L'incerto futuro della nostra agricoltura (di Graziano Casalini)
Da un po' di tempo, ci sono cambiamenti importanti e allarmanti per quanto riguarda il futuro della nostra agricoltura e per i comparti da questa dipendenti. Mentre in alcune zone del paese, caratterizzate da un'agricoltura ben organizzata su produzioni particolarmente pregiate, e per questo, senza concorrenze extra, le cose vanno abbastanza bene e le aziende possono liberamente determinare la giusta remunerazione delle loro produzioni, anche in base all'alta qualità e alle richieste di mercato.
In altre zone gli imprenditori, hanno serie difficoltà dovute al surplus produttivo e al ricatto della grande distribuzione, che con le enormi quantità in grado di assorbire, ha la possibilità di condizionare a proprio favore i prezzi di acquisto, provocando le crisi che in passato, ma anche ultimamente si sono e si stanno verificando. Il taglio e lo sradicamento di piante stracariche di frutti, lo sversamento del latte per le strade da parte degli allevatori sardi, ma anche di quelli di altre regioni, portati all'attenzione dell'opinione pubblica dalla tv e da tutti gli altri mezzi d'informazione, sono avvenimenti dimostrativi recenti che fanno inorridire e nello stesso tempo ci portano a una riflessione, quale? quella che purtroppo da decine di anni i nostri governanti, non si sono interessati a dovere dei problemi dell'agricoltura, sia a livello nazionale con leggi adeguate al rilancio, ma anche nel contesto più ampio delle politiche comunitarie europee.
Di leggi per il rilancio dell'agricoltura, al momento nessuno ne parla, tanti territori a vocazione agricola vengono abbandonati, o quando va bene riconvertiti, mi auguro, in modo scientifico, a nuove coltivazioni più redditizie. La situazione è a dir poco catastrofica, in Puglia si eliminano migliaia e migliaia di olivi per la xilella, mentre l'olio extra vergine di oliva viene venduto a prezzi bassissimi, perché altri paesi europei e nord africani riescono a produrre con costi molto inferiori ai nostri. I prezzi alla produzione di clementine, mandarini, e arance, sono condizionati anche questi dall'import, e per quando detto in precedenza sulla grande distribuzione, nonostante l'impiego e il grave sfruttamento della manodopera di braccianti, immigrati anche se irregolari. Gli allevatori, in particolare gli allevatori di pecore, sono in difficoltà per il prezzo del latte stabilito quasi in modo unilaterale dai grandi caseifici, forse anche qui per eccessiva produzione.
Ci sono agrumeti, oliveti, e frutteti vari, ma anche castagneti per quanto riguarda Montella, che rischiano di scomparire per sempre. Il prezzo del grano è a un livello talmente basso, che non è più conveniente coltivarlo nemmeno nelle zone più adatte allo scopo, e lo stesso per tantissime altre produzioni agricole. Sarebbe utile soffermarsi sulle problematiche che ogni prodotto agricolo presenta, ma non basterebbe un libro, a prenderle in esame tutte. Non sarà il momento di considerare l'agricoltura come una risorsa prioritaria per il nostro paese? o vogliamo comprare all'estero, oltre alle materie prime necessarie per l'apparato industriale, anche tutto quello che giornalmente serve alla nostra alimentazione? Le risposte dovrebbero essere logiche e di buon senso, risolvendo anche in parte, l'annoso, ma sempre più attuale problema della disoccupazione, soprattutto quella giovanile.
Perché i giovani oggi sono quasi tutti a un buon livello di istruzione e penso che facilitandoli nell'accesso al credito, come si fa per le start up, potrebbero dar vita a nuove e moderne aziende sia nel settore agricolo, alimentare, che in quello dell'allevamento e della trasformazione dei prodotti della terra. Se aspettassimo ancora a intervenire, la situazione sicuramente peggiorerebbe, anche per un altro fattore negativo, quello dei repentini cambiamenti climatici in atto. Tutto dipende dalla volontà e dalla lungimiranza di coloro che legittimamente abbiamo chiamato a governarci. Nessuno potrà mai governare bene un paese senza prevedere, cosa serve e che cosa si deve fare perché il futuro delle popolazioni sia un futuro in cui tutti possano vivere serenemente, in buone condizioni economiche e di salute. Abbiamo aree del paese molto fertili, siamo fortunati rispetto ad altre popolazioni, tutto viene dalla terra, e per queste e mille altre ragioni, è un peccato lasciarla incolta. Durante l'ultima guerra mondiale nelle città la gente moriva letteralmente di fame, mentre i contadini nelle campagne, coltivando anche piccoli appezzamenti di terreno, avevano di che sfamarsi. Oggi siamo diventati quasi tutti come i cittadini di allora e in casi estremi non avremmo il minimo indispensabile per la nostra alimentazione.
Graziano Casalini
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