Caro Vittorio, mi hai chiesto una testimonianza sulla cerimonia di inaugurazione del monumento agli emigranti “
Il cammino della speranza” dell’artista Manzi. Cedo alla tua insistenza principalmente per corrispondere doverosamente al tuo grande impegno per assicurare a Montella una rete d’informazione.
Ebbene, l’occassione mi ha riportato indietro nel tempo, a quando il Santuario, tanto caro non
solo a noi di Montella, era in uno stato di degrado e gli emigranti e non pochi residenti fecero il
miracolo che oggi ammiriamo, sotto la guida appassionata di don Ferdinando Palatucci.
Andando a ritroso ho ricordato gli anni in cui, ancora sorretti dalla fede e dall’amore per il proprio
paese fu realizzata la strada per il Santuario sulla cui storia, purtroppo, pesano non poche
inesattezze e appropriazioni indebite. Fu opera di volontà e di ingegno di Salvatore Conte e don
Vincenzo Bruni, e delle braccia di tanti generosi montellesi.
Con un ulteriore passo indietro, ho ripensato alla realizzazione del monumento al Salvatore in
piazza Bartoli, voluto dai montellesi negli anni immediatamente successivi ai festeggiamenti del
primo Centenario dei fatti miracolosi del 1789. E, così, sono tornati alla mente altre storie: la
fusione delle campane, la corona d’oro, la statua d’argento...
Non è qui il caso di riproporre date e fatti. C’è solo il desiderio di ricordare che i montellesi,
residenti o emigrati, sempre generosamente hanno contribuito alla realizzazione di opere che,
superato il limitato tempo dei suoi autori, si proiettassero nel tempo.
Nel nostro paese, ogni anno, luminarie, canti e spari gratificano il gusto pagano e consumistico
all’ombra delle ricorrenze religiose. Con generosa disponibilità si raccolgono diecine di migliaia
di euro che vengono bruciati in poche ore... ma cosa resta di tangibile?
La realizzazione di questo monumento ci sia di monito e insegnamento, come le tante altre opere
cui ho brevemente fatto cenno: tutte volute e realizzate con il contributo modesto o sostanzioso
dei cittadini.
Si continui, dunque, a festeggiare come per tradizione, ma con i correttivi che una cultura e una
realtà sociale diversa suggeriscono. Musica leggera e classica di buon livello, sceneggiate, commedie,
festival e anche “idoli”, più o meno sbracati, sono a portata di tutti e a buon mercato, senza
costi folli... Qualche riflessione su quanto detto credo che non sia fuori luogo per un paese che
è profondamente cambiato dopo due eventi drammatici del secolo scorso: la Seconda Guerra
Mondiale e il terremoto del 1980.
Un suggerimento-proposta: il campanile della nostra chiesa collegiata manca della parte terminale...
Perchè non destinare parte delle somme raccolte per le feste a tale finalità?
Queste riflessioni e tanti altri fantasmi - storie e fatti - si sono affacciati alla mia mente durante la
cerimonia di inaugurazione del monumento e così,
Il Cammino della speranza di Antonio Manzi è
stato leva di ricordi collocandosi idealmente nel novero delle opere del passato.
Carlo Ciociola
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