Una telefonata nella tarda serata di domenica. Una telefonata di quelle che mai vorresti ricevere o fare. Così mi è stata annunciata la dipartita da questa terra dell’amico Felice. Da amico avevo da tempo raccolto le sue confidenze e le sue preoccupazioni sul suo stato di salute. Con parche e semplici parole capivo che giorno dopo giorno quella malattia inesorabile toglieva, contro la sua volontà e oltre le sue forze, linfa alla sua voglia di vivere, alla sua speranza di potere con la sua vita contribuire a realizzare qualcosa di tangibile e al contempo di crescita per la nostra Comunità.
Quanta tristezza perdere un amico che la nostra Comunità in maniera diversa ha conosciuto, rispettato e amato.
Chi era Felice?
Felice era un architetto libero professionista che aveva partecipato con entusiasmo alla ricostruzione post terremoto degli anni ‘80. Un professionista serio, responsabile ma al contempo sognatore innamorato e appassionato. Mai sedotto o ammaliato dalle tentazioni opportunistiche ed economiche del momento, ma sostenitore convinto e fedele della rinascita del nostro paese attraverso la valorizzazione e il recupero della memoria storica del patrimonio immobiliare.
Nonostante lo scenario di distruzione sembrasse suggerire univoche e sommarie soluzioni dettate dallo spirito per cui “bisognava demolire per ricostruire”, Felice era convinto sostenitore dell’importanza di ristrutturare, perché ogni edificio, ogni opera architettonica poteva ancora raccontare l’identità, la forza e la storia della nostra Montella.
Nel 1980 il servizio militare come Ufficiale di Complemento, lo vide in prima linea a Sant’Angelo dei Lombardi epicentro del sisma.
Da tempo avevamo instaurato rapporti di collaborazione professionale. Da ultimo alcuni lavori di rifacimento della Chiesa di San Nicola nel rione Garzano. Non nascondeva minimamente la voglia di fare in maniera instancabile per raggiungere l’obiettivo di realizzare un ottimo lavoro.
Allo stesso modo per la ristrutturazione dell’Oratorio della Confraternita del SS. Sacramento e Cinque Piaghe di Nostro Signore, impegno complesso cui si è dedicato in maniera forte, concreta e professionale nonostante le minacce, ormai incontenibili, della malattia.
Nell’ultima telefonata che abbiamo condiviso, il suo pensiero non era al viaggio di speranza che stava compiendo, ma a questo lavoro che tanto lo coinvolgeva, mi chiese se il tutto andasse bene e se ci fossero dei problemi per l’inizio dei lavori.
Felice decano della politica, per diversi anni consigliere Comunale del Comune di Montella, uomo impegnato di partito, sempre presente e fedele, disponibile a dedicare tempo e risorse materiali a sostegno del suo partito.
Uomo concreto della sinistra italiana contrario all’abbattimento di muri soprattutto quelli in pietra e alla realizzazione di opere faraoniche che stravolgevano le nostre tradizioni.
Paladino della nostra cultura locale, quando si parlava delle nostre montagne, dei nostri rioni, della nostra storia locale il suo sguardo si illuminava, ma al contempo una vena malinconica lo attraversava, come se non riuscisse a far comprendere a tutti la sua passione e soprattutto a fare in modo che tanti condividessero i suoi sentimenti.
Contrario a chi parlava di separazione sia pure virtuale dell’Italia, sempre favorevole alla politica dell’accoglienza. Apertura mentale senza egoismi di potere dove il mondo è di tutti e non di pochi e tutti indistintamente hanno diritto a vivere in maniera libera e dignitosa.
Negli ultimi anni, pur conservando il suo spirito di uomo di sinistra, era rammaricato per l’attuale situazione politica italiana. Il suo motto era quello di essere umili e disponibili verso il prossimo.
Nei nostri incontri di lavoro si discuteva animati sempre da stima reciproca, il suo era un ascoltare e replicare sempre in maniera pacata e rispettosa; la forza, che veniva dalla convinzione e dall’attaccamento ai suoi ideali era contagiosa ed avvolgente. Finiva per convincerti per la sincerità e la fedeltà del suo essere.
Lo spirito simpatico giovane veniva sempre fuori, spesso mi salutava chiedendo in maniera sincera e rispettosa della vita privata. Ogni nostro incontro, anche di quelli più seri e difficili, si concludeva con un sorriso.
Quando ti lascia un amico senti di perdere parte di te stesso.
Ma allo stesso tempo parte della vita di ognuno di noi viene chiusa in uno scrigno.
In questo scrigno, Felice amico mio sincero, conserverò le nostre chiacchierate, i nostri confronti, i nostri ricordi che sono sicuro manterranno viva quella “memoria storica” che per te era tanto vitale.
Vincenzo Di Benedetto ’69