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Sul fiume Calore. Un ricordo d'infazia

CHIUPPITOGentile Redazione, per quanto è molto tempo che non invio nulla sul Vostro sito, vi seguo sempre con grande attenzione. In questi giorni, oltre a seguire la sempre bella “Sagra della (fù) castagna” ho letto l’interessante e ben documentato post del sig Eugenio Marano. Leggendo e guardando le immagini del post del sig Eugenio, ho provato una grande amarezza ed una grande tristezza. Quest’anno ho compiuto 40 anni, e credo che se 20-30 anni fa qualcuno mi avesse detto che un giorno a Montella non avremmo avuto le castagne, no, non poche ma, nessuna, che la campana del S.s. Salvatore sarebbe rimasta muta, no, non solo d’inverno ma anche ad agosto, che non sarebbe stato più possibile fare il bagno all’”urio re li scarpari” e no, non solo d’inverno, avrei detto a questo mio fantomatico interlocutore “n’chiuriti!” (ricoverati!). Mi chiedo quindi come deve apparire Montella, oggi, a chi ha 70-80 anni e se un nostro avo, centenario potesse tornare a

guardare la sua Montella la riconoscerebbe?
Pensiamo a quando gli anziani ricordavano il passato e per aiutarsi con la memoria collegavano determinati anni ad eventi climatici passati eccezionali, nevicate indimenticabili, siccità storiche, oppure stagioni più o meno proficue nella raccolta delle castagne, il prima e il dopo il terremoto; quando la “Cutigliara” era già la “foresta nera”, quando si facevano il bagno in mutande, nella migliore delle ipotesi, o, più spesso in costume adamitico a “L’Urio”.
Dobbiamo essere onesti e critici con noi stessi, amiamo poco la nostra terra (pianeta), e quasi per nulla i luoghi in cui viviamo, altrimenti non si spiegherebbero certi comportamenti, dall’abbandono indiscriminato di rifiuti, agli sversamenti illegali nei fiumi, alle captazioni eccessive o abusive. Della nostra bella terra (Montella) non sta restando nulla, le acque tumultuose delle nostre fonti resta sempre meno e sempre più spesso non è il fragore delle acque a farci compagnia nei boschi ma, il silenzio immobile dei greti asciutti. Per cause diverse anche le nostre tanto decantate (ma sempre poco tutelate) castagne stanno diventando un miraggio o un ricordo. Leggendo il post del sig Eugenio mi si è stretto il cuore a pensare che abbiamo permesso tutto questo, nel nostro piccolo, inteso come comunità locale, permettendo la captazione eccessiva delle acque da parte di vari enti, e indirizzando le nostre colture verso prodotti che incentivano lo spreco dell’acqua, dobbiamo sempre ricordare che il 70-80% del consumo di acqua mondiale è a scopo irriguo. A livello mondiale poi dobbiamo capacitarci che siamo le ultime generazioni che possono ancora fare qualcosa contro quello che in molti, tra cui il nuovo presidente americano, considerano ancora una bufala, il cambiamento climatico.

È necessario dunque un cambio di rotta, anche e prima nel nostro piccolo, risparmiando energia e risorse, tutti noi possiamo fare qualcosa, spegnere una luce, chiudere un rubinetto, andare un po’ di più a piedi o in bici, comprare più coscienziosamente i nostri cibi, impegnarsi a differenziare, etc; a livello nazionale e mondiale eleggendo rappresentanti che si rendano conto che se non si intraprende una strada più “green” non ci sarà un futuro per gli essere umani. Questo senza diventare un integralista e capendo che il progresso richiede anche qualche sacrificio.
Infine dai commenti al post del sig Eugenio Marano, Gegè per i suoi amici, ho capito (spero/credo) chi fisicamente fosse. Quindi il sig Gegè Marano mi ha riportato alla mente un piacevole ricordo, una giornata di quando ero ragazzino, avrò avuto una decina di anni, in compagnia di una persona gentile e sensibile, il sig Gegè, che ci portò , me, mio fratello e il figlio dell’avvocato Volpe, a fare un’escursione (avventura), proprio in quei luoghi, al “varo re la spina”, lungo il corso del fiume Calore. Qui, con i suoi cani intraprendemmo la risalita del fiume fin quando non ci sorprese un temporale, questo fece divenire quell’escursione un’avventura, dovemmo ritornare indietro in tutta fretta e zuppi fradici risalimmo sulla sua 127 panorama celeste, con i cani “puzzosi” di pioggia e con quello scassone (non me ne voglia il sig Eugenio) ci riportò a casa, non prima però di averci portato a casa sua dove la gentilissima moglie ci diede qualcosa di caldo e dei vestiti asciutti.
Ecco vorrei anche io un giorno percorrere il fiume in compagnia dei miei figli e vivere di nuovo quell’avventura.
Scusandomi per la lungaggine e per eventuale errori grammaticali o nell’indicare correttamente in dialetto i nomi dei posti, vi saluto tutti.
Virginio Dell’Angelo
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