booked.net

Opinioni & Lettere

A Montella ancora problemi con l'acqua potabile di Graziano Casalini

Acqua PotabileSpett.le Redazione Montella Eu, dal Vostro sito, leggo e vedo, che il problema dell'acqua potabile a Montella non è affatto risolto. Viene denunciato, ancora un inquinamento, addirittura visibile a chiunque senza bisogno di nessuna analisi chimica. E' evidente che l'acqua " potabile " della S.p.A. Alto Calore, uscita dai rubinetti il 23 Novembre, contiene delle sostanze non conformi alle caratteristiche di potabilità, e

Commenta (0 Commenti)

LA TERRA DEI FUOCHI di Graziano Casalini

ImmondiziaSpett.le Redazione, e Gentilissimi Visitatori  del sito Montella Eu, molte aree agricole importanti della provincia di Caserta e parte della provincia di Napoli, dove si coltivano moltissime qualità di verdure e ortaggi, agrumi , frutti vari, ecc. ecc. sono state usate da molto tempo anche come discariche nascoste di rifiuti tossici, inquinanti e pericolosissimi per la salute degli uomini e degli animali. Molti di questi rifiuti,  sono arrivati in

Commenta (0 Commenti)

COM'E' ANDATA LA STAGIONE TURISTICA 2013 A MONTELLA ? di Graziano Casalini

Monte MontellaCaro Vittorio e Redazione Montella Eu, come ogni anno, siamo quasi arrivati alla fine di uno dei periodi più belli, la stagione delle ferie e delle tanto sospirate vacanze, il tempo in cui tutti coloro che hanno un lavoro, un’attività, o addirittura la pensione, sentono il bisogno di staccare, per alcuni giorni, dai soliti problemi dell’ufficio, della

Commenta (0 Commenti)

Sei personaggi in cerca di....ricordi 2^ parte di Totoruccio Fierro

                                              SCIARPIGNO

L'origine del suo "stranginomo" è del tutto misteriosa.

 

Potrebbe, forse, derivare dalla parola inglese "sharp" che significa aguzzo, tagliente, pronto nelle risposte...Ma quanti montellesi all'epoca conoscevano la lingua anglosassone? Pochi, pochissimi, per la qual cosa è più probabile che, come tutti gli "stranginomi" che in quel tempo si affibbiavano alla quasi totalità delle persone e alle famiglie di provenienza, la sua etimologia fu sicuramente legata a fatti, cose, situazioni, aspetti fisici, frasi pronunciate, carattere, abitudini, comportamenti e quant'altro gli furono propri...

 

Era basso e segaligno, il suo viso rassomigliava a quello di una civetta: naso adunco, occhi piccoli e penetranti, sguardo sinistro e mefistofelico, faccia attenta, sospettosa e sempre sporca di terra. Sulla testa portava un cappello a larghe falde, di un colore indefinibile a causa dell'uso prolungato e della sporcizia depositatasi. I movimenti del suo corpo, coperto da vestito tutto rattoppato, erano contraddistinti da scatti cadenzati, improvvisi e sussultorei che ricordavano, appunto, quelli dell'uccello notturno! Che mestiere poteva esercitare un tale personaggio, se non quello di custode del Cimitero comunale?

 

Difatti, lavorò per tutta la sua vita tra le croci, le lapidi, le bare, le cappelle, le tombe del Camposanto e il suo impegno, la sua solerzia, il suo attaccamento al lavoro erano talmente sentiti e partecipati che, non solo trovava del tutto naturale mangiare e farsi il bicchiere di vino seduto tra i morti, ma addirittura dormire in loro compagnia in uno dei due vani posti alla sua entrata!

 

Insomma, era riuscito a stabilire tale una osmosi e"tacita convivenza" con chi non c'era più, da sentirsi parte perfettamente integrata del luogo, probabilmente sperando, in tal modo, che vivendo abitualmente tra i morti, la lama lucida, tagliente e inesorabile di una nera, beffarda e impietosa "Signora" l'avrebbe risparmiato!...

 

Quando si andava a far visita ai cari defunti, Sciarpigno godeva e si divertiva nel renderla più sofferta, scabrosa, incerta e problematica, soprattutto se essa avveniva nel tardo pomeriggio o nelle ore notturne!

 

Infatti, mentre percorrevi il luogo, non era del tutto improbabile vederlo spuntare di soppiatto e all'improvviso dai posti più impensati : si appostava dietro una lapide, dietro un cipresso, al di là di una colonna o di un cespuglio, usciva, facendo cigolare la porta, da una cappella, emergeva da qualche fossa, così come viene catapultato fuori il pupazzetto dalla molla compressa nella scatolina-giocattolo, ti seguiva silenziosamente, toccandoti lievemente sulla spalla, insomma, perseguiva la strategia del più intransigente terrore!...A tal punto che, andando al cimitero, dovevi mettere in conto non solo la comprensibile "paura" derivante dai " fantasmi " che potevano, più o meno, aleggiare in quel luogo, ma anche di quella che veniva scatenata dalle inopinate, grifagne e diaboliche apparizioni di mister " Sharp" !

 

Quando, poi, qualche volta, saliva al Paese per i motivi più vari, allora si assisteva a scene di risibile e folkloristico sommovimento: i ragazzetti si davano ad un fuggi-fuggi generale, le donne si segnavano con la croce, gli uomini o si abbracciavano al ferro dei lampioni stradali o, più ancora e "dignitosamente", affondavano le mani nelle tasche dei pantaloni, andando a perturbare gli incolpevoli e dormienti "satellitini" di Giove!...

 

A volte, lo si vedeva maneggiare le ossa dei morti come se fossero ramelli di albero e quando arrivava il 2 Novembre, diventava d'incanto disponibile e cortese verso tutti i visitatori, che non gli facevano mancare tangibilmente il loro riconoscimento!

 

Purtroppo, anche lui non potè sfuggire al roteare implacabile del tagliente falcione della nera e incappucciata "Signora"!... Una cosa è certa : lasciare il mondo dei vivi per quello dei morti, dopo tanti anni passati in loro compagnia, per lui non rappresentò sicuramente un fatto nè traumatico nè doloroso, e tutte quelle "passate " conoscenze lo avranno accolto a braccia aperte come un caro, sincero e vecchio amico! 

 

                                    CHJPPE - CHJPPE

 

La fonetica del suo "stranginomo" , prettamente montellese, era di difficile pronunzia. Non si capì mai perchè lo chiamassero così. A Montella, come si diceva, quasi tutte le persone avevano un soprannome, a volte curioso e bizzarro, e spesso si identificavano le famiglie di origine più con gli epiteti e gli "aliasse" che con il cognome proprio!

 

Abitava a Fontana e durante la bella stagione saliva lentamente il

 

Corso Umberto, appoggiandosi ad un nodoso bastone di castagno.

 

Quando i ragazzi lo vedevano avanzare, gli correvano incontro e tutti in coro gli gridavano: " Chjppe! Chjppe! "...

 

La prolungata e molesta canzonatura aveva il potere di mandare in bestia il povero vecchio che, quando non ne poteva più, faceva roteare il suo umile, ma pesante bastone e lo scagliava con violenza contro di loro, rischiando di accopparne qualcuno!

 

A volte, si sedeva al sole davanti all'inferriata della villa De Marco, attirandosi " l'ira funesta" del Cav.Celestino, perchè anche in quel

 

posto i fastidiosi monelli lo mettevano "in croce", creando frastuono e scompiglio!

 

Si racconta che il vegliardo, degno della nostra più sincera e accorata considerazione, un giorno, non riuscendo più a sopportare le continue e vessatorie molestie dei discoli e perturbatori ragazzi di Montella, decise di trasferirsi in un paese vicino, nella viva speranza di trascorrere l'ultimo tratto della sua vita in perfetta e serena pace...

 

Ma la solitudine e il silenzio, col tempo, erano diventati così grevi e insopportabili, che una volta, seduto su di una panchina del giardino comunale, nell'intento di frantumare ogni barriera di incomunicabilità ed emarginazione, a delle persone che per caso transitavano per quei vialetti osò dire : "Oh, come sono contento!, Oh, come sono felice!, Qui nessuno sa che il mio 'stranginomo' è Chjppe-Chjppe!".

 

Non l'avesse mai detto: fu un lapsus froidiano? Sta di fatto che

 

il "notiziario" si allargò, diffondendosi per tutte le contrade del paese e, da quell'infausto giorno, schiere sempre più nutrite di "picciotti" lo assalirono al grido di : "Chjppe-Chjppe!".

 

"Male pe' male, - pensò- me ne torno a lo paese mio!"...

 

Arrivò a Montella, ma non riuscì più a risalire il Corso : il famigerato "faocione", lo "allisciò" tra la prima e la seconda guerra mondiale! 

 

                               ZI' PIETRO LO FIURAJO

 

essuno sapeva il suo paese di origine, ma parlava il più classico, sonoro e coinvolgente dialetto napoletano. Alto e robusto, indossava sempre un giaccone alla cacciatora e durante la stagione invernale camminava senza cappotto. Però, gli si vedevano addosso due o tre camicie, due o tre maglioni, e, a volte, anche due giacche! Portava ai piedi delle scarpe fatte a mano - a quei tempi non esistevano negozi di calzature - , che spalmava con abbondante grasso luccicante e puzzolente!

 

Era d'indole buona, pacifica e tutti gli volevano bene e lo consideravano un vero e sincero amico.

 

Veniva nel nostro paese tre o quattro volte l'anno e andava vendendo i calendari di "Barbanera", che, all'epoca, tra previsioni del tempo, fasi lunarie, andamenti climatologici, risultavano utili soprattutto ai contadini. Vendeva, inoltre, figurine di tutte le specie - non quelle di Panini - e innumerevoli cianfrusaglie che tirava fuori dalla tasca della giacca a guisa del prestigiatore che estrapola dal cilindro colombi, conigli, cose ed oggetti inaspettati e sorprendenti!

 

Per annunciare la sua presenza, andava gridando, con un fascino particolare, per le strade, i vicoli, le piazze del paese : "Barbanera! Chi vo' legge? Azzeccatevi fetienti ! (quest'ultima parola, però, più che gridarla, ovviamente, la sussurrava a sé medesimo) ".

 

A Montella, come tanti altri poveri viandanti, andava a pernottare nell' Ospizio della Libera (a quel tempo di alberghi nel paese, neanche la "puzza"!).

 

Egli dormiva su di un misero pagliericcio in una delle stanze a pianterreno, prospicienti l'ampio sagrato della Chiesa. Per molti anni venne nel nostro paese a vendere la sua modesta mercanzia, preferendolo agli altri, perché, -diceva- quando andava in quelli viciniori, neanche le più convincenti informazioni sull'utilità del calendario o le più pesanti "skioppettate" riuscivano a far mettere mano alla tasca alle persone del posto!

 

Fu pochi anni prima della seconda guerra mondiale che Zì Pietro si ammalò.

 

Rimase degente su quell'umile giaciglio per alcuni giorni, in preda ad una febbre altissima, senza assistenza, senza cure, senza conforto alcuno e un pomeriggio di estate anch'egli scivolò tra le ombre dell'Ade...

 

Si disse che a stroncalo fu la polmonite, una malattia che in quel tempo era la principale causa di morte, non essendo ancora disponibili gli antibiotici, che, con la scoperta delle "muffe" nel 1928 ad opera del Fleming, solamente nel 1945 furono immessi sul mercato farmaceutico. A conferma di ciò, debbo confessare che anche mio padre, mi si perdoni la digressione, che si chiamava Carlo Gelsomino, fu vittima della stessa malattia a soli 34 anni, lasciando due orfani ed una vedova.

 

E' forse utile ricordare che in quel periodo non esistevano, in tutta l'Alta Valle del Calore, nosocomi, case di cura, ospedali, strutture di primo e pronto soccorso, ma solo, nei casi più fortunati, un paio di medici per paese! Non che adesso, a distanza di quasi un secolo, le cose siano cambiate o migliorate, perchè se sei colpito da improvviso malore, allora, via sull'ambulanza alla volta del Tricolle di Ariano, lontano decine di chilometri, da dove, mancando le attrezzature necessarie, ti rimbalzano verso la Città Ospedaliera di Avellino, con la viva speranza che, a causa di questo ozioso ed inutile girovagare, ci arrivi vivo e non

 

"stennecchiato"!

 

Per onor del vero, debbo ricordare che tra gli anni sessanta e settanta del 1900, a Bagnoli Irpino funzionò "amleticamente" la Clinica "Troianiello", sulla cui storia, efficienza, validità, mi trattengo a forza a metter lingua!

 

Tornando al povero Zì Pietro, non si è mai saputo se qualche suo familiare si preoccupò di recuperarne la salma, traslandola al paese di origine, o se, com'è più credibile, fu affidata alle cure solerti di Sciarpigno!

 

Per verificare quest'ultima tesi, è sufficiente che il curioso si affidi alle odierne e inconfutabili prove scientifiche del DNA!

 

                             AITANO RE JANCA-JANCA

 

 Abitava verso Sorbo ed era un ritardato mentale, alto e robusto.

 

I tratti somatici del suo volto erano quelli classici del mongoloide, e, aperti, sereni, pacifici, gli conferivano un particolare fascino.

 

Non si poteva, cioè, parlare di bellezza vera e propria, ma, di una

 

singolare attrattiva sì!

 

Sia d'estate che d'inverno, non calzava mai scarpe ed i suoi piedi erano enormi, ruvidi e sporchi all'inverosimile, a tal punto che, quando si sedeva, sembrava che gli avessero cucito sotto la loro superficie plantare due sagome di cuoio di colore nero!

 

Le sue caviglie, poi, a causa del suo deambulare scalzo, non mostravano alcun segno dei malleoli, ma erano tozze e possenti!

 

In primavera e durante l'estate, lo si vedeva scendere lungo il Corso Umberto ad andatura quasi solenne, portando sotto il braccio una lunga e grossa zappa, con lo "stilo" doppio, a cui prestava particolare cura, come se si trattasse di una cartella piena, zeppa di documenti segreti della CIA o del KGB!

 

La sua figura spariva dietro la curva dell'Ospizio, ma il suo cammino continuava fino a Folloni, dove la famiglia possedeva un terreno. Chi lo vedeva all'opera, diceva che la sua zappa sprofondava con tale violenza nella terra, da praticare buche di oltre trenta centimetri!

 

Era, tuttavia, innocuo e docile, incapace di arrecare danno a persone e cose e, pur avendo più di vent'anni, si esprimeva con la semplicità e l'innocenza di un bambino che ne ha sei o sette !

 

A volte, mentre attraversava il Corso, i ragazzi, che riescono sempre con facilità a riconoscere il "diverso", gli tiravano la giacca o cercavano di strappargli la zappa : allora Aitano lanciava strilli acuti come un neonato in fasce, senza, però, mai reagire! Tale situazione era tragicomica, perchè tra gli astanti c'era chi si dispiaceva di cuore e chi, invece, più cinicamente se la rideva a crepapelle!

 

Aitano discese e salì la via centrale del paese per tante volte, ma un bel giono quei monelli che lo appostavano per burlarsi di lui non lo videro più...

 

Non aveva neanche trent'anni, quando raggiunse, senza rumore, il regno dei più!

 

Ovviamente, anche di lui si occupò il nostro "vecchio e caro" Sciarpigno! 

 

Spero sinceramente di aver suscitato il vostro interesse, nell'ipotesi contraria vi chiedo umilmente scusa!                                                  

 

                                                          Cari saluti          

 

                                                     Totoruccio Fierro

 

                

 

 

 

 

 

                

 

 

Commenta (0 Commenti)

Sei personaggi in cerca di.......ricordi 1^ parte di Totoruccio Fierro

 del

Nel mese di luglio del 1979, mio zio Luigi Fierro fece stampare un libriccino di appena 31 pagine, con i tipi Dragonetti,   che intitolai "Sei personaggi in cerca di...ricordi - Montella di un tempo nei ricordi di un figlio nostalgico", curandone anche la prefazione.

 

L'autore è nato a Montella nel lontano1919; conseguì il diploma di Ragioniere e nel 1951 emigrò negli Stati Uniti, stabilendosi nella cittadina di Paterson N.J.

 

Pur avendo la venerabile età di 93 anni, egli conserva ancora mente lucida, prontezza di spirito, profondo acume,considerevole conoscenza del mondo e delle cose.

 

Nel Nuovo Mondo, partì da zero, prima esercitando il mestiere di muratore e poi, piano, piano quello di imprenditore. Frequentando le scuole serali, conseguì il diploma liceale, appropriandosi perfettamente della plingua inglese. Ha viaggiato moltissimo in lungo e largo.

 

I suoi ricordi, risalenti alla sua infanzia e alla sua giovinezza, sono scolpiti come su pietra nella sua mente e riguardano

 

Il periodo che va dall'inizio del 1900 agli anni 1930/40.

 

Poichèè mia convinzioneee che il volumetto fu letto da pochi, un pò per rendergli giustizia, un pò perchè apre uno squarcio storico di un certo interesse sulla vita, i costumi, la cultura, gli usi dei Montellesi agli inizi del ventesimo secolo, allora, mi è sembrato doveroso ed opportuno, con qualche mia piccola rivisitazione e ritocco sul piano squisitamente lessicale, pubblicarlo sul sito di Montella.eu, dando in tal modo la possibilità ad pubblico interessato più vasto di poterne prendere visione.

 

Nel descrivere i personaggi e le vicende, l'autore evita di scivolare in una retorica melensa e in sdolcinature dal sicuro effetto; egli, invece, sparge a piene mani, note accorate di rimpianto e malinconia, pervase, però, da un impalpabile senso di ironia, non quella grossolana e sfacciata, ma quella bonaria e da risatina sotto i baffi!

 

Essa, viceversa, si ricompone all'istante e sfocia di nuovo nella più struggente mestizia: sorrisi benevoli e compiacenti, tristezza che afferra il cuore: due momenti di un solo essere...

 

Lo stato, cioè, di chi descrive fatti e cose legati al ricordo della sua infanzia e giovinezza, del suo paese natio, che è più forte e tenace proprio in chi è costretto a vivere lontano dalle sue radici e dalla sua terra di origine!

 

Sarei estremamente curioso di sapere se esistono ancora i diretti discendenti di questi sei umili e poveri personaggi e se qualcuno ancora li ricorda, ma è tempo di storicizzarli...

    

 

                                            ZINOTTO 

 

Perché lo chiamassero così, non l'ho mai saputo, né ho mai conosciuto il suo vero nome. Poteva avere circa vent'anni ed abitava a Garzano, all'angolo sinistro, quando si gira per andare all'Asilo Capone. Quando il tempo era bello, sedeva davanti alla falegnameria che il padre aveva in quel cantone.

 

A volte lo si vedeva fumare con la sigaretta infilata in un lungo bocchino fatto con una zampa di lepre.

 

A quei tempi, molti fumatori usavano un tale accessorio, che non si vendeva e richiedeva una certa maestria per realizzarlo.

 

Noi ragazzi che frequentavamo l'Asilo, eravamo stupefatti e affascinati dalla ciclopica grandezza del corpo di Zinotto, che mi ricordava, in seguito, quella del pugile Primo Carnera.

 

Si diceva che fosse affetto da elefantiasi, ma per noi bambini egli rappresentava il gigante buono : aveva un'indole mite, pacifica, dolce, non si arrabbiava mai ed era incapace di far male ad una mosca!

 

Per noi era il più forte di Montella, in grado di sbaragliare da solo nutriti eserciti nemici, ma non potevamo immaginare che fosse gravemente ammalato!

 

Infatti, morì prima che noi avessimo finito la scuola elementare, lasciando un vuoto profondo nei nostri cuori!

 

Povero Zinotto, quanti ti ricordano?

 

La tua immagine, invece, è fermamente impressa nella mia mente e, quando, ritornando a Montella, passo per Garzano, ti vedo ancora seduto lì, su una di quelle sedie impagliate, oramai anche esse del tutto scomparse, con lo sguardo triste e malinconico a fissare un improbabile ed enigmatico orizzonte! 

 

                                         PATATERNO

 

Di età indefinibile, esercitava il mestiere di scalpellino con capacità e senso artistico. Oggi, se giri accompagnato da Diogene e la sua lanterna, di questi abili artigiani di un tempo neanche la più pallida traccia!

 

Tra un colpo e l'altro di scalpello e sgorbia, trovava anche il tempo per fare il venditore ambulante.

 

La consapevolezza di esercitare queste due "qualificate" ed apprezzate attività, gli avevano conferito un carattere altezzoso, distaccato, sprezzante, cioè quel senso di superiorità che lo spingeva a considerare e a guardare le persone dall'alto in basso!

 

Pataterno, sveglio e intraprendente, durante le feste paesane, nei giorni caldi dell'estate e durante la Novena della Madonna della Libera, tirava un carretto su cui era depositato un recipiente pieno di "subbetta".

 

Questa era un gelato delizioso, formato da premute di limoni e neve, che, a quei tempi, veniva "estratta" da buche profonde del terreno, "rè nevere", nelle quali, durante i mesi invernali, si ammassava la neve caduta naturalmente!

 

Egli la vendeva in dei pesanti bicchieri di vetro che si chiamavano "giarroni" : un soldo per quelli più piccoli e due per quelli grandi.

 

Appena finita la "subbetta", bisognava restituire il contenente al "gelataio", che, con l'accortezza del più navigato igienista, lo sciacquava in una conca, dove ristagnava, per tutta l'attività di "compravendita", la stessa acqua!

 

I ragazzi più discoli e coraggiosi, a cui, come sempre, mancava anche quel "soldo" per gustare la "subbetta", per farlo arrabbiare,

 

lo canzonavano gridando : "Patatè, fa' scì lo sole, quatto sordi a lo giarrone!".

 

Nel paese, di quest'uomo, si narrava un fatto che ha dell' incredibile, se non fosse realmente accaduto...

 

Dovete sapere che Pataterno aveva "scolpito", tra gli occhi e sopra le labbra, un naso dalle proporzioni spropositate, simile al

 

becco d'aquila, o, se preferite, un naso aquilino da guinness dei primati!

 

Questa mastodontica escrescenza era motivo di continue prese in giro e sfottò da parte della gente e soprattutto dei compagni di

 

lavoro...

 

Non potendone più, un giorno, il pover'uomo, raccolse tutto il coraggio necessario, in preda ad un delirio ossessivo e spregiudicato fervore autolesionista, con la sicurezza del più famoso,incallito e pagato chirurgo plastico, afferrò un rasoio e di netto tagliò la parte ricurva del naso che da anni faceva ombra alla sua bocca!

 

Per un certo periodo di tempo non si fece più vivo sul lavoro e nel

 

paese: solo quando la ferita lasciata dalla "rinitomia" autoguidata, si cicatrizzò, tornò a vivere da persona normale.

 

Scomparve da Montella, per così dire, in pandofole, piano, piano, senza che la maggior parte della gente se ne accorgesse : di lui

 

sono rimasti i portali e le pietre che aveva "affacciate" febbrilmente con il suo lavoro ed il suo scalpello!

 

 Vi ringrazio per l'attenzione : dei rimanenti quattro personaggi tratterò la prossima puntata.

 

                                    Con incondizionata stima,       

 

                                                         Totoruccio Fierro

 

 

 

 

 

 

 

Commenta (0 Commenti)