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Caciocavallo

CaciocavalloDal Sannio Caudino mi sposto verso i margini dell’alta valle del Calore, dove, alle falde del monte Sassetano, un accidentato rilievo del gruppo del Terminio, si trova Montella, antico feudo della nobile famiglia dei d’Aquinio. Il nome del comune deriva proprio dalla particolare posizione geografica: Montella, infatti, altro non è che un diminutivo di “monte”. Un territorio antico, abitato sin dalla preistoria, ricco di boschi di faggi, carpini, elci, querce e roveri, dove il visitatore può incontrare numerosi luoghi di suggestiva bellezza.

Fra questi ricordiamo la grotta del Caperone, ricca di stalattiti e stalagmiti, nella quale, secondo la tradizione, si sarebbero svolti riti pagani e la grotta dei cantraloni, dove scompare un impetuoso fiumiciattolo a corso perenne. L’ampia piana di Montella è molto fertile e tuttora è ben coltivata e abbondanti sono i pascoli, dove è molto sviluppato l’allevamento del bestiame, soprattutto mucche. In questa zona pascola la Mucca Bruna, una razza capace di dare ragguardevoli produzioni di latte di notevole qualità, con rese alla caseificazione nettamente superiori alla media e particolarmente adatto alla produzione di formaggi tipici.

E’ una razza, inoltre, molto forte capace di adattarsi al meglio nei diversi ambienti agricoli. A Montella il latte della Mucca Bruna viene utilizzato per la produzione del “casicavaddro”, uno dei formaggi campani più rinomati e gustosi. Si presenta con crosta sottile di colore marrone chiaro; la pasta, compatta e senza occhiature, è di colore giallo paglierino. Il sapore è sapido e piccante con sentori di burro cotto. L’origine del nome “caciocavallo” deriverebbe da “kashcavaal”, termine con cui gli slavi chiamavano un formaggio simile. Un’altra ipotesi, oggi più accettata è che la denominazione deriverebbe dall’uso di fare asciugare i formaggi appesi a coppia, a cavallo di una trave. Il caciocavallo è molto diffuso nelle zone collinari e montuose del Sud Italia. In Irpinia viene prodotto nel territorio della Comunità Montana dell’Ufita con latte crudo di animali allevati allo stato semibrado. La lavorazione di questo formaggio segue ancora il procedimento artigianale.

Ottenuta la cagliata grazie all’aggiunta al latte di caglio di vitello questa viene rotta utilizzando un attrezzo di acciaio chiamato spino. A questa operazione segue poi la filatura: la pasta matura viene tagliata in fette strette e lunghe e lavorata con la giunta di acqua bollente, finché fila senza rompersi. Il caciocavallo viene lavorato nei mesi di aprile, maggio e giugno, e vengono asciugati per venti giorni all’aperto, poi stagionati in grotte di tufo, legati a due a due e appesi a bastoni, per un periodo di tempo dai 4 ai 9 mesi. Nella grotta si ricoprono di una particolare muffa bianca che poi viene rimossa.

Il peso medio di ogni forma è di 2,1 kg. Per servirlo va tagliato a dischi di 2 cm e poi in triangoli dalla base tondeggiante. Si serve come aperitivo o durante il pranzo abbinandolo a vini bianchi. Se è dolce e poco stagionato, è preferibile un vino rosso. Tutti i caciocavalli possono essere accompagnati da miele di acacia o di castagno.
Fotografie SEMA, 2009, Giuseppe Ottaiano © tutti i diritti riservati, la riproduzione di questa foto è vietata ai sensi legge 633/41 e successive modifiche e integrazioni.

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