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RE TRECIOLA O RE CETROLA? (…questo il dilemma) di Giuseppe Marano

 

Cetrola-treciolaCaro Vittorio, non ricordo se ieri, l'altro ieri o ancor l'altro, mi ha preso un dubbio , i filosofi lo chiamano pure dilemma...Ripetevo tra me e me: "Ma come si dice... re treciòla o cetròla...?". Mi dirai: ma no' tenevi proprio che pensa'! No, tenevo che pensa', ma il dubbio mi bloccava...Sì, perchè ricordavo d'averle sentite da piccolo tutt'e due quelle voci! Nei vichi di Sorbo, non ricordo in quale ma sicuramente in uno di questi: quello dove c'è la casa di Cicco Cianci...Annant'a' la Cupa... la Selece re còppa o la Selece re sòtta...Annant'a la Croce, 'Nnànt' a' l'Angilo, ...Suriviéllo...Sott' a' l'Angilo...Cappella e Cèrza Grossa...non me lo chiedere per favore che non me lo ricordo. Sorbo allora era

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SENZA VERGOGNA di Totoruccio Fierro

Anni-60-03 I^ e II^ PARTE - Avevamo finanche battezzato il "cerchio magico" degli amici con l'acronimo "Volticonbrafi", che era la risultanza delle iniziali dei cognomi: Volpe,Tiretta,Conte,Branca e Fierro.

Ci riunivamo quasi tutte le sere,quando alla casa di uno,quando di un altro : le nostre madri,con grossi sacrifici,ora me ne rendo conto,non ci lasciavano quasi mai a pancia vuota!I momenti più belli li trascorrevamo da zia Flora,in piazza, e da zia Carmela,la madre di Peppo Branca,al Carmine.Qui ci sentivamo perfettamente (ENTRA E COMMENTA )

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Giuseppe MARANO riflessioni "musicali".

Giuseppe Marano-foto-03Caro Vittorio, mo' mi dirai: "Ti stai allargànno 'no poco troppo", e... son d'accordo con te, perchè son pigro, e butto fuori qualcosa quando non ne posso più! Mi è capitato ieri, in una meravigliosa chiesetta (che mi ricorda perle nascoste e scoperte con flash abbagliante... tenetele nascoste il più possibile, perchè la nostra vista le sciupa...come l'Esterina del grande poeta!) linda, semplice nelle linee stupendamente illuminata ed impreziosita da un magnifico dipinto di De Sfefano che spirava protezione dall'alto...Ebbene questo luogo sacro di fronte al Convento delle suore di San Giuseppe, è stata armoniosissima esaltante cassa di risonanza di

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Nota di Giuseppe Marano

Stavolta è il caso di dire, anzi, di fare cose serie. Il triste caso di quellaGiuseppe Marano foto-02 signora uccisa da un maledetto calabrone, non potete immaginare quanto mi rattrista, scatenando tra l’altro un rammarico rabbioso, per quanto, mi direte, irrazionale! Son sicuro di interpretare i sentimenti di tutti. La morte si sa è sempre inaccettabile, ma quando si presenta col dolce ronzio di quell’imenottero tigrato, no, non è possibile! Mentre tranquillamente lavorava nel suo fondo familiare, forse anticipava la gioia del ritorno a casa a riprendere conversazioni interrotte con volti cari…Ma “No!” ha detto il minuscolo assassino!

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Pensieri 'nfocati di Giuseppe Marano

                                         “Pensieri ‘nfocati”

Lucifero-Marano GScusate se Caligola “lanciafiamme”, probabilmente, m’ha ‘nfocato troppo la testa (tra parentesi, Messalina era più appropriato come nome! Come vampate di calore si addice più a lei! Eppoi tutta ‘sta declinazione al maschile, è insopportabile, mi meraviglio delle femministe che si sono state quiete!…ma lasciamo stare se no, al solito, mi perdo, come quelli di qualche giorno fa al Terminio…)…Tuttavia qualche flash incandescente Caligola- adesso Lucifero- me l’hanno ispirato, di giorno e di notte, segno questo, almeno per me, che quando la capo si ‘nfòca, mi sveglia

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La stagione balneare di Totoruccio Fierro

Quando anticipavano le belle giornate, la nostra stagione balneare incominciava già' nella prima decade di Giugno e si protraeva spesso fino agli ultimi giorni di Agosto.


           Il gruppo dei bagnanti era composto da ragazzi e preadolescenti che abitavano lungo il tratto del Corso (oggi via Del Corso) che, dall'incrocio di via Don Minzoni, arrivava fino alla via San Mauro. Dell'allegra compagnia facevano parte anche i piu' intrepidi e coraggiosi compagni di via "Chiazzavano".


           Questo gruppo informale di pari contava dodici-tredici membri, senza un leader, senza suddivisioni di ceto, senza scale gerarchiche ,ma unito dagli stessi intenti, dalla stessa volonta',da un'amicizia piu' o meno sincera e disinteressata.
             Escludendo ogni preventiva intesa (non c'era il telefono, ne' you tube, ne' e-mail, ne' twitter, ne' face-book),ci raggruppavamo in modo del tutto spontaneo ed automatico nelle prime ore del pomeriggio e ci incamminavamo verso il fiume Calore.


             Scendevamo a ventaglio o in fila indiana lungo il Corso, che a quei tempi era una strada in terra battuta, con pochi tratti di marciapiedi, sprofondamenti e larghe buche, dove gli innumerevoli asini che rientravano al paese verso sera, non disdegnavano di lasciare le loro testimonianze solide e liquide!
             Tra battute, scherzi, resoconti sul cibo mangiato a pranzo, attraversavamo la piazza "re nanzi Corte", poi il largo dell'Ospizio che includeva, maestoso, il convento dei Frati Minori Conventuali, sede della caserma dei Carabinieri (che fu frettolosamente e inopinatamente demolito nella fase di emergenza susseguente al terremoto del 1980, su una scellerata decisione intrapresa da persone insensibili ed ottuse, incapaci di apprezzarne il valore storico-architettonico.
             Imboccavamo la via "re lo jumo" (oggi via ing. Cianciulli),che era più disastrata di quella del Corso, e sulla destra restavamo a guardare ammirati la casa in stile Liberty dell'avvocato Sapio De Marco, che isolata e circondata da ampio giardino verde, ci testimoniava dei suoi anni trascorsi negli Stati Uniti e più a valle la casa colonica con annesso "gratale " di proprietà "re Ronn’ Alisando Bosco".
             Intorno, intorno, ovunque girassimo lo sguardo, di altre abitazioni neanche il segno!
Attraversavamo il ponte romano, guardando i resti ancora evidenti dell'antico mulino comunale e piú a monte lo spettacoloso e spumeggiante rovinare delle acque del fiume lungo la "pelata".
             "Rafaele lo pesciaiuolo",l'unico autorizzato alla pesca delle trote per lunghi tratti del fiume, era convinto che, ai piedi della "pelata", ce n'erano di grossissime, dal peso di sei-sette chili e anche oltre: non era necessario mettere un freno alla sua fantasiosa diagnosi!
             Finalmente, attraverso uno stretto e ripido viottolo, "sbarcavamo" sulla riva destra del fiume, dove, a causa della magra propria dei mesi estivi, si formava uno spazioso greto, puntellato da bianche e tondeggianti pietre, levigate dalla lunga e frenetica azione dello scivolamento delle acque!
             Qui, ci spogliavamo in tutta fretta, restando in mutandine e slip (di costumi, neanche la più pallida idea!),mentre qualcuno non si vergognava di mostrarsi come natura...crea!
               D'altra parte, non si aggiravano occhi indiscreti, ne' presenze femminili (parlo degli anni a cavallo del 1940/1950 del secolo scorso ed i tabù erano tanti, le remore di ordine psicologico e le suddivisioni per sesso si determinavano in modo talmente ferreo ed automatico che finanche nelle chiese, gli uomini sedevano da una parte e le donne dall'altra!...).
               Guadavamo il fiume velocemente verso la riva sinistra e di fronte a noi, eccolo "L’urio re Chiuppito", che dovrebbe derivare dal lat. gurges che secondo il Georges significa profondità delle acque: dove ci si può bagnare; si potrebbe rendere,forzando l’italiano,: "Gorgo" di Pioppeto!
               Un'ansa più o meno larga del fiume, poco profonda, scura per l'ombra proiettata dai pioppi circostanti, ci ricordava lo Stige di dantesca memoria!
               Qui, l'acqua rallentava il suo frenetico corso a valle e, quasi stanca, si fermava addolcendosi sonnacchiosa!
               Il suo richiamo era più forte di quello della Sirena, ma restavamo, comunque, perplessi e timorosi a causa della temperatura dell'acqua!
               Ma c'era sempre Giacomino "re Chiazzavano" che faceva da apripista e da assaggiatore intrepido! Era un biondino magro come un "carpino", ma temerario e coraggioso: si tuffava (veramente,"spanzava" fragorosamente l'acqua),ma riemergeva fulmineo e guizzante e ci guardava atterrito e sconvolto, mentre sul suo volto olivastro si leggevano i segni inequivocabili dello shock termico subito dall'impatto!
               " Com'è l'acqua,"Giacomì"? E lui, imperterrito ma visibilmente intirizzito: " È "pisciazza!"
               Allora ,tutti nel gorgo a nuotare, a schizzare, a fare tuffi, a divertirci da pazzi, senza più pensare a quanto l'acqua fosse ghiacciata!
               Intanto, sul greto opposto, dove avevamo depositato i nostri vestiti, arrivavano, a poco a poco, i bagnanti adulti, cattivi e perniciosi, che si sdraiavano mollemente sulla "spiaggia" pietrosa e si crogiolavano come i ramarri e le lucertole sotto il caldo sole.
               Immobili e silenziosi, non ci degnavano nemmeno di uno sguardo!
               Ma noi sapevamo che era una tregua apparente e precaria; infatti, all'improvviso si lanciavano come furie su di noi e, con la crudeltà di un rapace, si facevano largo nel traffico del gorgo, "mpuzzandoci" a destra e sinistra e tenendoci sott'acqua fino all'asfissia: allora si assisteva ad un fuggi, fuggi generale, tra schizzi e capitomboli rovinosi!
               Riparavamo sulla "battigia" lasciata da loro e mettevamo ad asciugare i nostri "costumi", che molto spesso indossavamo ancora bagnati, per fare ritorno a casa.
               Molti montellesi hanno imparato a nuotare nel gorgo di Pioppeto, come in una sorta di piscina comunale: il mare per moltissimi era come l'Araba Fenice!
               Al di sopra del gorgo, molto spesso ci dissetavamo, sia perchê le acque erano "azzurre e chiare", sia perchè il detto sentenziava che "acqua corrente, vivi e non tremente"...
                 Nelle acque freddissime di Pioppeto ci immergevamo al ritmo di almeno due volte la settimana e a ben pensarci, forse, ma eliminerei il forse, le attuali sofferenze di dolori di natura artrosica e artritica, li stiamo pagando ora nell'età avanzata!
               Tra gli amici del gruppo, c'erano Nino Tiretta, Aurelio Conte, Peppo Branca, Aretino Volpe e Guiduccio Moscariello. Questi due ultimi sono scomparsi l'anno scorso e di loro conservo un imperituro ricordo e vibrante affetto: con loro se ne é andata anche una parte importante e significativa della mia fanciullezza...
                  Ringrazio chi avrà la pazienza di leggere questi miei ricordi che non vogliono essere né patetici ,né passatisti in modo peloso!
                                                                        

Alla prossima puntata
Totoruccio Fierro

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È come rubare le caramelle nella tasca di un bambino.-di Totoruccio Fierro

Autove3loxNegli anni difficili, successivi alla seconda guerra mondiale,nelle nostre contrade imperversava la famigerata banda Nardiello che,tra le altre azioni criminose,effettuava continue rapine ai danni di chi si metteva in viaggio.

Si era negli anni cinquanta e la miseria che attanagliava,serpeggiando tra le popolazioni della nostra provincia era veramente nera!                                    

La banda agiva di notte e la zona preferita in cui si appostavano i marioli era il tratto di strada del Malopasso, che,scendendo in forte pendenza,raggiungeva i piedi del colle attraverso una serie di paurosi e difficili tornanti.

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Riflessioni sulla lettera del Professore Giuseppe Marano (di Salvatore Cianciulli)

Montella logo-06COMUNE DI MONTELLA 

Salvatore Cianciulli 

Consigliere Comunale del PSI

La società occidentale vive oggi purtroppo con drammatico distacco i problemi della vita pubblica. Molto è dovuto alla responsabilità dei partiti politici, molto al crescente individualismo, accentuato dai gravi problemi determinati dalla attuale situazione di crisi economica, che portano il cittadino a ritirarsi nel proprio ambito personale. Quando in questo clima di torpore si riesce a stimolare, con argomenti e non con le parole (troppo spesso purtroppo insulti e volgarità) il confronto con i cittadini, è comunque un motivo di soddisfazione per un amministratore. Per questo mi sento in dovere, con piacere, di fare alcune precisazioni

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Lettera in redazione di Giuseppe Marano

Caro Direttore qualche giorno fa ho letto un manifesto del PSI ( solo questo partito mi pare vivo!) che mi ha colpito al solito per la bella prosa di antiche impronte classiche, più che per il contenuto (intendiamoci: perchè di esperienza e tecnica politica, sono piuttosto digiuno -e non me ne vanto...per tante ragioni!-). Si incalza e giustamente da opposizione, l'Amministrazione ad essere più efficiente e vicina ai cittadini: è il desiderio di tutti, anche, modestamente mio...Laddove mi pare il discorso strida con la realtà (la famosa "stecca nel coro" di montanelliana memoria) è il punto in cui si invita pressantemente a inserire altro personale nella pianta organica comunale. Ebbene, più che da osservatore, ma da... "origliatore" della diffusa opinione pubblica, ho avuto

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LA POSTA RE SUORIO di Giuseppe Marano

Mi son detto, cercando pateticamente un po' di conforto: "Meglio tardi che mai!". Meglio tardi che mai, che mi son risvegliato, che sono stato “scetàto” alla brutale realtà dei nostri giorni! A risvegliarmi dal brutto torpore, dall'acida rassegnazione è stato un bel manifesto (bello per come è scritto, non per la materia bruta e brutale che contiene denunzia all'attenzione, sempre più stanca ed impotente della gente). Si tratta del manifesto del PSI che deplora l'ennesima porcata, questa volta a cura della lobby postale, ai danni di un servizio sociale quanto mai indispensabile per il nostro paese: la chiusura della “storica” Posta di Sorbo. Non è per campanilismo di casale

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Giuseppe Marano ci scrive

Spett. le Redazione Certo che se non ci fossero cose più importanti da affrontare nell’emergenza neve, ci sarebbe da buttar giù una comica paesana da far "sconquasciàre" dalle risate! Un volenteroso ma occulto dipendente della Comunità Montana manifesta tutto il suo dolore e disappunto (non si capisce bene contro chi, comune o prefettura) per essere stato estromesso lui con tutto l’ente di cui fa parte, dalle operazioni di sgombero della neve nella avversa recentissima occasione. Rincara inoltre la sua civica lagnanza aggiungendo che la struttura di cui fa parte è ottimamente attrezzata per fronteggiare siffatta emergenza, in particolare si sfoga dicendo testualmente: “… Inoltre,

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Tra chiese, palazzi storici e monumenti ecco cosa vedere nel comune di Montella (Avellino)

Tra chiese, palazzi storici e monumenti ecco cosa vedere nel comune di Montella in Provincia di Avellino

di Diana Cataldo

IL CONVENTO DI SAN FRANCESCO A FOLLONI A MONTELLA
Percorrendo un suggestivo viale di platani, si arriva al complesso monumentale di San Francesco a Folloni. Il suo primo nucleo risale al XIII secolo. Esso venne radicalmente trasformato tra la fine del XV secolo e gli inizi del XVI secolo, quando fu realizzato il bel chiostro che attualmente accoglie chi visita il Museo di San Francesco a Folloni. Superato il piccolo chiostrino cinquecentesco, ci si immette, poi, negli ampi corridoi del secondo chiostro, quello settecentesco,e nel grande refettorio. Nella sagrestia della chiesa, si ammira la tomba marmorea di Diego I Cavaniglia, signore di Montella, realizzata nel 1480 da Jacopo della Pila. Del 1783 sono invece gli splendidi mobili in noce con intarsi di acero bianco che ne tappezzano i muri. Nel corso degli anni Trenta del Settecento, la chiesa di San Francesco fu completamente ricostruita, decorata con stucchi di finissima fattura e arricchita da un monumentale organo a canne del 1740, collocato in controfacciata. Nel Museo Laboratorio (laboratorio di restauro della Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici) del convento di San Francesco a Folloni, sono state raccolte molte opere d'arte recuperate dopo il terremoto del 1980. Il museo è meta annuale di più di cinquemila visitatori.

www.complessosanfrancescoafolloni.beniculturali.it


SANTUARIO DEL SANTISSIMO SALVATORE A MONTELLA
Negli spazi antistanti il Santuario è sistemato il pozzo in pietra da cui, miracolosamente, rampollò l’acqua nel 1779, mentre la comunità montellese era afflitta da una grave siccità. Fu in quell’occasione che si fece ingrandire l’antica chiesetta, commissionando anche una scultura in argento fuso e sbalzato, raffigurante il Salvatore, pregevolissima opera a tutta figura firmata dall’argentiere napoletano Pasquale D’Agostino.

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