Gemelli, destini incrociati di Roberta Bruno del Quotidiano del sud
Umberto e Michele Maio, classe 1981, oggi sono due cittadini europei, provengono da, Montella, i cui abitanti li ricordano con affetto come “i gemelli”, mentre l’Italia li ha inseriti nella lunga lista dei cervelli in fuga.
Nel 2005, dopo aver portato a termine il liceo scientifico, i gemelli si sono trasferiti a Bologna dove Umberto, appassionato osservatore della volta celeste, ha conseguito una laurea in astronomia, mentre Michele, più attratto dalle forze del mondo, in fisica.
Dopo l’università le strade si sono divise: Michele ha conseguito un dottorato di ricerca in fisica teorica in Olanda per poi spostarsi in Spagna per il postdoc, mentre Umberto ha conseguito il dottorato a Monaco, e dopo essere stato impegnato in posizioni intermedie e postdoc per tre anni e mezzo, vince una borsa di ricerca all’INAF (Istituto Nazionale Astrofisica) a Trieste.
Oggi Umberto vive a Berlino e oltre al titolo di professore associato al MIUR, è ricercatore associato di astrofisica a Postdam, dove si occupa di galassie, stelle, evoluzione dell’universo e buchi neri, mentre Michele, che ha lasciato la ricerca, vive ad Amsterdam e si occupa di finanza.
«Non sono mai stato competitivo» racconta Michele «mentre Umberto, soprattutto al liceo, era in competizione con me, ma se glielo chiedi ti dirà sicuramente di no!» ride.
«Idealmente avrei voluto fare ricerca all’università, ma nel tempo ho cambiato idea: vedevo persone tra i 40-50 anni ancora in attesa di un posto. Così lasciai il postdoc e cercai di capire come poter vendere la mia preparazione scientifica. Nel 2014 sono tornato ad Amsterdam
e sono entrato in finanza. Ho lavorato prima in una compagnia di consulenza e poi per l’istituto di credito olandese ABN AMRO; lì mi occupavo di modelli matematici, producevo numeri che andavano a finire nella banca centrale europea.
La particolarità di stare in un mercato di lavoro libero e flessibile è che inizi a lavorare svolgendo una mansione e arrivi alla pensione facendone tutt’altra; ogni cambiamento intermedio è sempre un miglioramento».
«Quando ho cambiato lavoro avevo già trovato altro, ma da settembre, così mi sono goduto due mesi di vacanza: sono andato in sud America da solo, sono stato per un mese e mezzo sulle Ande (dall’Ecuador Bolivia e Cile) mi sono arricchito, riposato, e liberato la mente, è stata una vacanza sia fisica che mentale e a settembre ero pronto anche mentalmente per affrontare il nuovo lavoro.
In Europa e soprattutto in Olanda si punta molto sulla qualità della vita, la quale deve essere quanto meno decente, il benessere mentale è fondamentale e lo sanno bene, e anche le aziende vogliono che ci sia un equilibrio tra la parte lavorativa e quella personale e privata, perché sanno che un eventuale alterazione ricadrebbe negativamente anche nel lavoro».
Per Umberto, invece, la competizione con Michele è terminata al liceo, quando nella cameretta gareggiava col fratello per vedere a chi prima riuscisse l’esercizio di matematica. Racconta: «Ricordo che all’inizio anche all’università era come andare a scuola insieme: chiacchieravamo spesso, ci scambiavamo idee e opinioni sugli stessi temi. Poi gli studi sono diventati sempre più specialistici, fino a quando ci siamo resi conto che non ci capivamo più! Così abbiamo deciso di smettere di parlare di scienza tra di noi».
Umberto, che nel suo ambiente lavorativo ha incontrato altri tre irpini astrofisici, vede il problema dell’emigrazione come una questione nazionale: «anche da Trieste, ricordo, i giovani andavano via». «Gli scienziati italiani sono molto apprezzati all’estero, sono tanti i connazionali che, tra Germania, Francia, America, fanno andare avanti la ricerca, mentre la percezione generale dell’Italia è rimasta quella di pizza, mafia e altri luoghi comuni. L’istruzione tedesca non brilla per acume critico, e il fatto che la Germania sia vissuta come il migliore dei mondi possibili diventa un limite alla criticità di chi ci abita.
Spesso chiacchiero con mio padre sulla situazione in Irpinia e a Montella, e mi rendo conto che la “decadenza” e l’abbandono di quei luoghi siano da imputare relativamente alla gestione locale, poiché limitata e riflesso di quella nazionale».
Dopo il dottorato, cosi come Michele, anche Umberto si è trovato al bivio del continuare la strada della ricerca o intraprendere quella della consulenza: «Ebbi un’offerta da McKinsey, ma scelsi il dottorato, in Germania ci sono tante risorse per la ricerca, viaggio tra America e Asia e lavoro anche in Italia, dove non nascondo che un domani ritornerei».
Nonostante le grandi possibilità di carriera e sviluppo che l’Europa offre, vivere fuori dall’Italia significa vivere lontano da famiglie e tradizioni, e nonostante sia bellissimo integrarsi e conoscere nuove culture è vergognoso e fa rabbia non poter costruire una vita dignitosa nel proprio paese d’origine.
«Oltre all’inglese ho voluto imparare anche l’olandese» racconta Michele «senza conoscere la lingua del luogo che ti ospita non è possibile integrarsi realmente in una cultura. Altrimenti si fa la vita dell’emigrato, e invece è necessario integrarsi e conoscere lingua, tradizioni e cultura, imparando tante cose utili anche per se stessi. Ci sono diverse usanze curiose, come quando al mattino sei già a lavoro e arrivano i colleghi che si siedono senza neanche dirti buongiorno, pensi che ci sia qualcosa che non va, e invece loro fanno proprio così; oppure quando sei in strada e parli con qualcuno a 70/80 cm di distanza e puoi stare certo che qualche passante passerà esattamente tra te e il tuo interlocutore senza porsi assolutamente il problema del “disturbo”».
Per Umberto invece tasto dolente dell’Italia è il mancato investimento nella ricerca e nel Meridione: «Se 1/3 della popolazione è al Sud è giusto che un 1/3 degli investimenti siano al Sud» afferma. «Questo è un problema urgente e d’interesse nazionale, prima che l’Italia si trasformi completamente nel Sud della Germania».
«Due anni fa rimasi colpito dalle parole del sindaco del mio paese» racconta invece Michele «nel suo discorso faceva riferimento esclusivamente alla fascia più anziana della popolazione, e si evinceva come il futuro dell’economia montellese fosse ancora un tipo agricoltura senza il supporto delle tecnologie».
I giovani e le tecnologie per Michele sono argomenti che andrebbero considerati e rivalutati soprattutto in funzione del lavoro: «il mondo oggi chiede basi matematiche per tutto, e la gente nasce con il telefono in mano: sarebbe bene che sappia anche che cosa vi sia dietro».
Anche per Umberto la scienza è fondamentale per il futuro, ma forse non esattamente nella stessa connotazione che ne dà il fratello: «Dagli anni ’80 in poi c’è stata un’impronta neoliberale, non si perseguiva nulla che non portasse un profitto immediato, e la scienza venne acclamata proprio perché creava profitto» spiega. «oggi il marketing o il counseling non sono altro che questo: un modo di fare profitto utilizzando dati e impiegando gli scienziati, che sono gli unici a saper adoperare questi dati, come fossero manovali. Questo spiega, difatti, come mai la ricerca scientifica sia finanziata soprattutto nelle aziende private, che perseguono il profitto, e non più negli istituti classici di ricerca, dove invece si fa scienza per la scienza».
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