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Fiume Calore, documentario choc

Fiume CaloreDa Montella in poi “il fiume acqua propria non ne ha, quel che si vede sono solo scarichi di depuratori”

“Requiem”, altre parole non restituirebbero meglio la drammaticità delle condizioni del fiume. Il suono delle campane a lutto riecheggia sotto le immagini del corso d’acqua ormai quasi inesistente, fra ciottoli e carcasse di pesci in decomposizione. Il Comitato a difesa del Calore a distanza di quattro mesi ritorna a percorrere i luoghi dove il fiume nasce e dove muore, anche se ben presto lo fa. E lo chiariamo: dagli elementi in loro possesso, ricordando che gran parte dei membri volontari sono esperti per studi e professione o per esperienze di vita lungo gli argini del Calore, si evidenzia che da Montella in poi “il fiume di acqua propria non ne ha,

quel che si vede sono esclusivamente scarichi dei depuratori”.
È tutto riportato nel documentario choc dal titolo: “Le acque irpine 2, Requiem”. «La nostra associazione ha come finalità principali la tutela ambientale e la valorizzazione del territorio, in modo particolare quello afferente al bacino idrografico del fiume Calore Irpino, e la diffusione delle tematiche relative alla salvaguardia dell’ambiente e della salute dei cittadini (art.3 dello Statuto) pertanto, cerchiamo di mostrare la situazione reale in cui si trova il nostro fiume, al fine di accrescere la consapevolezza nei cittadini dello stato di disastro ambientale per poter difendere con forza e salvaguardare il nostro territorio» viene così presentato dalla presidentessa del Comitato, Olga Addimanda, il video che può esser guardato all’indirizzo su You Tube. «È il secondo di una serie di reportage sulla situazione di criticità delle acque irpine. Dopo aver mostrato nel primo video la situazione generale del serbatoio idrico dei Monti Picentini affrontiamo più in dettaglio la questione del deflusso minimo vitale negato e della conseguente siccità del fiume Calore e nuovamente, poi, il malfunzionamento e/o non-funzionamento dei "depuratori" comunali dei comuni rivieraschi. Inoltre vi mostriamo la moria di pesci verificatosi nel fiume Calore nel tratto che va da Venticano ai territori di Calvi e Apice. La situazione è drammatica e insostenibile. Il video è stato realizzato in collaborazione, senza fini di lucro, tra il Comitato Tutela Fiume Calore e UàNm [Web Tv di lotta]». Così, con telecamera e macchina fotografica i volontari hanno iniziato il loro “viaggio informativo” dal torrente Scorzella di Montella e il ponte del Fascio, dove vi è un minimo di deflusso vitale:«L’acqua scorre e arriva nella cascata da lì giunge direttamente nella presa, quindi viene tutta prelevata e muore lo Scorzella» – spiega Luigi Colucci il quale aggiunge che «la quantità di liquido che continua a scorrere starebbe in un bicchiere».
Giunti sul ponte della Lavandaia sono d’effetto le immagini contrapposte del primo reportage del 24 aprile 2012 con l’acqua che fluiva mentre al 28 agosto scorso si possono riprendere solo pietre. Altra tappa a Bagnoli al torrente Lacignolo, ma è scendendo ancora verso Mirabella e Apice che il video riporta la drammaticità degli ultimi eventi: «E’ andata distrutta tutta la fauna ittica, quella bentonica, ovvero gli insetti acquatici sono spariti, e non sappiamo la parte arborea come è messa»– evidenzia Colucci. «Nel tratto al di fuori dei depuratori avviene la morte dei pesci questo ci fa dedurre che ci sono scarichi tossici per i pesci: essendo l’acqua poca, aumenta la concentrazione di quello che può esser stato versato nel fiume – sostiene il volontario Giuseppe Ciarcia. L’area, inoltre, è sprovvista di cartelli con l’avviso di inquinamento micro biologico e batteriologico delle acque, chiunque può accedere al fiume nonostante è stata emessa l’ordinanza provinciale e dei sindaci riguardo alla salmonella che, per chiarire, sta a significare che sono presenti batteri che possono determinare malattie fra specie diverse: bovine, equine, ovine, cinghiali e addirittura uomo. Creandosi così una situazione endemica».
Il gruppo si sofferma a Venticano al torrente Mele dove è stato riscontrato uno scarico che, stando a come viene definito da un intervistato dal volto oscurato sul posto, colui che però ha fatto a inizio agosto la segnalazione all’amministrazione comunale è «anomalo per quantità, per odore e per colore». Interviene, poi, anche Pellegrino Pepe, coltivatore della zona di Ponterotto a Mirabella Eclano.
L’agricoltore spiega come l’area «doveva essere la valle più ricca della provincia di Avellino, ma ad oggi i contadini si contano sulle dita delle mani. Il prossimo anno potrebbero ridursi ancora di più perché lavorare in queste condizioni è assurdo. Il fiume era la nostra unica ricchezza». Incisivo e senza remore, il contenuto dell’intervista di Giuseppe Ciarcia che in conclusione del reportage afferma: «l’ingranaggio non si aggiusta perché e’ tutto un problema politico. Come cittadini però possiamo fare pressione. Temperatura, Ph e ossigeno sono tra le cause della strage ittica; Arpac e Forestale, hanno la possibilità di individuare le cause, ma lo stanno facendo?».

 
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