero),ma quelle vere che ci vivevano attorno,uguali a quelle del passato,di adesso,di domani, di sempre!
Ce le vedevamo sfilare lungo il Corso,dove la domenica facevano lo strascico,belle e prosperose,ammaliatrici e seduttrici,conturbanti e procaci,ancheggianti e maliziose!
Le nostre aspirazioni giovanili erano ribollenti e irrefrenabili,ma,nella generalità dei casi, rimanevano tali,perchè non le potevamo sfiorare neanche con un dito,nessuna "toccata e fuga",nessun contatto a volo di farfalla,nessun incontro,neanche quello del "terzo tipo"!
Eravamo negli anni 1955/60,e l'eco del boom economico,se mai arrivò nelle nostre contrade,fu labile,smorzato,quasi impercettibile! Il depauperamento della popolazione dovuto all'enorme flusso migratorio,le ristrettezze economiche,la povertà,le rinunzie,i sacrifici,spingevano le famiglie ad esercitare sulla prole,di riflesso,un'analoga educazione,austera,ispirata soprattutto ad un intransigente rigore morale! Insomma, le ragazze della nostra età,rinunciavano ai nostri corteggiamenti e alle nostre attenzioni,non perchè fossero insensibili al nostro fascino e al nostro richiamo,ma semplicemente perchè erano il frutto dell'ambiente e della cultura del tempo!
> Anni luce ci separavano,barriere e montagne insormontabili,fatte di tabù,pregiudizi (le opinioni,le considerazioni,il taglia-taglia dei vicini,i pettegolezzi sempre all'ordine del giorno),remore e quant'altro,facevano sì che un abisso si spalancasse tra i rappresentanti dei due sessi!
> Pur tuttavia,non demordevamo,né tralasciavamo ogni possibile iniziativa.
> Durante una di quelle "bisbocciate",non ricordo da chi partì
> l'idea,risolvemmo di aprire in un locale al Corso,dove ora c'é l'esercizio commerciale di Fabio Palatucci, il "Circolo degli Studenti".Dico subito che esso non aveva un'insegna,né un presidente,né uno statuto,né un elenco di soci,né uno straccio di biblioteca,né un tavolo intorno al quale,noi "studenti" potessimo avviare qualche disputa sull' "essere e il divenire" del mondo reale, "sul sesso degli angeli", sul mondo Iperuranio delle idee platoniche,insomma sui massimi sistemi filosofici!
> C'era una sola sedia,su cui posizionavamo un giradischi,che funzionava a scartamento ridotto e un pacco di dischi a 33 e a 45 giri,su quali non sempre la testina riusciva a fare il giro completo,ma più spesso,inceppandosi,ripeteva all'infinito le stesse note musicali...
> In quel tempo impazzavano,soprattutto, le canzoni di Celentano,Neil Sedaka,Gene Pitney,Nico Fidenco,Paul Anka,Gino Paoli,e le straordinarie musiche di Santo & Johnny,eseguite con la chitarra hawaiiana.Di quest'ultimi,"Sleepwalk", "Maria Elena" e "Mare incantato",ti facevano ballare,per tutta la durata del disco,su di una sola mattonella,stando così, "vicini-vicini"!
> Aprivamo il Circolo solo la domenica e con i dischi a tutto volume (non avevamo casse armoniche),inondavamo di note adescanti il tratto di Corso antistante,su cui passeggiavano a gruppi le ragazze in libera uscita: si fermavano,ci guardavano con sospetto sull'uscio del locale,si davano occhiate d'intesa e poi cinicamente continuavano il loro andare senza senso!
> Mai una ragnatela così fitta di trame e ordita con tale meticolosa pazienza,fu più fallimentare: ci rendemmo conto che la nostra iniziativa era più dura e difficile delle imprese eroiche dei Paladini di Carlo Magno e dei Cavalieri della Tavola Rotonda di Re Artù!
> Chiudemmo il Circolo dopo qualche mese,anche perchè piovvero su di esso le saette,gli scongiuri e gli anatemi lanciati dall'alto del pulpito della Chiesa di San Benedetto da parte di Don Salvatore Boccuti,che,in una concitata omelia,fece scivolare sulle teste dei fedeli in preghiera questo grave avvertimento: " Non mandate in quel Circolo le vostre figliole,perchè è un luogo di perdizione"!
> La tela "acchiappamosche"si era rotta e la frittata era fatta!
> Ma,se Maometto non va alla montagna,la montagna va da Maometto!
> Sulla scorta di quanto faceva Peppo Mancuso,bravo giovane e ottimo ballerino,affidammo al nostro amico più anziano, Aurelio Conte,fotografo di professione,il compito di fornirci ogni più dettagliata e puntuale relazione sul numero e la qualità delle presenze femminili ai matrimoni che si celebravano nel paese,cui era chiamato per realizzare il canonico servizio fotografico e le pose di rito.A Montella,dopo il ritorno ad Avellino di Velle,c'era il solo studio fotografico di Gino Angelucci,aperto lungo il Corso,accanto al negozio di stoffe e abbigliamento di zia Aurora Fierro.In questo studio,Gino ed Aurelio hanno sviluppato e stampato per molti anni anche le più significative e belle vedute del paese,i panorami circostanti,gli avvenimenti,le manifestazioni,le ricorrenze più importanti del tempo,immortalandoli in una sorta di archivio fotografico di grande valore storico.
> Ma torniamo a noi!
> Una volta determinata la cerimonia nuziale più propizia e "conveniente",indossavamo i vestiti migliori (non firmati,né griffati!),lucidavamo le scarpe,annodavamo al collo le classiche farfalle nere(ci sembravano il tocco finale dell'artista!) e ci incamminavamo verso l'abitazione degli sposi...
II^ PARTE e ULTIMA
> La mia "farfallina nera" la trovai quasi in fondo ad uno dei tanti pacchi che le "zie Sam" d'America (Amelia,Immacolata e Antonia Ciociola) spedivano regolarmente alla sorella Olga, mia madre, al ritmo di quasi uno al mese.
> Mio padre morì nel 1943,all'età di 34 anni, per una banale polmonite, lasciando una vedova di soli 29 anni con due figliuoli, io e mio fratello Matteo.
Le zie, le abbia in Paradiso Domineddio, nel loro più ampio slancio di solidarietà e di affetto familiare, cercavano di aiutarla come più potevano, ispirandosi e inserendosi così, in quel progetto più ampio e generoso, politico-economico, di evangelica beneficenza, che gli Stati Uniti di America deliberarono di dispiegare nei confronti dei Paesi Europei, tra cui l'Italia, che erano usciti dalla seconda guerra mondiale con le ossa rotte, e che prese il nome di Piano Marshall (E.R.P. - O.E.C.E), dal nome dell'allora Segretario di Stato: tale atto politico fu, senza dubbio, uno dei momenti più alti della storia della politica internazionale!
> Aspettavamo con impazienza questi benedetti pacchi e li aprivamo con la stessa trepidazione e curiosità che ha il bambino per il suo pacco natalizio!
> In essi trovavamo di tutto: spagnolette di cotone, zip, pezzi di stoffa, vestiti più o meno nuovi, pantaloncini, giubbotti, fazzoletti, ecc., tutta roba di poco valore (che oggi trovi in abbondanza tra le "pezze vecchie"e usate dei mercati paesani), ma, allora, di grande utilità.Qualche volta, spuntavano pezzi di cioccolato, caramelle tonde con il buco a centro (quelle originarie di Cleveland nell'Ohio e che i Marines ci avevano già fatte provare quando sbarcarono in Italia), pacchi di gallette (non quelle di Castellammare!), scatolette di carne, fagioli, mais, ecc., mentre non era del tutto impossibile che, infilando la mano in qualche tasca di vestito, potevi pure "allisciare" qualche "pezza" da uno e cinque dollari!
> Una volta, saltarono fuori un paio di stivaletti foderati di lana e un cappello da marinaio: ingaggiammo subito una disputa con mio fratello,perché ambedue miravamo alle scarpe! Mia madre le assegnò a me, perché ai piedi portavo ancora un paio di scarponi pesanti "cò ré centrella sotta" ( presenti in grande quantità per preservarli da una rapida usura,ma che andavano ribattute di tanto in tanto,perché emergevano inopinatamente all'interno della tomaia,procurando fastidiose trafitture ai piedi), fatte su misura, dai fratelli " scarpari" " 'Ntonio e Cilardo rè Pilotto"! Mio fratello, rassegnandosi, per paura, si temeva in testa il cappello bianco da marinaio anche quando dormiva!
> Ma torniamo a noi: della farfalla nera,vi ho detto la provenienza,ora si tratta di continuare a parlare della marcia inarrestabile della "Volticonbrafi"...
> Percorrevamo la strada che ci separava dalla casa ove si festeggiava il matrimonio con orgogliosa baldanza,impettiti,sicuri della nostra giovinezza,raccogliendo quasi sempre gli sguardi curiosi e l'ironica bonomia delle persone che incontravamo...Non era facile, infatti, vedere tutti insieme sei-sette "sbazzarioti", tirati a lustro e "'nfarfallati"! Anzi, una volta, una donna affacciata alla finestra esclamo, con viva curiosità, : "Ma addò vanno sti fitienti rè sturienti?"
Una volta arrivati, nell'incoscienza tutta giovanile, senza pudore, senza il minimo senso di vergogna, con spocchiosa tracotanza e spregiudicatezza, bussavamo al portone dei festeggiati e, quando esso ci veniva spalancato, non potevamo non leggere sul volto dell'ospite segni inequivocabili di sbigottimento, sorpresa, incredulità, insofferenza!
> "E quisti chi sò,chi ra 'nvitati?"
> Pur tuttavia, entravamo quasi da padroni perché il detto evangelico "Bussate, che vi sarà aperto!" l'avevamo, in un certo senso, pigliato alla lettera!
> Nel pieno della festa, la prima cosa che chiedevamo: "A che passata simo arrivati?"
> A quei tempi, i matrimoni non si festeggiavano, come ora, in ricercate e oceaniche"location": ristoranti, alberghi, tenute, agriturismi, castelli medioevali, con un esercito di zampettanti camerieri, con buffet assortiti di ogni ben di Dio: antipasti, cascate di prosciutto, ostriche, formaggi, frittelle, aperitivi, vini, fritture di pesce al momento, arancini, croquet, e poi, tre primi, quattro secondi, contorni vari, pesce, gelati (per rifarsi la bocca), torte a due, tre, quattro piani, con disegni personalizzati, caffè, ammazza-caffè, frutta esotica, spumante e fuochi d'artificio con colpo scuro, ma semplicemente, a seconda della disponibilità di locali e di spazi, in una delle case degli sposi...
> Gli invitati sedevano compostamente lungo le pareti delle stanze (come si fa per le condoglianze di un morto e dove, molto spesso, capita, che devi stringere la mano alle persone, anche se non sei un diretto interessato!), aspettando le "passate" in programma: si cominciava, di solito, con un "verdolino", un cordiale, che era un liquore dall'incerto colore "verde", rustici, paste, panini al prosciutto, al formaggio, al provolone (quelli più desiderati!), qualche altro bicchierino di liquore, qualche altro dolcetto e poi, con l'arrivo di un altro "verdolino", la "festa che era appena incominciata era già finita"!
> Tutto veniva distribuito su di una guantiera da uno dei familiari che "smozzicava" quando vedeva che gli invitati allungavano più volte la mano!
> Figurarsi, allora, quale scompiglio e preoccupazione procurasse il nostro improvviso e non preventivato arrivo!
> Non ricordo, in tutta sincerità, se c'era la distribuzione delle "pomponiere" e il canonico e conclusivo taglio della torta nuziale: forse sì, ma In poche e fortunate occasioni!
> Ma a noi, a parte i panini, interessava ballare e, allora, via alle danze!
> Non ballavamo certo il tip-tap, ma pochi valzer, tanti tanghi, moltissimi slow e quasi sempre quelli della "mattonella"!
> L'invito a ballare, a quei tempi, era un cerimoniale da osservare rigidamente: si cercavano di incrociare, per prima, gli occhi delle donne per carpirne l'eventuale disponibilità e accondiscendenza, (ma non sempre i segnali erano decifrabili!), poi, con una certa apprensione, perché ci poteva scappare uno "scaccione", si attraversava la stanza e, facendo una sorta di ridicolo inchino, dovevamo dire: "Balli?".
> Una volta scesi in "pista", la "stretta" con la dama non avveniva in modo automatico:
> bisognava, lentamente e con pazienza, far cadere l'ultima barriera, consistente nell'esercizio che essa praticava con il gomito, frapponendolo e puntandolo, con cinico sadismo, all'altezza del nostro torace!
> Era un modo per salvare le apparenze, ma quanta miseria, quanta stupida ipocrisia, quante vuote e inutili sceneggiate interpretate da attrici, che, caso mai, desideravano il contrario!
> Passavamo da un matrimonio all'altro con assoluta indifferenza, mentre nell'ambiente si diffondeva sempre più la notizia dei nostri raid, delle nostre improvvise apparizioni, dei nostri, tutto sommato, provvidenziali interventi. Infatti, la rumorosa allegria del nostro gruppo portava brio, calore ,animazione, eccitazione, soprattutto in quelle feste che languivano ed erano dei veri e propri mortori!
> Posso sicuramente ammettere che la prassi si era consolidata a tal punto che quando, per i motivi più vari, facevamo mancare la nostra presenza ad una di quelle feste, essa veniva raccolta dagli sposi come una vera e propria offesa!
> Una domenica di Novembre, uggiosamente piovosa e fredda, (non riesco a determinare l'anno, anche perché il tempo trascorso, inesorabilmente dispiega, allungandole, ombre nere sui miei ricordi!), sulla consueta indicazione di Aurelio, rivelatasi, poi, assolutamente improvvida e discutibile, bussammo, inzaccherati, al portone di una abitazione in un rione alto del paese, dove si stava festeggiando, appunto, un matrimonio...
> Non potemmo non rilevare stampati sul viso del padrone di casa, che venne ad aprirci personalmente, segni inequivocabili di fastidio, sofferenza, contrarietà, seccatura; pur, tuttavia, in ossequio al principio dell'ospitalità (valore che all'epoca era tenuto nella massima considerazione e quasi sacro), ci fece entrare, introducendoci in una stanza angusta e misera, dove c'erano pochi invitati e poche donne...Capimmo subito che avevamo "sbagliato...matrimonio!".
> In un angolo, le note di un giradischi non riuscivano a sbarazzarsi dell'atmosfera plumbea e stagnante che, come una cappa, aleggiava nell'ambiente...
> Eravamo lì, seduti e imbarazzati, con sensi profondissimi di colpa e vergogna, quando, all'improvviso, il più alto e intraprendente della compagnia, ruppe ogni indugio e, rispettando il solito cerimoniale, invitò una ragazza a ballare!
> Quest'ultima, si rifiutò più volte, anche con evidenti segni di preoccupazione: ecco, infatti, l'arrivo precipitoso del pater familias, del "padre-padrone", che, ritenendo il comportamento della congiunta una grave offesa e violazione del senso dell'ospitalità, tra lo sbigottimento generale, intimò in modo perentorio: "Balla,disgraziata,balla!".
> Allora, assistemmo ad una scena tragicomica, patetica, grottescamente risibile: la dama, affetta da zoppia, piuttosto bassa, si afferrò ben stretta al nostro gigante buono e trotterellando, incespicando, strascinandosi con evidenti sforzi, cercava di assecondare il ritmo delle note musicali e i passi del partner, ambedue guardandosi in giro, nella viva speranza che altre coppie scendessero in pista o che il disco avesse una rapida fine!
> Insomma, senza esagerare i termini, una danza macabra, una sorta di sabba impietosamente squallida!
> In quella occasione, per la verità, non cercammo di soccorrere l'amico e lo lasciammo solo ad affrontare una situazione a dir poco penosa, allo stesso modo del guitto che, abbandonato dagli altri attori, rimane solo sul palcoscenico di un teatro di periferia, sotto la luce implacabile di un faro, ad affrontare stoicamente i fischi, le uova, la frutta marcia di un pubblico esagitato!
> Sgattaiolammo via, adducendo i motivi più futili, e filammo verso la parte bassa del paese sotto una fitta sassaiola,che a quei tempi,i ragazzi dei rioni alti riservavano a "li chiazzaiuoli" : certe volte arrivavano "peskonate", "mazzacani", "kianconate" così grossi da far scappare il morto!
> Fu una serata all'insegna della iella più nera,ma non ne facemmo una tragedia : avevamo dalla parte nostra la giovane età e la speranza che le cose dovevano pur cambiare...
> Chiedo scusa per la lungaggine della mia esposizione, che non vuole essere un ampolloso panegirico autobiografico, ( a guisa delle "Confessioni" agostiniane), ma solo un tentativo maldestro di descrivere e far rivivere un'epoca, un'età, attraverso racconti, fatterelli, episodi, legati alla nostra giovinezza, che non fecero storia, non sono storia, non saranno storia!
> Un'ultima "confessione": paragonata alla vita che menano i ragazzi di oggi, la nostra era veramente grama, povera di cose, difficile, dura, fatta di espedienti e miserevoli escamotage!
> Francamente, non la ricordo con particolare nostalgia!
Totoruccio Fierro
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