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LI NOMI RE LI POSTI di Massimo Gramaglia

Gramaglia Massimo Li nomi re li casaliRitengo che questo lavoro di Massimo Gramaglia vada accolto con sentito plauso, per più motivi, che cercherò di individuare. Donato Sesso, un montellese emigrato in America, nel 1934 pubblicò in Filadelfia una pregevolissima Sintesi di memorie montellesi, nella quale, fra altro, inserì numerosissimi toponimi montellesi (in vernacolo) di contrade e luoghi di montagna, avvalendosi della collaborazione di un altro emigrato montellese, “l’esperto Boscaiuolo Michele Pizza fu Matteo”, come lui annotò. Meraviglia il fatto che nella pubblicazione in parola i luoghi non vennero annotati alla rinfusa, così come venivano alla memoria, ma suddivisi in base ai punti cardinali e secondo

il procedere ordinato di chi ne affronta, sia pure nel ricordo, il percorso. Leggendo le relative pagine sembra di addentrarsi realmente con l’esperto boscaiuolo tra valloni, castagneti, faggeti e così via del nostro territorio.
Il libro di Massimo Gramaglia può essere considerato un prezioso supplemento di quanto pubblicato nelle memorie da D. Sesso, perché la sua ricerca, che non trascura la consultazione di pubblicazioni già esistenti, si è basata soprattutto nel percorrere palmo a palmo il territorio montellese. Il risultato è davvero encomiabile: egli non si limita solo ad una mera elencazione di toponimi; ma individua i luoghi, ne indica i nomi vernacolari che, dove è possibile, traduce in italiano o italianizza e ne annota l‘etimo, mutuando dal repertorio di pubblicazioni precedenti (tra queste soprattutto quelle di Francesco Scandone e di Domenico Ciociola) e anche ricordi particolari, fatti legati agli stessi luoghi ed elementi storici. Fra le altre cose, spesso fa opportunamente ricorso al linguaggio tecnico che disciplina il suo scrivere. Importanti il corredo fotografico e quello cartografico che arricchiscono il volume. Ne risulta un lavoro minuzioso e paziente che ha richiesto studio, lavoro e, soprattutto, grande passione.
Che cosa può aver spinto il nostro Massimo nell’ abbordare il suo non facile e faticoso lavoro? Penso che la risposta sia semplice e profonda ad un tempo. C’entra il concetto di “appartenenza”. Rubando un titolo a Enrico Arosio, giornalista de L’Espresso, stigmatizziamo così il significato di questo termine: “Appartenenza: io sono la terra dove sono nato”; e c’entra ancora il concetto di “attaccamento”, per cui la mia terra è per me ciò che è la mamma: base sicura che mi permette di promuovere un senso di fiducia in me stesso (cfr. Wikipedia). E quelli che si sono allontanati dalla loro terra, come Domenico Sesso e tanti altri emigrati, hanno ben costatato che la terra natia è come il primo amore: il primo amore non si scorda mai.
Gramaglia Massimo 02Massimo Gramaglia, con questa ricerca, indica anche un modo sano, valido, ricreativo, nel senso più pregnante del termine, di impiegare il “tempo libero”. Questa espressione indica un argomento oggetto di studio da parte di sociologi e anche di studiosi di altre discipline, quindi arduo dirne pienamente il significato. Ci limitiamo all’accezione più corrente: esso è il tempo libero dal lavoro retribuito, fosse pure quello di operaio, come è nel caso specifico, in cui ognuno si può dedicare, sì agli svaghi, ma anche e soprattutto a crescere nella cultura e nella società, dedicandosi a interessi di studio. Questi obiettivi mi pare che il nostro Massimo li realizza, sottraendosi anche al dolce, ma infruttuoso, far nulla, a certi aspetti e condizionamenti deleteri della società che ci circonda e che possono solo regalarci massificazione e alienazione vitale. E ci sarebbe tanto da dire su questo argomento; ma l’autore mi ha chiesto di fare una presentazione, non già di tediare il lettore.
Montella 18 maggio 2016  

Virginio Gambone

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