Cari lettori, l’articolo che state leggendo mi è balzato in mente quando a scuola abbiamo cominciato a parlare di Mussolini e del fascismo. L'intervista che ho deciso di fare racconta la giovinezza di mia nonna Rosaria durante quel periodo che ha plasmato profondamente l'Italia cambiandone la cultura e il tessuto sociale. Avendo mia nonna ben 97 anni, è testimone della vita di quel tempo e di un'epoca lontana ancora palpabile grazie ai suoi ricordi. Ciò che ha subito richiamato la mia attenzione è stata la sua memoria, la precisione con cui raccontava questi fatti come se fossero accaduti qualche settimana prima. Molto probabilmente questi ricordi così duraturi sono frutto anche di una sterminata propaganda, che il Duce metteva in atto attraverso mezzi di comunicazione di massa, e che facevano il lavaggio del cervello a 50 milioni di italiani. Non vorrei dilungarmi molto, quindi, adesso passo la parola a mia nonna che risponderà dettagliatamente alle mie domande. Mi auguro che questo racconto vi appassioni e vi offra uno sguardo diverso sulla storia e sulle persone che l'hanno vissuta.
Lorenzo: Nonna, mi racconti del “Sabato Fascista” a Montella quando eri capo squadra delle Piccole Italiane? Partivamo da Piazza Bartoli, in formazione, marciando al ritmo dei nostri passi. Io guidavo la marcia gridando: un due, un due, un due... Ben ordinate attraversavamo le strade di Montella e ci dirigevamo verso la Chiesa della Madonna della Libera. Il nostro paese, per noi ragazzi sembrava ancora più bello ed importante in quel giorno di sabato.
Nonna Rosaria: Ah, Lorenzo, era un altro mondo, sai? Mi ricordo come se fosse ieri. Avevo poco più di 10 anni, ma le responsabilità che sentivo sulle mie spalle erano enormi. Il sabato, ci svegliavamo all'alba, tanta era l’eccitazione per la giornata che aspettava noi ragazzini. La mamma mi aiutava a indossare l'uniforme delle Piccole Italiane: una camicetta bianca, un gonnellino nero, calzettoni neri e il fazzoletto nero annodato al collo. Ogni piega doveva essere perfetta, ogni dettaglio contava, eppure ti assicuro che non avevamo tutti gli agi dei ragazzi di oggi, nelle case non c’era neanche l’acqua corrente.
Lorenzo: E poi, nonna? Cosa succedeva alla chiesa?
Nonna Rosaria: Davanti alla chiesa, il sagrato, era il nostro palcoscenico. Mi posizionavo davanti alle mie compagne, pronta a dimostrare gli esercizi di ginnastica. Eravamo tutte un po' nervose, ma eccitate. Quando alzavo le braccia per iniziare, sentivo tutti gli occhi puntati su di noi. Con ogni movimento, ogni salto, sentivamo di appartenere a qualcosa di più grande. Le risate, i sorrisi, le incertezze diventavano un'unica danza. E quelle amicizie, Lorenzo, erano le uniche cose che avevamo, per questo crescevano solide come i castagni che ci circondavano.
Lorenzo: Mi racconti ancora qualche episodio del periodo Fascista che ha coinvolto Montella?
Sai Lorenzo, mi hai fatto ricordare un episodio che coinvolge direttamente Montella. Nel 1936 accadde un fatto importante proprio nel nostro piccolo paese, io avevo solo 9 anni, ma lo ricordo ancora e poi la storia l’ho sentita raccontare per anni. Tutta Montella era in fermento, le campane suonavano a festa, un suono che univa la comunità nell’attesa del Principe Umberto II di Savoia. A Montella, come in tanti altri paesi, la presenza di un membro della casa reale, era un evento importantissimo. Erano apparsi manifesti e scritte inneggianti la monarchia e Mussolini. “W il Duce” era scritto ovunque, anche sulla chiesa delle Anime del Purgatorio qui vicino casa. Era un modo per il regime di mostrare la propria forza e il legame con la monarchia. La folla si accalcava in piazza, mantenuta in ordine da un cordone di carabinieri e soldati. Immagina Lorenzo, l'emozione e l'attesa nelle strade, gli sguardi rivolti verso la via polverosa, nell'attimo in cui la macchina che portava il principe fece il suo ingresso. Il principe, accolto dal podestà e dalle autorità civili e militari, passò in rassegna le truppe, mentre si sentiva suonare la musica dell'inno reale. Erano eventi che il fascismo sapeva orchestrare molto bene, ma dietro quella facciata c'erano tante difficoltà. La storia, mio caro, ha sempre molte sfaccettature te lo dico per esperienza.
Lorenzo: Come hai fatto a superare quei tempi così duri, nonna?
Lorenzo: Nonna racconti tutto come se fosse stato un bel momento, ma poi è arrivata la guerra...
Nonna Rosaria: Sì, è un ricordo bello legato alla giovinezza e all’amicizia, sai non sapevamo fino in fondo quello che facevamo, ma per noi ragazzi erano sicuramente belle avventure, che alimentavano le nostre amicizie. Poi il mondo che conoscevamo è cambiato con la guerra. Le ristrettezze, le paure... Ricordo una volta, una nostra vicina portò una mela per me e tuo zio. Era un tesoro raro allora. Lei rimase a guardare mentre la mangiavamo, occhi fissi su di noi. Quando le chiedemmo perché ci osservasse così attentamente, rispose che doveva assicurarsi che non gettassimo neanche i semi. "Non si butta nulla", disse “Le persone non hanno neanche semi da mangiare”. Quelle parole non le ho mai dimenticate.
Nonna Rosaria: Con la famiglia, l'amicizia, e la speranza, Lorenzo. Le stesse persone con cui ridevo e giocavo sul sagrato della chiesa sono diventate le mie compagne nella lotta quotidiana per la sopravvivenza. Abbiamo imparato insieme il valore di ciò che davvero conta.
Lorenzo: Grazie, nonna. Le tue storie mi insegnano tanto. La forza, la speranza... Penso che ognuno di noi dovrebbe ricordare questi valori, specialmente nei momenti difficili.
Nonna Rosaria: Proprio così, mio caro. La vita è un ciclo di momenti felici e sfide. Ma ricordati sempre: “E’ nelle difficoltà che scopriamo di cosa siamo veramente fatti”. E ricorda: “Non si butta nulla, pianta i tuoi semi, perché ogni seme è speranza per un domani migliore”