Tra crollo della produzione e coltivazioni devastate dai parassiti, la castanicoltura sta vivendo una fase drammatica. Ora servono provvedimenti urgenti a sostegno di una produzione che ha valenza sia economica che forestale. Un crollo di produzione dell'80% rispetto ai livelli pre-crisi, parassiti distruttivi e mancanza di strategie politiche hanno messo in ginocchio la
castanicoltura campana, eccellenza riconosciuta in tutto il mondo. La Cia lancia l'allarme durante l'audizione dell'ottava commissione della Regione Campania.
A restituire la gravità della situazione sono i numeri: la produzione di castagne in Campania prima della crisi si aggirava intorno ai 300 mila quintali mentre l'anno scorso ne sono stati prodotti 60 mila quintali e quest'anno si prevede un'ulteriore diminuzione. Particolarmente colpita è l'Irpinia, dove i parassiti del frutto, il Cinipide Galligeno, sta devastando i castagneti tipici del Montellese, del Partenio e del Serinese, oltre che di altre aree vocate della Campania.
Castagneti in balia dei parassiti, strategie insufficienti - "Chi fa impresa si vedrà quasi azzerata la propria produzione", dichiara senza mezzi termini Salvatore Malerba, imprenditore del settore e presidente del Gie-Gruppo di interesse economico della Cia. "L'avevamo paventato e purtroppo la realtà ci dà ragione. L'attacco del parassita si è di questi tempi triplicato. Ci sono colpevoli ritardi che non possono essere sottaciuti. La fitopatologia, conosciuta come Cinipide Galligeno, seguita da altre avversità tipiche del settore, da un decennio si è impadronita dei nostri castagneti, ma le strategie poste in essere negli anni scorsi sono state insufficienti".
Anche la stessa storia imprenditoriale di Malerba è significativa per comprendere la difficoltà del settore: da 14 dipendenti full time oggi la sua impresa ne ha soltanto 3 part time.
Finora il fenomeno è stato affrontato con l'esclusiva e insufficiente immissione del Torimus, antagonista naturale d'importazione del Cinipide. Secondo la Cia questo non basta, anche alla luce degli scarsi risultati ottenuti in un quinquennio, comprovabili con i dati negativi delle produzioni e delle sperimentazioni. Con un documento, argomentato e firmato pochi mesi fa dai vari livelli della Cia sono stati interessati Regione e Ministeri e prospettate soluzioni più complete.
Riconoscere i castagneti come frutteti specializzati - Innanzitutto, occorre, secondo la Cia, ridefinire le aree vocate ai castagneti, trattate finora semplicemente come boschi e non come frutteti specializzati. In realtà, in molte parti della provincia irpina i castagneti, parte dei quali insigniti del marchio Igp, assolvono al ruolo di vere e proprie produzioni a reddito d'impresa, esportate in tutto il mondo, con centinaia di unità lavorative occupate, che fanno della Campania la prima regione produttrice d'Italia.
Risorsa economica e non solo forestale - Oltre all'aspetto economico e di mercato, va anche considerato che il settore, se messo in condizione di produrre reddito, difende l'ambiente da incendi e squilibri idro-geologici. Occorre, quindi, che Regione e Ministero delle politiche agricole ridefiniscano le aree montane vocate come veri e propri frutteti e non come boschi. Questo significherebbe poter accedere ad altre soluzioni anti-crisi, anche biologiche, possibili nell'ortofrutta, ma negate nella castanicoltura.
Si tratta, secondo la Cia, di operare una svolta a 360 gradi, cominciando a considerare i castagneti come una risorsa ambientale ed economica, tipica della Campania e delle sue montagne, e non solo come una risorsa forestale.
Si auspica che Consiglio e Giunta regionale prendano atto della realtà e assumano tutti i provvedimenti urgenti, anche di sensibilizzazione presso i Ministeri, per garantire alla castanicoltura e a molte parti del territorio regionale una prospettiva di fuoriuscita dalla crisi, che per quest'anno si annuncia gravissima.
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