Confutata la Congettura di Basile (Felice) – In ricordo di un caro amico – E’ già passato più di un anno da quando l’arch. Felice Basile ci ha lasciati; io lo conoscevo fin da bambino, da quando abitava in Via Gamboni.
Spesso andavamo a casa sua a giocare a tressette o a scopa, utilizzando il prezzo dei fumetti per “giocare a soldi”.
Ricordo che un giorno, avrò avuto 8-9 anni, lui ne aveva qualcuno più di me, mentre giocavamo a “Nanzi Corte” iniziò a piovere e tutti corremmo a casa di Felice per ripararci e per giocare a carte.
Tutti correvamo, tranne Felice, che invece ci seguiva a passo normale; noi, già al riparo, gli gridavamo di correre per non bagnarsi, e lui se ne uscì sostenendo che, correndo o camminando, si prendeva sempre la stessa quantità d’acqua: era nata la “Congettura Basile”.
In matematica esistono tre livelli di affermazioni: gli assiomi, le congetture e i teoremi.
Gli assiomi vengono accettati come verità lampanti, primarie, per le quali non c’è bisogno di dimostrazione; nella geometria euclidea, quella che si studia a scuola, sono solo cinque; per darne un’idea riporto il primo che afferma: “Per due punti passa una ed una sola retta”. Da soli cinque semplici assiomi, del tipo che ho riportato, deriva tutta la geometria.
perché sembrava invece frutto di una riflessione, cosa inusuale per bambini di quell’età.
I teoremi invece sono verità matematiche e geometriche dimostrate con passaggi logici inattaccabili utilizzando gli assiomi o altri teoremi già dimostrati.
Le Congetture infine sono una via di mezzo; sono enunciate come i teoremi perché sembrano del tutto evidenti, ma sono ancora prive di dimostrazione.
Molti matematici hanno lasciato la dimostrazione di loro congetture alle generazioni successive; al riguardo famoso è stato l’ultimo teorema di Fermat, matematico francese del XVII secolo; una sua congettura è stata dimostrata vera, e quindi è diventata un teorema, solo pochi anni fa, dopo che su di essa avevano consumato la propria mente schiere di matematici di tutto il mondo, per decenni.
L’affermazione di Felice sul fatto che con la pioggia, si corra o si cammini, ci si bagna allo stesso modo, mi colpì molto, come può sorprendere un bambino una inaspettata rivelazione, a cui non aveva mai pensato; i bambini agiscono prevalentemente per istinto e forse quell’affermazione mi colpì tanto
Istintivamente l’enunciato mi sembra- va sbagliato, però già conoscevo la sottigliezza di pensiero di Felice e non sapevo se credergli o meno.
Molti anni dopo, quando tornavo a Montella e lo incontravo, mentre parlavo con lui, la sua Congettura mi tornava in mente, anche se non gliene ho mai fatto cenno.
La sua scomparsa così improvvisa, è stata un duro colpo per noi tutti, amici e familiari, e a volte mi ritrovo a pensare a lui e inevitabilmente mi ritorna in mente la “Congettura Basile”.
E mi ritorna in mente l’antica domanda: ma Felice aveva ragione o no?
Un pó per ricordare un caro amico, un pó per divertimento, un pó per sciogliere una volta per tutte il dilemma, ho preso carta e penna e mi sono cimentato nella sua analisi che a me sembra abbastanza semplice e che può essere seguita anche da chi non ha molta dimestichezza con la matematica.
Congettura di Basile
Con pioggia uniforme, andando dal punto A al punto B, si prende sempre la stessa quantità di pioggia, indipendentemente dalla velocità di spostamento.
Analisi La persona sotto la pioggia, che si bagna la testa, le spalle e normalmente la parte anteriore del corpo, per comodità viene assimilata ad un parallelepipedo. • Velocità costante perso- Quanto detto per il punto A, si può ripetere per il punto B, anzi per tutti i punti compresi fra A e B.
Altre utili ipotesi sono che la pioggia cada perfetta- mente verticale e che sia omogenea, cioè che ogni goccia, per esempio quella rossa in figura, disti dalle altre in egual misura dg.
Il parallelepipedo è alto lh, largo la e profondo lb.
Per comodità osserviamo la scena da un piano parallelo alla faccia laterale ABCD; vedremmo la figura successiva.
Riferendoci ad essa, defi- niamo alcune grandezze:
• Velocità costante della
pioggia = vp (m/s);
na (Felice) = vF (m/s);
• Distanza dalla casa in
cui ripararsi = lp (m).
Analizziamo la figura e cerchiamo di capire che succede col movimento.
Col parallelepipedo che si muove con una velocità orizzontale pari a quella verticale della pioggia (vF = vp), proviamo ad individua- re le gocce che ne bagnano la faccia superiore, in figura il lato AB.
In tale situazione la goccia che è nel punto A viene intercettata; muovendosi poi il parallelepipedo in orizzontale di un tratto dg, distanza fra una goccia e l’altra, le file di gocce orizzontali scendono anche esse di eguale distanza dg (abbiamo ipotizzato vF = vp) ; il punto A perciò intercetterà anche la prima goccia rossa fra quelle in figura.
Quando il parallelepipedo sarà avanzato di 2dg, il punto A intercetterà la seconda goccia rossa e così via; la linea rossa che unisce tutte le gocce d’acqua che il punto A intercetta nel suo spostamento, individua un angolo α con l’asse orizzontale.
Se la velocità della persona è invece metà della velocità di caduta della pioggia (vF = ½ vp), nella sua progressione orizzontale, il punto A intercetterà una goccia di pioggia ogni due file di gocce che scendono; le gocce intercettate sono quelle unite dalla linea verde che forma un angolo α’, maggiore di α, con l’asse orizzontale.
Quanto più lenta è la velocità del parallelepipedo, tanto più grande è l’angolo individuato dalla retta che unisce le gocce intercettate dal punto A con l’asse orizzontale.
L’angolo α, la velocità di traslazione del parallelepipedo e il numero di gocce intercettate dal punto A, sono quindi legate fra di loro in modo diretto.
Geometricamente questo significa che, con velocità costante di traslazione del parallelepipedo, le gocce di pioggia che cadranno sul segmento AB mentre arriva alla fine del percorso, sono quelle comprese nello spazio racchiuso fra le due rette parallele che partono da A e B, il cui angolo di inclinazione α dipende solo dalla velocità del parallelepipedo.
Traducendo in immagine quanto detto, si ha la figura a lato; le due rette parallele per A e B, definiscono con il lato AB e col segmento di parete verticale MN, un trapezio isoscele i cui vertici sono i punti N, B, A ed M.
Le gocce contenute nel trapezio cadranno sul segmento AB mentre questo raggiunge la parete verticale di sinistra.
C’è corrispondenza diretta fra la superficie del trapezio e il numero di gocce che cadranno sul lato AB; tanto maggiore è la sua superficie più gocce cadranno sul segmento AB.
Tale legame non è però di diretta proporzionalità; se, per esempio, aumentiamo del 5% la superficie del trapezio, non è detto che aumenti del 5% il numero delle gocce in esso contenute.
Questo dipende dal fatto che fra le gocce esiste una distanza discreta; esse non sono attaccate una all’altra in un velo continuo.
Ciononostante il legame fra la superficie del trapezio e la quantità di gocce esiste; con aumenti di superficie piccoli e variazioni minime dell’altezza del trapezio, non è garantito un aumento del numero delle gocce, sicuramente però tale numero non diminuisce.
Moltiplicando poi la superficie del trapezio per la densità bidimensionale della pioggia, ricaviamo il numero di gocce che con molta probabilità cadranno sul segmento AB nel suo cammino.
La superficie del trapezio si calcola ricordando che essa è data da “base maggiore più base minore diviso due e moltiplicato per l’altezza”.
Nel nostro caso la base maggiore è il segmento BN, la base minore il segmento AM e l’altezza il segmento AP.
Il triangolo AHM è rettangolo e dalla trigonometria sappiamo che la lunghezza di un cateto è data dal prodotto della lunghezza dell’ipotenusa per il coseno dell’angolo racchiuso fra di essi.
Nel nostro caso:
HA = AM · cos α;
ma il segmento HA è pari alla distanza da percorrere lp; ne deriva quindi:
AM = lp/cos α.
Con lo stesso ragionamento possiamo scrivere: BH = BN · cos α e quindi:
BN = (lp + la)/cos α.
L’altezza del trapezio, corrispondente al segmento AP, è un cateto del triangolo rettangolo ABP, che ha il lato AB come ipotenusa.
Possiamo quindi scrivere che (altro teorema di trigonometria) AP = AB · sin α, oppure che:
AP = la · sin α.
La superficie del trapezio sarà quindi data da:
Sup. Trapezio = 1/2 · (lp/cos α + lp/cos α + la/cos α) · (la · sin α) = (lp/cos α + 1/2 la/cos α) · (la · sin α) = (lp · la · tg α) + (1/2 · la2 · tg α) = Considerazioni analoghe valgono per le gocce che bagnano la faccia verticale AD; in questo caso le gocce di pioggia che intercetteranno il lato AD, sono comprese nel parallelogramma AMQD.
(lp + 1/2 la) · la · tg α.
Il parallelogramma è una figura geome- trica con i quattro lati due a due paralleli fra di loro, (il rettangolo è un parallelogramma speciale) e la sua area è data, come per i rettangoli, moltiplicando fra di loro il lato corto e quello lungo.
I lati AD ed MQ sono lunghi lh; per il lato QD dobbiamo far ricorso sempre alle formule trigonometriche.
Considerato il triangolo rettangolo DQH, il cateto HD è dato dalla formula:
HD = QD · cos α.
Essendo HD = lp, possiamo scrivere:
QD = lp/cos α.
Quindi:
Superficie Parallelogramma = AD x QD =
(lh · lp)/cos α.
La superficie complessiva (che possiamo definire “Superficie di Pioggia”), somma delle superfici del trapezio e del parallelogramma, che individuano le gocce che bagneranno sia la parte superiore sia il lato anteriore del parallelepipedo, è perciò pari a:
Superficie di Pioggia = [(lp + 1/2 la) · la · tg α] + (lh · lp)/cos α =
[ (lp + 1/2 la) · la · sen α + (lh · lp) ] / cos α
L’equazione in oggetto dipende solo dai lati del parallelepipedo e dall’angolo α; quest’angolo poi, dipende dalla velocità orizzontale del parallelepipedo e varia da 0° (velocità infinita) a 90° (velocità nulla, parallelepipedo fermo).
Nel primo caso, velocità infinita e α = 0°, si ha sen 0° = 0 e cos 0° = 1; il primo termine nella parentesi quadra si annulla e la Superficie di Pioggia corrisponde al rettangolo con base lp e altezza lh; il parallelepipedo cioè “spazza” istantaneamente tutto lo spazio che c’è fra la sua posizione originaria e la parete di arrivo e ne intercetta tutte le gocce d’acqua presenti.
Nel secondo caso, parallelepipedo fermo e α = 90°, si ha sen 90° = 1 e cos 90° = 0; quando in una frazione si ha il denominatore pari a 0, il valore della frazione è infinito ( ∞ ); nel nostro caso accade proprio questo e quindi il valore della Superficie di Pioggia è infinito ( ∞ ).
In effetti se il parallelepipedo resta lì fermo, la pioggia che cadrà sul lato superiore sarà infinita.
Si ha quindi un valore minimo della Superficie di Pioggia con vF = ∞ e un valore infinito con vF = 0.
La formula finale mostra inequivocabilmente che diminuendo la velocità di traslazione corrispondentemente aumenta l’angolo α, e con esso la Superficie di Pioggia e quindi il numero di gocce intercettate.
L’aumento dell’angolo infatti comporta un aumento del numeratore della formula e corrispondentemente una diminuzione (nell’intervallo da 1 fino a 0) del denominatore, fatto che comporta un ulteriore incremento del valore della formula.
E’ quindi dimostrato che una diminuzione della velocità di traslazione comporta un aumento della Superficie di Pioggia e quindi un aumento delle gocce che cadono sul parallelepipedo.
La Congettura Basile è confutata
Caro Felice, come vedi, la tua idea che con la pioggia correndo o camminando ci si bagna allo stesso modo, era originale ma sbagliata.
Ho lasciato passare qualche anno per andare a fondo della questione, ma alla fine ho chiarito il dilemma.
L’aver dato una risposta definitiva ad esso, però, non credo che influenzerà di molto la frequenza con cui, anche senza motivo apparente, mi ritorni alla mente.
Un caro saluto, ovunque tu sia.
Montella, 31 agosto 2021
Vincenzo Savino