Primo di cinque figli nasce a Montella, in provincia di Avellino, il 27 giugno 1909, da una famiglia del ceto medio.Giovanissimo, si trasferisce con i genitori a Salerno, ove compie gli studi frequentando il ginnasio: più tardi, a partire dalla seconda metà degli anni Venti, lo troviamo al banco di zi' Domenico a Vietri sul Mare dedito alla pittura nei laboratori di ceramica. Qualche anno dopo è alle dipendenze della fabbrica Avallone. La sua vocazione iniziale è la pittura, con un esercizio attento alla cultura artistica italiana, con chiari riferimenti agli artisti che espongono nelle Triennali, dapprima a Monza, fino al 1930, anno in cui un suo lavoro è presentato dalla ditta Avallone, poi a Milano nel 1933. Dalla bottega dell'Avallone passa alle dipendenze di Max Melamerson nell'Industria Ceramica Salernitana, dopo che Riccardo Doelker aveva lasciato Vietri: nel 1935 partecipa alla selezione provinciale dei Prelittoriali della Cultura organizzati a Salerno e poi alla mostra regionale tenutasi a Napoli nel 1936, ove espone Il Duce ha chiamato, una tela del 1935. Nel 1937, si reca, con Vincenzo e Salvatore Procida e Francesco Solimene, a Firenze presso la ditta Cantagalli che in quegli anni stringe rapporti di lavoro con Melamerson. Nel 1940 ritorna a Vietri sul Mare, ove è alle dipendenze della “MACS”; nel 1940 partecipa alla VII Triennale di Milano, mentre nel 1942 è al IV Concorso Nazionale della Ceramica di Faenza.
Del secondo dopoguerra, fra il 1944 e il 1945, è l'apertura della sua celebre bottega “La Faenzarella - Gambone e compagni”, alla quale collaborano Andrea d'Arienzo e Vincenzo Procida. Nel 1947 una sua opera è segnalata al Premio Faenza, mentre nel 1948 vince il primo premio al Concorso Nazionale della Ceramica della stessa città con La Faenzerella, una scultura in maiolica. Sulla stessa traccia si pongono il Cavaliere, una maiolica, ove sono presenti riferimenti al Picasso mediterraneo, che l’artista vietrese ha la possibilità di vedere dal vero nella visita alla Biennale veneziana del 1948.
I dipinti di questo periodo respirano l’aria di quei venti che sobillano le esperienze artistiche italiane all’indomani della guerra: v’è la scoperta del colore di Van Gogh, della luce di Matisse, della costruzione dello spazio cézanniano, tutto ciò, però, sottoposto ad un severo registro formale. Tra i dipinti della fine degli anni Quaranta si ritrovano i numerosi paesaggi della costiera, le donne negli interni o sulle spiagge assolate: nel 1950 tiene una mostra personale alla Galleria Sant’Orsola di Napoli, e con la Figura femminile (nota come Nudo sul dorso), del 1949-50, e con la piastra in maiolica raffigurante il Ratto d'Europa espone alla Biennale di Venezia del 1950, nella sala con Melotti e Minguzzi. Nel 1950 è la presenza alla rassegna “Italy at Work. Her renaissance in design today”, curata dalla C.N.A., tenutasi a Chicago e circolante in altre sedi degli i Stati Uniti. Nello stesso anno si trasferisce definitivamente a Firenze: qui ha modo di frequentare l’ambiente artistico e letterario, dal pittore Rosai all'architetto Michelucci, al poeta Mario Luzi, allo scrittore Lombardo Radice, ai giovani artisti che, in quell’anno, danno vita al gruppo dell’Astrattismo Classico. Al primo periodo fiorentino vanno restituite alcune opere tra questa la scultura Leda e il cigno, esposta, insieme ad altre opere, nella personale del 1951 alla Galleria Il Milione di Milano.
Qui conosce Atanasio Soldati, frequenta Lucio Fontana e alcuni artisti provenienti dalle file del Fronte Nuovo delle Arti, quali Afro, Birolli, Cassinari. Dalla metà del decennio Gambone inizia a sperimentare il grès, un materiale che segnerà profondamente il suo linguaggio, come testimoniano le bottiglie del 1956, Vaso zoomorfo del 1959, Scultura dello stesso anno e Scultura bianca, oggi nella collezione Jach Yager di New York. Più tardi, dal 1956, sperimenta il monotipo, interesse che l’accompagnerà sino agli ultimi anni di vita.
Del 1951 è l'invito alla IX Triennale di Milano e del 1952 la partecipazione alla mostra “Art Decoratif Italien”, tenutasi presso la Galleria Orfèvriere Christofle di Parigi; nel 1954 espone alcune sculture in maiolica nella mostra “Forme nuove in Italia”, organizzata a Zurigo, nonché alla X Triennale milanese, mentre del 1955 è la presenza alla rassegna “Les chefs-d'œuvre de la Céramique Moderne”, tenutasi a Cannes. Nelle opere eseguite in grès nella prima metà degli anni Sessanta, l'artista attua una riduzione dell'impianto compositivo, che mira ad una forma pura, e primaria, come testimoniano i lavori realizzati già dal 1960, quali ad esempio Grande totem; nel 1962 partecipa alla “Zeitgenossiche Keramik aus Italien”, allestita ad Amburgo, e all’Esposizione Internazionale della Ceramica tenutasi a Praga. Nel 1964 espone nella Mostra Internazionale delle Ceramiche a Tokio; nel 1967 è ancora ad Amsterdam, nella rassegna “Nieuwe Italianse Vormgevig”, mostra curata dalla Triennale di Milano, e all'Esposizione Universale di Montreal. Agli ultimi anni di vita appartengono piccole sculture realizzate in porcellana e, tra queste, Cubo stanco: la composizione, rispetto ai lavori della metà del decennio, sembra essersi irrigidita, resa magica ed arcaica dal colore ruggine. Nel 1967 la Triennale di Milano gli dedica una mostra personale, mentre del 1968 è l’invito alla mostra “7 Ceramisti”, tenutasi alla Loggia Rucellai a Firenze, e alla Manifestazione del Prodotto Italiano, organizzata ad Essen. Muore a Firenze il 20 settembre del 1969.