Di Graziano Casalini su Martedì, 17 Dicembre 2024
Categoria: Vario

Il Natale, le feste di fine anno e quelle per l'anno nuovo......nei ricordi di Carmela ( Lina) Marano.

Il Natale, le feste di fine anno e quelle per l'anno nuovo......nei ricordi di Carmela ( Lina) Marano. Negli anni cinquanta, quando io ero bambina, si iniziava a festeggiare e a sentire la vicinanza del Natale molti giorni prima del 25 dicembre.

Per la grande festa cristiana legata alla nascita di Gesù Bambino, con l'inizio del mese, nelle parrocchie, la mia era quella  di S.

Michele, incominciavano tutti i pomeriggi le novene, a cui partecipavano molte donne in particolare le anziane, noi bambine e bambini, ma anche diversi uomini giovani e anziani liberi da impegni lavorativi nelle terre, nei castagneti, nella custodia, di ricovero per la notte e la mungitura dei vari armenti di pecore, capre e mucche. Allora in alcuni rioni la maggior parte degli abitanti era impegnata in queste diverse attività, ma quando stava per arrivare il Natale tutti si adoperavano per preparare al meglio i festeggiamenti, iniziando col raccogliere tutto il legname in eccesso e poco adatto ad essere bruciato nel focolare, nelle stufe e nelle cucine.

Questo legname, grossi tronchi, radiche di castagno, fascine di potature varie e altri materiali provenienti dalle sovrastanti montagne, veniva ammassato in modo per così dire artistico a forma conica piramidale in ogni spazio, piazzetta o area campestre in ogni rione. Si apriva così una competizione e un impegno fra i vari rioni a chi creava la "Vègna", più grande e più bella, così si chiamavano e si chiamano ancora oggi quelle masse di legna. Durante la notte della vigilia di Natale, alle vègne veniva appicato il fuoco e che cosa succedeva?

Quella notte oltre alla partecipazione alle varie messe di mezzanotte, celebrate nelle diverse chiese paesane, gli abitanti dei rioni avevano l'abitudine di visitare uno per uno quei grandi falò, per poter in modo individuale stabilire quale rione aveva vinto la gara delle vègne, i parametri erano quelli della grandezza, dell'altezza, delle fiamme più alte e del tempo che duravano a bruciare quei grandi ammassi. Attorno alle vègne accese, si incontravano quasi tutti i compaesani ed era lì che cominciavano i festeggiamenti natalizi, con canti, balli, e scambi di auguri, quando la notte era particolarmente fredda servivano a riscaldare i visitatori infreddoliti durante gli spostamenti per poter vedere quelle degli altri rioni. Le più grandi e fatte a regola d'arte potevano rimanere accese e fumanti anche durante tutto il giorno di Natale.

Una bellissima tradizione usuale a molte comunità montane, competitiva, ma senza alcun premio in palio. Forse per i prossimi anni sarebbe bello istituire un sistema che riconosca al rione vincitore un trofeo o un premio, come una coppa o uno stendardo, come quelli dei vari palio, che ogni anno vengono assegnati in città come Siena e altre del centro-nord.

La giornata di Natale era dedicata alla devozione e alla partecipazione alle varie messe e funzioni religiose nelle diverse chiese. Si iniziava quando era ancora buio, gruppi di donne si affrettavano, attente a non scivolare sui selciati ghiacciati, per arrivare in tempo all'inizio della prima messa, al richiamo delle campane che nell'oscurita rompevano il silenzio notturno. Le donne erano sempre le prime, perché nelle ore successive erano impegnate a preparare le varie pietanze per il grande pranzo di Natale a cui partecipava tutta la famiglia, salvo qualcuno emigrato in paesi lontani a cui in precedenza erano stati inviati gli auguri con cartoline natalizie o con nostalgiche foto paesane. In casa da alcuni giorni, noi, in particolare io e le altre sorelle, avevamo allestito un bel presepe su un ripiano di legno preparato da papà esclusivamente per questo, costruito con la capanna, le casette e le altre varie costruzioni in legno o cartone.

Tutti i vari personaggi e gli animali li modellavamo con terra di creta raccolta lungo il torrente che proveniente da Lao scendeva verso Panno. Ricordo ancora benissimo, Gesù Bambino, la Sacra Famiglia, il Bue e l'Asinello, i Re Magi, la Stella Cometa, le tante pecore e altri animaletti sparsi qua e la sul finto paesaggio ricoperto di muschio raccolto con pazienza in campagna alcuni giorni prima. Avevamo costruito colline, pianure, stradine inghiaiate, un piccolo fiume con un ponticello, un laghetto con pezzetti di vetro o spechi rotti e poi grandi montagne sullo sfondo, in modo che sembrassero vere, fatte con della comunissima carta da pacchi. L'unico elemento mancante era il cielo stellato, perché non riuscivamo a trovare la carta di colore blu adatta. Le luci semplicissime del presepe erano candele di cera d'api, raccolta da nostra cugina Minuccia e preparate da noi bambine, proprio per dare alla creazione l'illusione dei fuochi sicuramente accesi nel paesaggio notturno dove nacque il Bambinello.


Si faceva anche il tradizionale albero di Natale, usando le punte tagliate di piccole piante di abete ed era per noi un grande divertimento appendere sui rametti qualche pallina di vetro, stelline, dolcetti, piccole immagini disegnate, calzette e anche vari piccoli oggetti facilmente reperibili fra i giocattoli. Oggi per Natale, il mercato offre una infinità di idee regalo per soddisfare tutti i gusti. Negli anni 50 quando eravamo piccole, non esisteva tutto il ben di Dio che il sistema consumistico di oggi ci offre. I soli regali, che i più piccini chiedevano a Babbo per Natale, erano qualche dolce particolare, oppure qualche giocattolo e poteva capitare che in occasione delle feste, qualcosa si poteva trovare sotto l'albero. In famiglia per tutto il periodo si facevano diversi tipi di dolci particolari, che con maestria e ottime materie prime le massaie sapevano fare. Durante il periodo delle feste era usanza paesana, che gli allevatori e i pastori portassero in regalo, ricotte, mozzarelle, scamorze, caciocavalli ai vicini proprietari di terreni dove veniva concesso loro di portare a pascolare gli armenti.

A queste prelibatezze casearie ricevute in regalo, si aggiungevano quelle fatte dalla mamma in casa, ricordo: la jelatina, la buonissima pizza con le jete, i taralli, le zerpole, gli struffoli, il castagnaccio, e altri dolcetti a base di castagne. Anche oggi dopo tanti anni, mi piace fare alcune di quelle ricette, in occasioni di feste, particolari, compleanni, cerimonie ecc. Passata la mattinata di Natale, verso mezzogiorno iniziavano i preparativi della tavola per il grande pranzo, uscivano dai cassetti, tovaglie, tovaglioli, posate, bicchieri, piatti fondi e piani e altri accessori, tenuti accuratamente conservati per le grandi occasioni che riempivano il tavolo della cucina.

Le pietanze erano state preparate con grande cura e attenzione dalla mamma, con l'aiuto delle mie sorelle più grandi, però prima di cominciare a mangiare, quando tutti erano già seduti a tavola, noi più piccole dovevamo leggere la letterina di Natale preparata negli ultimi giorni di scuola prima delle vacanze, tutti gli anni, si trattava di scrivere gli auguri ai nostri genitori, alcune belle parole, di riconoscimento e ringraziamento verso di loro e le solite promesse di essere buone e di comportarsi bene da quel giorno in poi e per sempre. Il pranzo di Natale, di solito durava più tempo dei soliti pasti giornalieri, perché le portate erano più numerose e abbondanti.
Si mangiava pasta all'uovo fatta in casa, le famose stese, oppure ravioli con ricotta e poi ogni tipo di carne cotta in diversi modi, accompagnate da insalate varie, niente pesce, che avevamo mangiato nei giorni delle vigilie precedenti.

Il vino era quello che faceva papà, probabilmente molto meglio dell'attuale aglianico prodotto e imbottigliato da grandi aziende vitivinicole. Poi si passava alla frutta, principalmente castagne infornate, molto buone e gustose, noci, fichi secchi, mele, pere, uva, tutta questa frutta veniva raccolta a suo tempo dalle piante nelle terre di famiglia. Infine i dolci solamente quelli fatti in casa, descritti in precedenza.

Durante il pomeriggio, andavamo ad alcune funzioni nelle varie chiese, in quella occasione non poteva mancare la visata ai tanti presepi parrocchiali, e anche in questo caso, si poteva parlare di una semplice competizione fra congreghe e chiese a chi aveva fatto il presepe più bello. Faceva presto buio e allora si rientrava a casa a riscaldarsi vicino alla stufa a legna, una novità per quei tempi, comprata da papà dal suo rientro lavorativo negli Stati Uniti. Con giochi, racconti di favole e vecchie storielle si concludeva la giornata di Natale. Nei giorni successivi, si preparava qualcosa per festeggiare la fine dell'anno e il capodanno. Alla fine dell'anno, gli auguri, come per Natale, erano obbligatori e dovevamo farli a chiunque si incontrava per strada.
Una tradizione alimentare della vigilia, era quella di mangiare il baccalà cucinato a piacere in vari e diversi modi. In casa mia non esisteva l'attuale cenone di fine anno. L'evento più bello e divertente per noi bambine era quello di andare, per l'arrivo dell'anno nuovo, a vedere in piazza i grandi fuochi artificiali. Il capodanno, più o meno, si festeggiava come il Natale, e dopo tanti festeggiamenti passata anche l'Epifania si tornava alla solita vita, agli impegni promessi, alla scuola e quando richiesto, anche ad aiutare nei lavori di casa i nostri genitori.
Dai miei ricordi (anni 40-50)
Carmela (Lina) Marano
Per le Feste Natalizie 2024-2025

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