Di Roberta Bruno su Lunedì, 07 Ottobre 2019
Categoria: Vario

“Ho scelto di partire per crescere” - di Roberta Bruno - dal Quotidiano del sud

Per Mauro l’esperienza in Romania, poi il lavoro come ingegnere a Modena - Mauro Granese, nato nel 1992, è un ingegnere informatico di origine montellese.

Curioso, sensibile e sempre alla ricerca di nuove conoscenze, Mauro si è allontanato da Montella per seguire i suoi studi e i suoi interessi.
«Forse il mio caso è anomalo» racconta Mauro «mi sono laureato di martedì, e il giovedì mattina era già a lavoro. Incravattato e impomatato, seduto presso l’ufficio consulenza di NetCom group a Napoli.
In due giorni la sua vita è cambiata di tanto, da studente a lavoratore. Ma ancora non poteva immaginare che nelle settimane successive sarebbe cambiata ancora di più.
«Dopo quindici giorni di lavoro come consulente, l’azienda ha proposto, a me e un altro ragazzo laureatosi con me, di andare in Romania come HMI (Human-Machine Interface) pre-integrator per la compagnia di ricerca avanzata Magneti Marelli».

Si spostano le aziende e, dietro queste, si spostano anche gli ingegneri. Per nove mesi, tra neve, freddo, ma tanto calore umano, Mauro ha fatto esperienza in una delle più importanti multinazionali italiane specializzata nella fornitura di prodotti e sistemi ad alta tecnologia per l'industria automobilistica, con sede in Transilvania.
«Il nostro ruolo nella società in Romania era, nello specifico, “HMI pre-integrator”, ossia integratori software per HMI. Fornivamo, inoltre, supporto, in quanto figure professionali complete, agli sviluppatori assunti e ancora non laureati».
Nonostante l’inverno rigido e le difficoltà relative alla lingua, Mauro ha trovato un ambiente giovane e accogliente, che, persino ora che è tornato in Italia e lavora in CNH industrial a Modena, ricorda con nostalgia: «In Romania l’ambiente lavorativo era molto giovane e leggero. Di italiani eravamo in 4 o 5, e si creava un rapporto stretto e molto particolare che, invece, qui a Modena è più blando e limitato. Quello che mi ha colpito in maniera particolare, una volta giunto qui in Emilia, è stato trovare tra i colleghi tanti ragazzi del Sud, ma nessuno o pochissimi della regione emiliana o del Nord-Italia. Rispetto a questa “stranezza” mi sono risposto che l’andare in via è in generale qualcosa di comune e generale; da Sud al Nord, dal Nord al Nord più profondo e all’estero, tutti si spostano o cercano qualcosa di altro o qualcosa di nuovo, soprattutto negli ultimi tempi».

Mauro, dal tono tranquillo e sicuro, mi spiega il suo condivisibile punto di vista sul fenomeno dell’emigrazione, fenomeno complesso e ricco di sfumature, tiene a specificare, ma per certi versi naturale.
«Ho avuto richieste di lavoro anche al Sud, ma dopo aver studiato tanto ho creduto non valesse la pena rimanere fisso ancora nello stesso posto. Quello che più mi interessa ora è fare esperienza il più possibile. Voglio vedere e conoscere nuove realtà, ambienti differenti rispetto a quelli in cui mi sono formato. Voglio crescere professionalmente, sperimentare e apprendere nuovi modi di lavorare e punti di vista differenti. Credo che lo stare a contatto con “la diversità” sia l’unico modo per predisporsi sul serio alla conoscenza. Quando lavoro, gomito a gomito, con persone che provengono da tutto il mondo, mi rendo conto del grande limite imposto dal rimanere chiuso ostinatamente nella propria realtà, senza sforzarsi mai a capire la prospettiva dell’altro».
«Il sistema economico di tipo capitalistico» continua a spiegare Mauro «e la conseguente globalizzazione hanno portato allo scambio di capitale umano, la cultura di massa spinge chiunque a spostarsi, oggi non si può più pensare di poter controllare questo flusso o, peggio ancora, limitarlo».
La strumentalizzazione e la semplificazione politica e culturale, di questo fenomeno molto vasto e complesso sono, secondo Mauro, i peggiori compagni per leggere la realtà, tramite i quali nella cultura popolare si addita facilmente “l’estraneo”. Il tono di Mauro si fa più domestico e familiare quando i commenti sull’emigrazione raggiungono anche il suo paese d’origine, Montella. Eppure, non manca qualche nota di dispiacere e sconforto:
«Quando torno al mio paese mi capita di non sapere con chi stare, perché tutti quelli che conoscono sono andati via!» ride, ma poi aggiunge più serio:

«Come dicevo, sono convinto che lasciare il proprio luogo di origine per spostarsi sia un qualcosa di naturale, quello che mi fa rabbia, o peggio tristezza, è stare ad ascoltare le storie di amici che sono stati costretti a partire da una necessità impellente. Quella di andare via, per me, è stata una scelta, ma io non riesco a pensarmi “fortunato” solo per questo! Guardando alla mia terra, e con ottimismo, dico che per i prossimi dieci anni sarà così, se non peggio.

Non solo per i mancati investimenti o la inesistente svolta nel turismo, ma perché sono convinto che per questa “svolta” bisogna essere pronti. Bisogna che ci sia formazione, educazione, mentalità differente e aperta per volere, prima ancora di affrontare, un vero cambiamento. Ci vogliono generazioni e generazioni per cambiare il modo di pensare e di guardare alle cose, generazioni!»
«È giusto che chi scelga di partire abbia la libertà di muoversi. Contrariamente è snervante capire che questa scelta per tanti non esiste, e quando lo dico non penso solo all’Irpinia. Questo malessere mondiale ti fa capire quanto la società abbia fallito.
C’è poco da essere felici in un momento storico come questo» conclude Mauro «l’unico pensiero di speranza, in questo momento così buio e infelice, è che la coscienza di massa inizi a cambiare, e forse sta evolvendo. Se è come credo, la possibilità che nel tempo le cose comincino a cambiare è allora possibile».

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