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Sei personaggi in cerca di... ricordi (1^ parte) di Totoruccio Fierro

 del

Nel mese di luglio del 1979, mio zio Luigi Fierro fece stampare un libriccino di appena 31 pagine, con i tipi Dragonetti,   che intitolai "Sei personaggi in cerca di...ricordi - Montella di un tempo nei ricordi di un figlio nostalgico", curandone anche la prefazione.

 

L'autore è nato a Montella nel lontano1919; conseguì il diploma di Ragioniere e nel 1951 emigrò negli Stati Uniti, stabilendosi nella cittadina di Paterson N.J.

 

Pur avendo la venerabile età di 93 anni, egli conserva ancora mente lucida, prontezza di spirito, profondo acume,considerevole conoscenza del mondo e delle cose.

 

Nel Nuovo Mondo, partì da zero, prima esercitando il mestiere di muratore e poi, piano, piano quello di imprenditore. Frequentando le scuole serali, conseguì il diploma liceale, appropriandosi perfettamente della plingua inglese. Ha viaggiato moltissimo in lungo e largo.

 

I suoi ricordi, risalenti alla sua infanzia e alla sua giovinezza, sono scolpiti come su pietra nella sua mente e riguardano

 

Il periodo che va dall'inizio del 1900 agli anni 1930/40.

 

Poichèè mia convinzioneee che il volumetto fu letto da pochi, un pò per rendergli giustizia, un pò perchè apre uno squarcio storico di un certo interesse sulla vita, i costumi, la cultura, gli usi dei Montellesi agli inizi del ventesimo secolo, allora, mi è sembrato doveroso ed opportuno, con qualche mia piccola rivisitazione e ritocco sul piano squisitamente lessicale, pubblicarlo sul sito di Montella.eu, dando in tal modo la possibilità ad pubblico interessato più vasto di poterne prendere visione.

 

Nel descrivere i personaggi e le vicende, l'autore evita di scivolare in una retorica melensa e in sdolcinature dal sicuro effetto; egli, invece, sparge a piene mani, note accorate di rimpianto e malinconia, pervase, però, da un impalpabile senso di ironia, non quella grossolana e sfacciata, ma quella bonaria e da risatina sotto i baffi!

 

Essa, viceversa, si ricompone all'istante e sfocia di nuovo nella più struggente mestizia: sorrisi benevoli e compiacenti, tristezza che afferra il cuore: due momenti di un solo essere...

 

Lo stato, cioè, di chi descrive fatti e cose legati al ricordo della sua infanzia e giovinezza, del suo paese natio, che è più forte e tenace proprio in chi è costretto a vivere lontano dalle sue radici e dalla sua terra di origine!

 

Sarei estremamente curioso di sapere se esistono ancora i diretti discendenti di questi sei umili e poveri personaggi e se qualcuno ancora li ricorda, ma è tempo di storicizzarli...

    

 

                                            ZINOTTO 

 

Perché lo chiamassero così, non l'ho mai saputo, né ho mai conosciuto il suo vero nome. Poteva avere circa vent'anni ed abitava a Garzano, all'angolo sinistro, quando si gira per andare all'Asilo Capone. Quando il tempo era bello, sedeva davanti alla falegnameria che il padre aveva in quel cantone.

 

A volte lo si vedeva fumare con la sigaretta infilata in un lungo bocchino fatto con una zampa di lepre.

 

A quei tempi, molti fumatori usavano un tale accessorio, che non si vendeva e richiedeva una certa maestria per realizzarlo.

 

Noi ragazzi che frequentavamo l'Asilo, eravamo stupefatti e affascinati dalla ciclopica grandezza del corpo di Zinotto, che mi ricordava, in seguito, quella del pugile Primo Carnera.

 

Si diceva che fosse affetto da elefantiasi, ma per noi bambini egli rappresentava il gigante buono : aveva un'indole mite, pacifica, dolce, non si arrabbiava mai ed era incapace di far male ad una mosca!

 

Per noi era il più forte di Montella, in grado di sbaragliare da solo nutriti eserciti nemici, ma non potevamo immaginare che fosse gravemente ammalato!

 

Infatti, morì prima che noi avessimo finito la scuola elementare, lasciando un vuoto profondo nei nostri cuori!

 

Povero Zinotto, quanti ti ricordano?

 

La tua immagine, invece, è fermamente impressa nella mia mente e, quando, ritornando a Montella, passo per Garzano, ti vedo ancora seduto lì, su una di quelle sedie impagliate, oramai anche esse del tutto scomparse, con lo sguardo triste e malinconico a fissare un improbabile ed enigmatico orizzonte! 

 

                                         PATATERNO

 

Di età indefinibile, esercitava il mestiere di scalpellino con capacità e senso artistico. Oggi, se giri accompagnato da Diogene e la sua lanterna, di questi abili artigiani di un tempo neanche la più pallida traccia!

 

Tra un colpo e l'altro di scalpello e sgorbia, trovava anche il tempo per fare il venditore ambulante.

 

La consapevolezza di esercitare queste due "qualificate" ed apprezzate attività, gli avevano conferito un carattere altezzoso, distaccato, sprezzante, cioè quel senso di superiorità che lo spingeva a considerare e a guardare le persone dall'alto in basso!

 

Pataterno, sveglio e intraprendente, durante le feste paesane, nei giorni caldi dell'estate e durante la Novena della Madonna della Libera, tirava un carretto su cui era depositato un recipiente pieno di "subbetta".

 

Questa era un gelato delizioso, formato da premute di limoni e neve, che, a quei tempi, veniva "estratta" da buche profonde del terreno, "rè nevere", nelle quali, durante i mesi invernali, si ammassava la neve caduta naturalmente!

 

Egli la vendeva in dei pesanti bicchieri di vetro che si chiamavano "giarroni" : un soldo per quelli più piccoli e due per quelli grandi.

 

Appena finita la "subbetta", bisognava restituire il contenente al "gelataio", che, con l'accortezza del più navigato igienista, lo sciacquava in una conca, dove ristagnava, per tutta l'attività di "compravendita", la stessa acqua!

 

I ragazzi più discoli e coraggiosi, a cui, come sempre, mancava anche quel "soldo" per gustare la "subbetta", per farlo arrabbiare,

 

lo canzonavano gridando : "Patatè, fa' scì lo sole, quatto sordi a lo giarrone!".

 

Nel paese, di quest'uomo, si narrava un fatto che ha dell' incredibile, se non fosse realmente accaduto...

 

Dovete sapere che Pataterno aveva "scolpito", tra gli occhi e sopra le labbra, un naso dalle proporzioni spropositate, simile al

 

becco d'aquila, o, se preferite, un naso aquilino da guinness dei primati!

 

Questa mastodontica escrescenza era motivo di continue prese in giro e sfottò da parte della gente e soprattutto dei compagni di

 

lavoro...

 

Non potendone più, un giorno, il pover'uomo, raccolse tutto il coraggio necessario, in preda ad un delirio ossessivo e spregiudicato fervore autolesionista, con la sicurezza del più famoso,incallito e pagato chirurgo plastico, afferrò un rasoio e di netto tagliò la parte ricurva del naso che da anni faceva ombra alla sua bocca!

 

Per un certo periodo di tempo non si fece più vivo sul lavoro e nel

 

paese: solo quando la ferita lasciata dalla "rinitomia" autoguidata, si cicatrizzò, tornò a vivere da persona normale.

 

Scomparve da Montella, per così dire, in pandofole, piano, piano, senza che la maggior parte della gente se ne accorgesse : di lui

 

sono rimasti i portali e le pietre che aveva "affacciate" febbrilmente con il suo lavoro ed il suo scalpello!

 

 Vi ringrazio per l'attenzione : dei rimanenti quattro personaggi tratterò la prossima puntata.

 

                                    Con incondizionata stima,       

 

                                                         Totoruccio Fierro

 

 

 

 

 

 

 

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